In Sardegna è stata debellata dopo decenni di blocco, nella Penisola si registra il primo caso di peste suina africana su un maiale domestico. E con un capovolgimento netto dei rapporti, ora sono gli allevatori sardi a chiedere controlli sulle carni in ingresso, per evitare il contagio.  

Il tanto temuto salto della Psa dai cinghiali ai suini domestici oltre il Tirreno  è stato registrato in un allevamento di Montebello della Battaglia, in provincia di Pavia. L’ufficialità del primo caso del terribile virus è stata data oggi dopo tutti i controlli sanitari assicurati dalle autorità competenti della Regione Lombardia. Da una iniziale ricostruzione dei fatti pare che la PSA non sia arrivata nell’allevamento attraverso un contatto diretto tra cinghiali selvatici e suini domestici, poiché sarebbero state rispettate le misure di biosicurezza. Non si esclude quindi che la malattia sia giunta attraverso automezzi aziendali o alimenti per gli animali.

«Alla luce delle pessime notizie che giungono dal nord Italia, chiediamo alla Regione e a tutte le sue strutture competenti in ambito di sanità animale e agricoltura di avviare le dovute interlocuzioni con il governo nazionale affinché siano intensificate le attività di controllo sulle carni e soprattutto sui suini vivi in arrivo nei nostri porti»: l’appello è del presidente di Confagricoltura Sardegna, Paolo Mele, che ha aggiunto: «In questa condizione non possiamo permetterci l’immobilismo. Dobbiamo intervenire subito per mettere in sicurezza i nostri allevamenti e i circa 180mila capi presenti nelle aziende sarde. Abbiamo combattuto per oltre 40 anni per eradicare il genotipo 1 della PSA e ora rischiamo di essere invasi dal genotipo 2, presente sulla Penisola e in buona parte dell’Europa centro orientale e dell’Asia, con livelli di virulenza e di capacità di contagio elevatissimi, ben più devastanti del virus che ha conosciuto la Sardegna dal 1978 al 2019». 

(Unioneonline/E.Fr.)

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