Nessun segno evidente di percosse, ma il corpo in avanzato stato di decomposizione non ha consentito un'analisi completa.

Bisognerà attendere i risultati degli esami istologici per capire come è morto Stefano Dal Corso, il detenuto romano di 42 anni trovato senza vita il 12 ottobre 2022 in una cella del carcere di Massama. 

Alla versione del suicidio la sorella Marisa, assistita dall'avvocata Armida Decina, non ha mai creduto. I magistrati sardi hanno così riaperto l'inchiesta, l'ipotesi di reato è ora quella di omicidio a carico di ignoti. Oggi all'ospedale Gemelli di Roma il medico legale Roberto Demontis ha eseguito l'autopsia richiesta dalla Procura di Oristano e negata per sette volte all'avvocata Decina e alla famiglia. La salma non era in condizioni ottimali, per questo l'autopsia non può ancora sciogliere i dubbi sul decesso.

Sono stati eseguiti i prelievi sulla cute per effettuare l'esame istologico. I risultati si avranno tra 90 giorni e solo allora si conosceranno le cause della morte. Tra due mesi, invece, arriveranno le relazioni dei consulenti nominati dalla famiglia: il medico legale Claudio Buccelli, l'ematologa forense Gelsomina Mansueto e l'esperto tossicologico Ciro Di Nuzio che oggi hanno partecipato agli accertamenti necroscopici. Prima dell'autopsia, è stata eseguita anche una tac.

Il caso era stato riaperto a settembre grazie alle rivelazioni della moglie di un detenuto raccolte dalla sorella della vittima. Nelle ultime settimane c’è stata una nuova rivelazione di un supertestimone, un agente penitenziario secondo il quale Stefano è stato ucciso perché aveva sorpreso accidentalmente due agenti durante un rapporto sessuale. Il detenuto sarebbe poi stato portato in una cella e ucciso a manganellate, quindi colpito con una spranga per provocare la rottura dell'osso del collo e simulare il suicidio per impiccagione.

(Unioneonline/D)

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