Ha ridotto al minimo le lavorazioni del terreno, con l'obiettivo di limitare i costi di coltivazione del grano, e garantirsi una rendita: anche di fronte al prezzo da fame del cereale di quest'anno: 21 euro al quintale.

È la ricetta di un coltivatore di Sanluri che combatte la crisi del prezzo del grano in caduta libera.

"Con il prezzo del grano a 21 euro al quintale, da fame, andiamo in rosso e non rientriamo nemmeno nei costi di produzione", è il grido d’allarme generalizzato.

Un lamento che sembra non toccare Marco Lobina, 59 anni, ex presidente del Cosacer (Consorzio Sardo Cereali), che da anni ha sposato la strategia del grano low-cost.

Dai suoi terreni l’agricoltore ha bandito aratri e frese, e la semina avviene con una lavorazione minima. "Effettuo un passaggio con il frangizolle, preferibilmente dopo una bella pioggia", spiega Marco Lobina, da due giorni impegnato nella mietitura dei suoi campi di grano.

Il sistema di "minima lavorazione" l’ha sperimentato con successo da anni. Per la preparazione del letto per la semina del grano usa solo un erpice a molle. Anche la semina, per lui, ha un taglio diverso: senza seminatrice.

"Spargo il seme con lo spandiconcime e poi ci vado sopra col rullo: riduco il tempo e le spese dedicate alla semina", argomenta Lobina, sperimentatore coraggioso e pragmatico. "Meno esci in campagna con i mezzi e meno spendi" è la sua filosofia, e pratica, per ridurre i costi che ripagano quando è il momento di fare i conti fra spese e ricavi.
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