Malato per colpa del talidomide:''Non mi risarciscono, aiutatemi''
La legge italiana prevede un risarcimento per le vittime del talidomide nate dal 1959 al 1965. Antonello Trogu è nato nel maggio del 1958 e rischia di non prendere nulla: ''Risarciranno solo mio fratello nato nel 1960, chi può mi aiuti''Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Troppo anziano per essere risarcito per le terribili malformazioni alle mani e ai piedi causategli dal talidomide. Una beffa per Antonello Trogu e per la sua famiglia. Per anni ha combattuto una battaglia per lui e per suo fratello: sono nati rispettivamente nel 1958 e nel 1960, sono entrambi focomelici a causa di un farmaco, il talidomide, che la madre assunse contro le nausee in gravidanza. Ora che Governo italiano ha dato il via libera agli indennizzi per questa patologia, Antonello ha scoperto che il suo caso rischia di non essere nemmeno preso in considerazione: è nato il 23 maggio del 1958 ma la legge prevede che vengano risarciti i soggetti affetti da sindrome da talidomide nati dal 1959 al 1965. «Mia madre assunse questo farmaco per tutto il tempo della gravidanza - racconta - ma per via di questo limite sarà risarcito soltanto mio fratello».
LA STORIA Sono passati 51 anni ma Antonello, con mille difficoltà, è riuscito a ricostruire ciò che accadde grazie ai racconti dei genitori e degli altri parenti. «Mia madre non si accorse subito di essere incinta - racconta - aveva raccontato al medico di avere forti dolori al ventre e nausee insopportabili, ma allora non c'erano gli strumenti di oggi per diagnosticare la gravidanza». Per quelle nausee che non passavano mai le diedero delle pillole: il talidomide. «Era un farmaco nuovo, arrivato da poco in Italia. Si dimostrò efficace: le nausee passarono ma nessuno avrebbe mai potuto immaginare a quale prezzo». I mesi passarono e mostrarono la causa di quei malori, ovvero la donna aspettava un bambino. «Nacqui a maggio del 1958 - racconta - le mani e i piedi non si erano sviluppati». Per la famiglia fu un trauma inspiegabile, una tragedia che si ripeté due anni dopo, alla nascita del secondo figlio: anche in quel caso, visto che ancora nessuno aveva associato quelle malformazioni al farmaco, la madre aveva assunto il talidomide per le nausee della gravidanza.
IL FARMACO «Allora nessuno seppe darsi una spiegazione - continua Antonello - nessuno collegò le malformazioni a quel maledetto farmaco. Solo nel 1961, dopo che in tutta Europa nacquero migliaia di bambini deformi, capirono che quelle nascite avevano come denominatore comune il talidomide». Il farmaco fu ritirato dal commercio nel 1962, «ma questo non cancellò il dramma della mia famiglia che si ritrovò a dover tirare su due bambini malformati senza nessun aiuto». La vita dei due fratelli a Carbonia non è stata semplice: «I miei genitori hanno cercato di non farci mancare mai nulla - racconta - ma non è mai stato facile. Da grandi ci hanno spiegato che la causa delle nostre deformazioni era il talidomide». Antonello si è diplomato alla Ragioneria ma non ha mai trovato un lavoro. Oggi ha una pensioncina di invalidità e periodicamente è stato costretto a effettuare tutti gli esami per dimostrare di essere un invalido, «come se le mani potessero crescere miracolosamente - commenta ironico - tuttavia ho sempre fatto tutte le visite richieste». Ha la passione per il canto (quest'estate ha anche vinto un premio alla manifestazione della “Corridina” che si è tenuta in città) e per la pittura: «Ho partecipato a decine di concorsi nazionali e internazionali - racconta fiero del suo titolo di “maestro d'arte” - nonostante le difficoltà evidenti ho imparato a usare i pennelli senza l'aiuto di nessuno. Sono fiero di essere un autodidatta, ma ora ho bisogno d'aiuto». Ne ha bisogno per riuscire a far valere il suo diritto a essere risarcito ora che anche in Italia c'è una legge che lo prevede e ora che il Tar del Lazio ha imposto di dare un'accelerata alle pratiche di risarcimento. «Quella legge però prevede di risarcire i nati deformi dal '59 al '65. Mia madre ha assunto quel farmaco nel '58 esattamente come quelle madri che partorirono nei primi mesi del '59. È assurdo che la legge mi tagli fuori. Ho mandato le richieste a Roma, non ho mai ricevuto risposta. Ho bisogno che qualcuno prenda a cuore il mio caso e mi faccia ottenere giustizia».
STEFANIA PIREDDA