Sono poco più di mille i migranti nel sistema di accoglienza della Sardegna, secondo gli ultimi dati del ministero dell’Interno. Numeri ben lontani da quelli del periodo 2016-2017, quando si è sfondata quota 5.500. «E oltre che a quelli delle presenze, bisogna badare anche ai dati che la riduzione comporta sotto l’aspetto economico: allora c’erano 1300 buste paga. Ora qualche decina, se ci arriviamo». L’analisi è di don Marco Lai, numero uno della Caritas di Cagliari, che non ha timore di affrontare un argomento che potrebbe fare da sponda alle tesi di chi parlava di business dell’immigrazione: «Ma lasciamo perdere», dice, «il punto è che ci sono assistenti sociali, psicologi e altri specialisti che con la buona assistenza lavoravano.  Adesso no». 

E parla proprio di buona accoglienza «che adesso non può più essere garantita. C’è ancora gente che è convinta che ogni straniero si mette in tasca 35 euro al giorno dopo lo sbarco. Quei soldi», puntualizza don Marco, se ce ne fosse ancora bisogno, «servivano per offrire vitto, alloggio e tanti altri servizi. Ora, dopo le decisioni dell’era Salvini, vengono erogati solo 24 euro. Per questo tanti centri hanno chiuso: le spese non sono sostenibili».   

Tanto che ora funzionano soprattutto le attività di accoglienza appoggiate da altre istituzioni: «Dei 1200 migranti circa attualmente nell’Isola, almeno 300 sono ucraini, poi ci sono gli afghani, e un centinaio di bambini», sottolinea, «fatti i conti, quelli che arrivano con gli sbarchi sono un decimo rispetto a cinque anni fa. Solo noi, come Caritas di Cagliari, accogliamo 200 ucraini con un progetto portato avanti dalla Chiesa, che non si appoggia al ministero dell’Interno». E si basa, invece, sulle donazioni e sull’apporto delle Diocesi. 

(Unioneonline/E.Fr.)

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