La vittima è Dina, sia chiaro. Eppure il difensore Angelo Manconi, nell'aula della Corte d'Appello di Sassari, ha cercato di far apparire Francesco Rocca quantomeno come un capro espiatorio.

A sentire l'avvocato, la condanna all'ergastolo inflitta al dentista di Gavoi come mandante dell'omicidio della moglie, il 26 marzo del 2008, sarebbe frutto di un processo sbagliato, monco.

Perché quello di Dina Dore «non è stato un omicidio premeditato», ma il frutto di una reazione scomposta, epilogo tragico di un'aggressione compiuta da criminali inesperti e maldestri.

In mancanza di un piano, dunque, non potrebbe esistere la figura del mandante, Francesco Rocca, e neppure quella dell'esecutore, Pierpaolo Contu, il ragazzo di Gavoi già condannato in tutti i gradi di giudizio a una pena di 16 anni di carcere.

Il processo riprenderà lunedì mattina.
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