Gli occhi sono puntati sui centri di permanenza per il rimpatrio che il governo vuole realizzare nelle regioni dove ancora non ci sono: in Sardegna è già attivo quello di Macomer, destinato ad ospitare sempre più migranti. 

Intanto a Villanovaforru, lontano dai riflettori e sotto silenzio – se non fosse per il sindaco Maurizio Onnis –  vanno avanti le operazioni per la realizzazione di una tendopoli che dovrà ospitare stranieri che saranno trasferiti dall’hotspot di Lampedusa e da altri centri d’accoglienza che si saturano un giorno sì e l’altro pure. 

Sono azioni che si sviluppano su vari binari quelle attuate dal governo per cercare di far fronte alla potente ondata migratoria che si sta abbattendo – di nuovo – sulle coste italiane.

Lampedusa prende in prima battuta, va sotto pressione, e viene “liberata” con i trasferimenti.  Le altre regioni devono fare la loro parte e mettere a disposizione spazi. Il governo Meloni ha puntato tutto sui centri dove i migranti considerati irregolari potranno essere trattenuti fino a 18 mesi per poi essere espulsi. 

Ma c’è anche una realtà parallela. Come quella che sta prendendo forma nel paese di 600 anime del Medio Campidano: Villanovaforru convive pacificamente da anni con un centro di accoglienza. Nelle scorse settimane la Prefettura ha comunicato al sindaco che i numeri sarebbero aumentati a breve.

E l’annuncio si sta concretizzando: «Nel fine settimana una ruspa ha livellato il piazzale del centro d’accoglienza straordinaria di Villanovaforru», fa sapere Onnis, «in Prefettura hanno confermato che la ruspa l’hanno mandata loro, che arriveranno nuovi migranti e che li metteranno in tenda». Oggi, aggiunge il primo cittadino, «ho sentito con le mie orecchie la Meloni dire: «Non permetterò che l’Italia diventi il campo profughi dell’Europa». Perché allora Villanovaforru diventa il campo profughi dell’Italia?», è la domanda di un sindaco che ha sempre contrastato ogni manifestazione razzista e ha lavorato per l’accoglienza. Ma ora vede lo Stato come “non amico”, nel minimo.  E non è la prima volta.

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