C’è un filo profondo che unisce le tradizioni di un paese al suo modo di difendere la propria dignità. A Orani, quel filo passa anche per i cavalli, per i gesti antichi e per il legame sincero di una comunità che oggi si ritrova compatta attorno ai suoi ragazzi. Il paese, finito sotto i riflettori proprio per una presunta gara clandestina di cavalli, dopo ore di silenzio, ha scelto di parlare, difendendo appunto i suoi giovani e il senso profondo di un gesto che, nelle intenzioni, appartiene più alla cultura che all’illegalità.

Otto giovani oranesi sono stati identificati e denunciati dai carabinieri per aver organizzato e partecipato, lo scorso 13 ottobre, a una corsa a cavallo non autorizzata tra le vie del paese, poco prima dei festeggiamenti in onore di San Daniele. Una notizia che ha fatto rapidamente il giro dei social e dei media, accendendo un riflettore improvviso sul centro barbaricino.

Il Comune così rompe il silenzio con un lungo post pubblicato sulla pagina Facebook ufficiale. Il tono è fermo, ma intriso di amarezza e pone l’accento sull’identità del paese e dell’entroterra sardo.

L’amministrazione chiarisce subito che non si è trattato di “corse clandestine”, bensì di vardias, «che non sono gare d’azzardo, ma espressioni di abilità, coraggio e senso di appartenenza, tramandate da generazioni e celebrate in molte feste tradizionali dell’Isola. Così come si tramanda l'amore e il rispetto per i propri cavalli che non sono ‘mezzi’ ma compagni di vita, curati con dedizione e affetto e parte integrante della nostra identità».

Poi, un passaggio sulla ferita che ha lasciato questa attenzione su un episodio considerato “non grave”: «Siamo sinceramente sorpresi e amareggiati nel vedere oggi il nome di Orani alla ribalta nazionale, non per un premio letterario, non per una mostra internazionale, non per una nuova eccellenza artigiana, ma per un episodio che, con tutto il rispetto, ci pare di modesto rilievo rispetto alla storia e all’identità culturale del nostro paese».

Ed è proprio su quella storia che il Comune torna con orgoglio. «Orani è il paese di Costantino Nivola, di Salvatore Niffoi (Premio Campiello), di Marianna Bussalai e Piero Borrotzu. È il paese che ogni anno apre con orgoglio le proprie corti, che celebra con passione il carnevale tradizionale, che si fa conoscere per le sue abilità artigianali, le manifestazioni equestri e le tradizioni che custodisce con cura e rispetto».

Un elenco che diventa dichiarazione d’amore per il territorio e per la sua gente. «Perché – si legge ancora – il paese è abituato a fare notizia per quello che ci rende unici e non comuni. E se, nell’organizzazione di un evento, qualcosa non ha funzionato come doveva, ce ne faremo carico con responsabilità e trasparenza».

Ma è nella parte finale del messaggio che arriva la difesa fiera dei propri ragazzi e dello stesso paese: «L’immagine che oggi si vuole dare di noi e dei nostri ragazzi: nulla di così grave è accaduto da non poter essere corretto e nulla giustifica una narrazione che ci dipinge in modo distorto. Orani continuerà a essere ciò che è sempre stato: un paese che sa fare cultura, sa fare comunità e sa fare autocritica. Ma, soprattutto, un paese che sa farsi rispettare».

E in chiusura il Comune afferma: «Se abbiamo sbagliato qualcosa, siamo pronti a ragionare su come agire nel rispetto delle regole, perché la cultura è anche questo: avere sempre voglia di migliorarsi».

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