La Procura indaghi per omicidio volontario.

Con una lunga e argomentata ordinanza letta in aula, questa mattina il giudice del Tribunale di Nuoro Alessandra Ponti ha inviato gli atti del processo per la morte di Antonello Mereu, avvenuta in una cava di marmo di Orosei il 13 marzo del 2014 in quello che si pensava essere un incidente sul lavoro.

Il ragazzo venne trovato riverso a terra con una pozza di sangue e un foro sulla nuca. Portato in ospedale agonizzante, spirò 24 ore dopo. Per nove anni nelle aule del tribunale si è parlato di una mancata osservanza delle norme di sicurezza sul lavoro, con la tesi che a colpire l’operaio fu una verga che si agganciò accidentalmente ad un filo diamantato che tagliava un blocco in marmo.

A giudizio per omicidio colposo erano finiti Giovanni Mele, titolare della società per cui lavorava la vittima, e due dipendenti, Sergio Floris e Ignazio Masala, difesi dagli avvocati Basilio Brodu, Gianfranco Mattana, Fabio Serra, Pasqualino Moi e Giovanni Colli. La morte di Mereu in dibattimento però ha aperto un giallo: a dieci anni dalla morte, la perizia del Tribunale parla di omicidio.

Oggi dopo la discussione delle parti, dove la famiglia parte civile attraverso i legali Pietro Salis e Monica Macciotta ha ribadito di non credere all’omicidio. Ma l’ordinanza dequalifica l’evento come un fatto completamente diverso. Il giudice lasciando aperta ogni strada ha disposto la trasmissione degli atti alla Procura perché indaghi per omicidio volontario.

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