Non è un caso che l’abbiano sempre considerata una magnifica “terra di conquista”. C’era da fare legna e la Sardegna era sempre lì, a disposizione. Una volta dei Savoia, un’altra dei francesi o degli inglesi. C’era da estrarre galena in fondo ai pozzi, da Ingurtosu a Montevecchio, da Monteponi a Campo Pisano, le viscere della terra più antica erano sempre lì, a disposizione. Anche in quel caso crocevia minerario incontrastato per inglesi, belgi, francesi e piemontesi. C’era da far esplodere missili micidiali, sperimentare bombe al fosforo o all’uranio: la Sardegna sempre lì, a disposizione. Non c’è esercito straniero che non ne abbia devastato coste ed entroterra, inquinato mortalmente l’ambiente e attentato la salute dei sardi. Terra di conquista, appunto. Scorrono i secoli, i tempi sono andati, ma le ferite restano indelebili, a volte ancora profonde, altre trasformate in cicatrici perenni.

Spesso ritornano

La storia, in questa terra dispersa in mezzo al mare, senza trasporti degni di un diritto universale, è ciclica: della serie “spesso ritornano”. Questa volta, però, anziché far legna e piombo, puntano a far vento e soldi, sole e incentivi, quelli di Stato, ovviamente prelevati direttamente dalle tasche dei cittadini attraverso le sempre più esorbitanti bollette elettriche. Società il più delle volte “coperte” o di “copertura”, mai esplicite, occultate in mille rivoli societari, trust secretati in paradisi fiscali, prestanome con il diritto di “pegno” scandito nella postilla invisibile della visura camerale.

Venuti da lontano

C’è di tutto e di più, ma un dato è consolidato: la stragrande maggioranza degli usurpatori del vento e del sole di Sardegna sono stranieri, un mappamondo di interessi sparsi da un capo all’altro dello spazio “terracqueo”, come se l’Isola fosse diventata la meta preferita dei “vacanzieri” degli incentivi, delle pale eoliche e dei pannelli formato “grigliata”, quelli destinati a surriscaldare terre agricole, alveari e vita animale. Sono loro, speculatori senza confini, con la complicità dei Palazzi di Roma e di qualche “scantinato” della politica sarda, ad aver messo la Sardegna “sotto attacco”. Attacco straniero, quello più vorace e spregiudicato, degno di una vera e propria invasione pianificata nei piani alti e calata come una mannaia da nord a sud dell’Isola, passando per terra e per mare.

Minimo & massimo

Il tema cruciale in questa disfida devastatrice al “Paesaggio sardo” è racchiuso in un parametro decisivo: il quantitativo di energia eolica o solare che si vorrebbe produrre in Sardegna. I dati oggetto di contesa sono fondamentalmente due. Il primo: 6.200 megawatt, è il tetto minimo imposto nel Decreto sulle aree idonee. Il secondo: è quello riportato nel “cruscotto” digitale di Terna, il braccio elettrico dello Stato, che registra richieste di allaccio elettrico per ben 53.400 megawatt, tutte avanzate dalle multinazionali che hanno disseminato l’Isola di progetti eolici e fotovoltaici.

La contesa “truccata”

Due dati, 6.200 e 53.400 megawatt, che non dialogano, ma che non sono in contrasto, anzi. Nel Decreto delle aree idonee, quello vergato dal Ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin, avvallato e controfirmato dall’attuale Presidente della Regione sarda, si prevede, infatti, una soglia «minima» di produzione di energia rinnovabile fissata a 6,2 Gwatt, ovvero 6.200 megawatt, il triplo della potenza di cui avrebbe bisogno la Sardegna. Già di per sè una iattura per l’Isola, un’attribuzione totalmente sproporzionata rispetto a qualsiasi tipo di parametro oggettivo, un’imposizione «minima» costruita a tavolino con il solo fine di favorire lobby e speculatori.

Diversivo di Palazzo

L’imposizione «minima» contenuta nel Decreto, però, è il classico “diversivo” utilizzato dai Palazzi di Stato e regionali, proni al “piano di Roma”, per tentare di oscurare il dato vero, quello più significativo contenuto nei report di Terna, gli unici a registrare la vera ingordigia dei signori del vento e del sole. In molti, sempre tra coloro che sostengono a gran voce la speculazione energetica, si affrettano a censurare il dato di Terna, l’unico ufficiale e documentato, affermando che mai si realizzeranno quei 53.400 megawatt. Si tratta, ovviamente, di una tesi “negazionista” destituita di qualsivoglia fondamento, per due ragioni sostanziali: la prima, non esiste limite massimo imposto per legge; la seconda, i soggetti che hanno presentato richieste di allaccio sono colossi mondiali che non accetteranno mai la logica di un trattamento discrezionale, per il quale, senza motivo verificabile, a uno si concede e ad un altro si nega.

Si applica e si interpreta

È proprio questa totale discrezionalità nella valutazione di progetti e aree, compresa l’individuazione di presunte e fantomatiche aree «idonee» e «non idonee», a rendere tutto più aleatorio e discrezionale, l’esatto contrario di ciò che avrebbe dovuto prevedere una normativa così delicata. Una formulazione giuridica fondata sull’incertezza e sul pressappochismo, una di quelle tante norme che finiscono per appartenere all’antica “arte” della peggior politica: si applicano per il nemico, si interpretano per l’amico.

Chi c’è dietro?

Proprio per questo motivo la domanda cruciale è lecita e doverosa: chi si cela dietro il grande affare del vento e del sole in Sardegna? Prima di tutto i “padre-padrone” della finanza mondiale, quelli che trattano o dettano la linea ai Governi d’Europa e non solo, coloro che detengono le leve finanziarie più rilevanti, capaci di mettere in ginocchio Stati e leader mondiali. In Sardegna c’è di tutto e di più: una fusione ideale tra interessi miliardari e il basso cabotaggio, profittatori e basisti locali, elemosine e prebende, terreni venduti e dati in concessione, progettisti filo-partito o corrente, tutti pronti ad incassare affitti, parcelle fittizie o quasi, vendite e compromessi, solo per avallare, in cambio di denari, il sacco dell’Isola. Due, però, sono le macro categorie di pretendenti alla mega operazione speculativa sarda: le «multinazionali straniere» e quelle «petrolifere», comprese quelle italiane. La stragrande maggioranza dei progetti presentati nell’Isola, da nord a sud, da terra a mare, sono in mano a società straniere, di ogni genere, da quelle energetiche alle banche d’affari, da quelle americane a quelle cinesi, dalle spagnole alle ultime arrivate israeliane.

Mappa & bandiere

La mappa dell’Isola è un portabandiera plurimo, con vessilli stranieri conficcati ovunque. Una vera e propria corsa all’oro capace, per ingordigia e spregiudicatezza, di cancellare ogni ostacolo, fisico o burocratico. Uno scacchiere “energetico-militare” con le maggiori multinazionali straniere pronte a spartirsi le più straordinarie aree paesaggistiche dell’Isola, dai promontori esclusivi ai crinali intonsi delle zone interne. Un’operazione senza precedenti che punta a mettere le mani sulla Sardegna, devastandola sul piano paesaggistico, con l’obiettivo malcelato di fare incetta di incentivi, una valanga di miliardi di euro, tutti da prelevare dalle bollette dei cittadini, a partire da quelli sardi.

La mappa
La mappa
La mappa

Nipotini di Mao

La grande contesa per la conquista dell’Isola vede schierate prime tra tutte le due grandi superpotenze per eccellenza, la Cina e gli Stati Uniti d’America. Sono loro che non solo stanno presentando progetti ciclopici, ma in alcuni casi li stanno anche realizzando. La Cina è sicuramente lo Stato che più di tutti sta lucrando a piene mani. Sono tre i grandi filoni di guadagno dei nipotini di Mao tze Tung. Il primo: i pannelli fotovoltaici che stanno invadendo la Sardegna sono tutti o quasi “Made in China”. Provengono dalle produzioni in surplus, quelle in eccesso che la Repubblica Popolare Cinese, con tanto di sfruttamento dei lavoratori, non riesce più a smaltire diversamente. Arrivano con imponenti navi container al Porto Canale di Cagliari e, nel silenzio più totale, stanno conquistando migliaia di ettari in tutta l’Isola.

“Bombe” di litio

Il secondo filone: quello delle batterie, distese infinite di container carichi di litio. Se ne contano centinaia: a Portovesme, a Quartucciu, Ottana e Codrongianus. Si tratta di vere e proprie “bombe” al litio, insediamenti che non hanno mai avuto una vera valutazione d’impatto ambientale e di rischio “incidenti”. Il terzo filone è quello dell’intervento diretto nella compravendita di terreni, in questo caso della più grande società asiatica, direttamente collegata al Partito Comunista cinese. L’esempio più eclatante è quello della Nurra: i cinesi hanno già presentato un progetto di ben 1.000 ettari di impianti agrivoltaici da piazzare nei meravigliosi terreni agricoli del nord dell’Isola. Sarebbe il più grande impianto fotovoltaico mai progettato in Europa.

Yankee del vento

Dalle “stelle comuniste” alle “stelle e strisce” americane. La scalata principale è affidata alla più grande banca d’affari americana: la Jp Morgan. Sono loro, i finanzieri di Wall Street, che da tre anni hanno messo sotto attacco le pendici del Monte Arcosu con centinaia di ettari di pannelli fotovoltaici, anche quelli di produzione cinese, e infinite aree agricole nell’area di Ottana. Gli yankee di JP Morgan, però, puntano a conquistare anche il mare sardo con tre progetti devastanti: due nelle acque davanti a Nora, nel Golfo degli Angeli, e uno davanti alle coste di Olbia, Budoni e Siniscola. Nella mappa dell’Isola, però, un ruolo strategico lo stanno giocando anche gli spagnoli, sia a terra che in mare. Anche per loro un’invasione senza confini, con bandierine ovunque.

Top ten speculativa

Nella top ten della speculazione straniera in terra sarda, però, non mancano tedeschi, francesi, norvegesi e, ultimi arrivati, gli israeliani. La bandiera con la “stella di David” ha agito sotto traccia, da nord a sud dell’Isola. Nel silenzio più totale ha raso al suolo le pendici del Limbara, nella zona di Tempio, e ora si candida a piazzare una montagna di pale eoliche, 31 alte oltre 200 metri, sui monti intorno a Cagliari, tra Maracalagonis e Sinnai. Ruolo di primo piano anche per i francesi con progetti che vanno dall’idroelettrico sul Flumendosa sino alla Gallura e all’oristanese. Presenza invasiva anche di società tedesche e soprattutto norvegesi, con predilezione per il Sulcis e il Montiferru. Ora la domanda è lecita: queste multinazionali hanno presentato progetti in terra e mare per gioco? Quei 53.400 megawatt sono dietro l’angolo, le mani straniere sull’Isola incombono. Perdere altro tempo significa essere complici del grande sacco, quello della Sardegna.

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