La sfida del Popolo sardo per la difesa dell’Isola
Una legge per vietare la speculazione e rilanciare la potestà della Regione nel governo del territorioCi sarà la storia, quella carica di ribellione e coraggio che fu di Pratobello, ci sarà il futuro, quello di un popolo in marcia per difendere la sua terra e programmare il proprio sviluppo. Ci saranno i giovani e gli anziani, non ci saranno bandiere di partito, ma un solo vessillo, quello del Popolo Sardo. Inutile etichettare la giornata di oggi o le 210mila firme con i crismi o i canoni vetusti della politica, quella che divide e spartisce. In quegli “scrigni” di coscienze e firme che stamane attraverseranno la via Roma, nel cuore di Cagliari, per scalare il Palazzo del Consiglio regionale, non c’è più solo una proposta di legge di iniziativa popolare. Sarebbe riduttivo pensarlo, un errore madornale considerare quelle sottoscrizioni come un fatto burocratico.
Coscienza granitica
I tentativi di sminuire la portata di questa “ribellione” pacifica, maturata nell’agosto più caldo in ogni angolo dell’Isola, si infrangeranno nella risvegliata e granitica consapevolezza di un popolo che non ne vuole nemmeno sentire di vedere sventrato il paesaggio della propria terra o aggredito, a suon di pale eoliche o infinite graticole di silicio, ogni simbolo della sua storia arcaica. In quella montagna di firme c’è molto di più di una legge di iniziativa popolare: c’è un sentimento diffuso, tangibile e palpabile di una comunità sarda che sente il peso dell’aggressione speculativa che incombe concretamente sull’Isola.
Basta tergiversare
Un comune sentire che non accetta sotterfugi o salamelecchi, che rigetta il “modus operandi” di istituzioni che tergiversano o sonnecchiano giusto per favorire il “colpaccio” di faccendieri e speculatori. In quei moduli sottoscritti spontaneamente da sardi disposti alle file nei municipi c’è un moto di ribellione ideale e culturale, una coscienza civile riaffiorata in modo impetuoso con l’obiettivo esplicito e dichiarato di respingere i nuovi speculatori e costruire un nuovo futuro di indipendenza energetica per la Sardegna. Un messaggio riecheggiato nei luoghi simbolo di questa resistenza identitaria ancorata oggi come non mai a quei paesaggi esclusivi di quest’Isola, da quel patrimonio universale dell’antica Civiltà Nuragica a quel Creato che ha reso la Sardegna unica ed irripetibile.
Paesaggio inviolabile
Se c’è un risultato indelebile e inespugnabile che svetta come simbolo di questa mobilitazione, già diventata pagina di storia, è proprio il sentimento diffuso di un popolo che percepisce il proprio ambiente e i suoi paesaggi come un bene irripetibile e non sacrificabile. Un moto di ribellione positivo, culturale e identitario, che ha avuto l’ardire di aprire occhi e risvegliare coscienze per far conoscere quello che si sta rischiando che accada sulla testa della Sardegna e dei sardi.
Informare per conoscere
Un compito arduo che le testate del Gruppo Editoriale de “L’Unione Sarda” hanno portato avanti sin dal primo insorgere di questa aggressione inusitata alla Sardegna, denunciando con inchieste e approfondimenti, sin dal primo nefasto Decreto Draghi, 8 novembre 2021, i pericoli e i rischi che incombevano in ogni angolo dell’Isola. Un impegno serrato per svelare progetti e artefici sottobanco, multinazionali dietro le quinte, affari e faccendieri impegnati a saccheggiare terreni e promontori, crinali e colline in ogni angolo di questa terra. La reazione popolare, all’incedere di centinaia di progetti, pubblicati e analizzati nel nostro quotidiano, è stata spontanea e imponente, tra preoccupazione e angoscia, rabbia e determinazione.
Governi complici
Nel frattempo insorgevano provvedimenti a catena vergati dai Governi di turno che si sono succeduti in questi ultimi anni, sino al Decreto Draghi “dedicato” esclusivamente alla Sardegna, 29 marzo 2022, con il quale si decideva il “sacco” totale dell’Isola. È stata un’azione costante e quotidiana di denuncia su quanto stava maturando nei Palazzi di Roma, tra silenzi e omissioni consumati in terra sarda, ad aprire un varco decisivo nell’attenzione dei sardi verso un assalto che sembrava destinato a sfregiare l’Isola nel silenzio più totale. A fare il resto ci hanno pensato anni in trincea giornalistica per smascherare i piani di lobby internazionali e banche d’affari potenti e irraggiungibili, sino alle analisi normative per individuare la strada maestra per bloccare la complicità statale impegnata come mai nella distruzione del “Paesaggio” identitario della Sardegna.
La svolta di Pratobello
Quando era ormai evidente che anche la nuova legislatura regionale, come la precedente, non avrebbe prodotto niente di concreto nel contrasto all’assalto speculativo, si è deciso di passare alle vie di fatto. Nel cuore della Sardegna, negli incontri tra Comitati e Sindaci, il più delle volte negli ovili tra Orgosolo e Oliena, è maturata la nuova “Pratobello ‘24”, una proposta di legge di iniziativa popolare destinata a passare alla storia come la più imponente mobilitazione legislativa mai messa in campo in Sardegna, senza eguali in Italia.
Servitù di ieri e di oggi
Da quei pascoli tra Orgosolo e Fonni, che 55 anni fa i Palazzi di Roma avevano deciso di occupare militarmente a colpi di baionette e mezzi pesanti, alle nuove servitù energetiche il passo è breve. Ora la minaccia si conta in 3.000 pale eoliche terrestri da 200 metri d’altezza che i signori del vento vorrebbero conficcare ovunque, da nord a sud dell’Isola, in 1.500 aerogeneratori, altezza 300 metri, da “schiaffare” in mezzo al mare con vista su Costa Smeralda o sul Golfo degli Angeli, davanti a Capo Caccia o all’Isola di Carloforte. Per non parlare, poi, dei 70.000 ettari di pannelli fotovoltaici da “spianare” sui campi agricoli, devastando terreni e generando un “effetto graticola” capace di alterare la vivibilità ambientale di intere porzioni di Sardegna. Insomma, non c’era più tempo da perdere.
La rivolta moderna
Nel paese dei murales è fine luglio quando tra timori e speranze si è deciso di metter mano alla “moderna” Pratobello, la nuova lotta dei sardi contro le nuove imposizioni di Stato, questa volta le servitù energetico-speculative. A rompere gli indugi ci pensa Pasquale Mereu, Sindaco di Orgosolo, sardista nell’anima, schietto e indomito. È lui che raccoglie l’invito della gente comune e dei Comitati: reagire, vietare la speculazione, progettare una Sardegna energeticamente indipendente. È cosi che nasce “la Pratobello”. Il testo non ammette sotterfugi: traccia una strada forte e chiara, decisa e senza tentennamenti, l’unica in grado di bloccare senza appello l’invasione di pale eoliche e distese di pannelli fotovoltaici pronte a devastare per sempre il proscenio di Orgosolo e del Gennargentu, della Marmilla, del Logudoro, del Campidano, del Montiferru, della Planargia e del Sulcis.
Il pilastro costituzionale
Il pilastro imprescindibile della legge “Pratobello” è il più solido della “Costituzione Sarda”: la competenza primaria della Regione sarda in materia «urbanistica». Un’impostazione senza orpelli, senza ulteriori e dannose perdite di tempo, senza spifferi per i signori delle pale e dei pannelli. Una legge con effetto immediato, che cancella tutto ciò che è transitorio, annientando subdoli varchi per speculazioni nefaste. Una norma diventata ora più che mai sempre più urgente, capace di restituire immediatamente alla Regione la propria “potestà” legislativa nel «Governo del Territorio», materia primaria affidata alla Sardegna attraverso l’art.3 lettera «f» dello Statuto Sardo, l’unica materia che la Corte Costituzionale, anche nell’ultima sentenza del 7 giugno scorso, ha giudicato inespugnabile, nonostante il ricorso, perdente, proposto da Palazzo Chigi. La sfida stamane arriva in Consiglio Regionale: la Legge Pratobello con il carico delle sue 210.000 firme punta a restituire alla Sardegna il potere di decidere sul “governo del territorio”, proponendo soluzioni innovative, come l’Isola dell’Idrogeno per perseguire la totale “indipendenza” energetica dell’Isola. Non si tratta di un No alle energie rinnovabili, ma l’esatto contrario, con la gestione diretta da parte dei sardi di quella risorsa, vietando la speculazione e la devastazione dell’Isola dei Nuraghi, quella dei Sardi.