Nelle foreste millenarie di Fonni, attraversando quel paradiso terrestre dell’oasi esclusiva di Donnortei, a due passi dal Monte Spada, si può, ancor oggi, incappare in giganteschi ceppi di lecci e rovere fatti saltare per aria a colpi di esplosivo. Avevano fretta gli italiani, i francesi, gli inglesi. Per strappare la legna pregiata di quei boschi non avevano tempo da perdere con motoseghe, che allora nemmeno esistevano. Meglio un bel candelotto alla base della pianta. L’opera “criminale” multinazionale rase al suolo migliaia di ettari di foreste secolari per fare traversine ferroviarie e far fuoco con cui fondere i minerali. Si diceva allora: si va in Sardegna a far legna. Oggi, nella terra che fu degli Shardana, dei Giganti e dei guerrieri nuragici, non cambia l’approccio. Anziché “far legna”, oggi, si sbarca nell’antica terra “per fare” vento, sole e soprattutto incassare una caterva di incentivi miliardari. Tutti soldi pubblici, prodotti dalle copiose bollette, comprese, quelle dei sardi, destinati ad incunearsi nei più disparati cunicoli della finanza mondiale, quella sotterranea, quella, per intenderci, dei fondi di investimento, imperscrutabili e ben informati, pronti a cogliere al volo lo “spiffero” del Palazzo per orientare gli investimenti di “pensioni d’oro” o investimenti finanziari, tutti protesi a moltiplicare redditi e speculazioni d’alto bordo su vento e sole altrui.

I signori dei 47

Ieri come oggi, in quest’Isola destinata dalla storia e dagli uomini a subire ancora una volta l’onta coloniale di speculazioni “selvagge”, pronte a tutto pur di accaparrarsi immensi orizzonti da spremere in cielo, in terra e in mare. Qui succede di tutto e di più, e non solo traguardando quell’elenco di 47 progetti depositati nel silenzio assoluto nelle stanze informatiche del Ministero della Transizione Ecologica. Tutti progetti presentati nella penombra di un dicastero di Stato che nega ancora i documenti ufficiali, quelli che per i comuni mortali devono essere pubblicati seduta stante per non inficiare la procedura. Qui, invece, nella logica del “silenzio amministrativo”, i signori del vento e del sole si sono affidati ai santissimi crismi del Pnrr, una sorta di “benedizione” urbi et orbi capace di accelerare “manu militari” ogni progetto presentato per l’invasione indiscriminata della Sardegna. È in questa enclave che si può ricostruire il “mare magnum” di interessi che ruotano intorno a questa operazione gestita su larga scala. Ambienti dove si celano interessi di ogni genere, compresi quelli a rischio di infiltrazione criminale, come ha messo nero su bianco la Direzione Investigativa Antimafia nel capitola sardo. Nel quadro d’insieme è difficile non scorgere una palese spartizione della Sardegna, come se ci fossero relazioni inconfessabili, legami consolidati tra territori e società, tra esponenti della politica e i signori delle rinnovabili. Ci limitiamo a scorgere compagini societarie che, prive di originalità, hanno aggiunto alla primordiale “srl” il numero progressivo dell’affaire tutto sardo. Le società sono scandite dai nomi più eclettici, tutte in chiave sarda, giusto per tentare di mitigare il passaporto, la maggior parte delle volte straniero, e qualche altra volta siculo, pugliese, campano o altoatesino. Se la cerchi una società sarda, con radici nell’Isola, non la trovi nemmeno a pagarla.

Gli stranieri di Shardana

Tutti “stranieri”, compresi quelli che si ammantano del nome di “Shardana Energetica srl”, pronti a sbarcare nelle terre di Villacidro, richiamando, abusivamente, l’antica terra dei navigatori nuragici, spacciandosi solo in seconda battuta per italiani, con la Italy Energy Holding. I documenti in nostro possesso, però, anche in questo caso, dicono altro. I signori di “Shardana”, infatti, hanno radici profonde e conti correnti bancari ben ancorati a Soborg, in Danimarca, al numero 50 di Gyngemose Parkvej. Hanno voglia di spacciarsi per antichi navigatori, la realtà è tutta un'altra. Il progetto è quello di insediarsi nel Paese d’Ombre, l’attuale Villacidro, con una distesa fotovoltaica da 51 megawatt, tutta da posizionare nelle terre agricole più pregiate che, ovviamente, nelle loro relazioni agronomiche sono descritte come abbandonate e inutili. Loro, i danesi, dei divieti sardi se ne fregano. Le prescrizioni su quelle aree, invece, parlano chiaro: «Sono vietate “trasformazioni e utilizzazioni diverse da quelle agricole di cui non sia dimostrata la rilevanza pubblica economica e sociale e l’impossibilità di localizzazione alternativa…». Sono loro, nel progetto blindato nei palazzi di Roma, a dichiarare che quella «trasformazione dell’uso agricolo dell'area è considerata un’opera di rilevanza pubblica economica e sociale che ne giustifica la sua realizzazione» anzi, aggiungono che «le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli stessi impianti, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti». Dunque, gli scandinavi della Danimarca, hanno già deciso: quella distesa infinita di pannelli solari è un’opera di pubblica utilità, indifferibile e persino urgente, ovviamente da farsi in casa d’altri, con soldi prelevati a piene mani dagli incentivi di Stato, quello italiano. Il caso dei signori venuti dai Paesi del freddo per far cassa sotto il sole sardo è solo un primo tassello di un complesso puzzle che lascia intravvedere un grande regia nei palazzi romani con affamati commensali pronti a prosciugare, euro su euro, una valanga di denari di Stato.

La mappa occulta

La mappa di questo “sacco” sardo è racchiusa in una ragnatela di società, holding, teste di legno, capitali azionari sparsi in scatole cinesi a gogò, procuratori e affari esteri secretati nei paradisi fiscali di mezzo mondo. Metter mano al castello occulto delle energie rinnovabili in Sardegna significa avere a che fare con un mare magnum di “sfuggitori” seriali alla trasparenza. Investimenti, il più delle volte, in mano a ignoti signori d’oltralpe, sbarcati nell’Isola solo per far girare la slot machine del sole, del vento e, soprattutto degli incentivi miliardari. A valle delle Cascate de Sa Spendula, a Villacidro, si concentrano da anni gli interessi dei signori Ernest, Thomas e Josef Gostner. Tre fratelli con il debole per il Medio Campidano. La loro holding, la “Fri El. Spa”, a Villacidro non si è limitata a mettere radici. Nonostante i riflettori accesi più di una volta dalla Procura di Cagliari, di Sassari e persino della Dda di Palermo su certi rapporti non hanno mancato l’appuntamento con la nuova ondata colonizzatrice.

Dolomiti & Monte Linas

Nel piano dei 47 progetti, presentati per la procedura del Pnrr, i Gostener hanno pianificato una vera e propria ulteriore scalata alla terra degli agrumi e delle pesche, puntando persino verso la Trexenta. Sono loro i dominus dei primi 4 progetti della graduatoria del Ministero della Transizione Ecologica. Non si fanno mancare niente: un parco eolico da 50 megawatt, “Nurradei”, con nove generatori ciclopici da piazzare tra Samatzai, Guasila, Serrenti, Segariu, Furtei, Sanluri, Nuraminis e Pimentel; un impianto eolico, “Miali”, tra Serrenti, Guasila, Segariu Pimentel, Furtei e Samatzai; un progetto eolico, “Trexenta”, tra Selegas, Segariu, Guasila e Guamaggiore. Tutti presentati da “Green Energy Sardegna 2”, direttamente connessa alla capofila “Fri El”. Operazioni che si intersecano, nonostante i nomi e le pratiche separate, in territori contigui. Una vera e propria invasione di due aree strategiche del sud Sardegna, il Villacidrese e la Trexenta. Ai fratelli Gostener, però, le porte del Medio Campidano e della stessa Regione si aprono senza colpo ferire: insieme ai tre parchi eolici i signori del vento hanno depositato negli uffici di Roma anche un mega impianto fotovoltaico denominato, secondo i documenti nelle nostre mani, “ PV Villacidro 2”, una sorta di nome-vendetta del primo. E che i signori venuti dalle Dolomiti per conquistare le pianure del Campidano vogliano passare dalle “radici sarde ” ai “ plinti” lo conferma anche il mega-progetto approvato dalla giunta regionale per trasformare la storica fabbrica delle batterie, la ex Scaini di Villacidro, nel loro quartier generale. Su 25 ettari di quella vecchia struttura industriale prevedono di occuparne 20 con la bellezza di 31.500 pannelli di silicio monocristallino per una potenza stimata di 20 megawatt.

Pittori & scalatori

L’invasione del Sud Sardegna, però, non si ferma ai bolzanini. Alla conquista delle terre e delle vette eoliche concorrono anche altre due società: Tintoretto srl e Tiziano srl. Non si tratta di una mostra pittorica, ma di una serie di società, ancora non codificate dai documenti ministeriali, ma che potrebbero rifarsi ad un fondo finanziario, non certo sardo. I loro progetti, però, traguardano ancora il Campidano, questa volta nei comuni di Serramanna, Villasor e Samassi. Altre due distese “solari” tra pomodori pelati e carciofi spinosi, come se il futuro agricolo fosse fatto di silicio e pale. Nell’elenco dei “47” compare anche quello “coatto” di Sorgenia, quel progetto presentato ancor prima dello sbarco a Sanluri per una presentazione dai “buoni propositi” finito, invece, con la scoperta del deposito ministeriale di una raffica di progetti all’insaputa di tutti. Un nome, quello di Sorgenia, che è tutto una storia. Da De Benedetti, Carlo, l’editore che inventò Repubblica, a F2i, una sorta di “fondo sovrano” che in Sardegna, con un’evidente regia politica, vuole fare shopping a maglie larghe, dall’aeroporto di Cagliari al vento del Campidano. Il progetto di Sorgenia prevede la costruzione del parco eolico “Samassi-Serrenti”, con ben 11 pale schiantate nel proscenio delle colline e pianure della zona. Un potenziale elettrico di 66 megawatt. Di certo, anche in questo caso, l’approccio con i Comuni, irruento e tardivo, è stato tutto politico, con il ruolo di “ambasciatore” di Sorgenia affidato nientemeno che ad un esponente di vertice di un partito d’opposizione in Consiglio Regionale, ma convinto sostenitore del governo Draghi.

Gli spagnoli di Villasor

Se Sorgenia viaggia speditamente nei canali di partito e di Stato, ha preferito altre strade “Iberdrola Renovables Italia”, una società per azioni che di italiano non ha praticamente niente. Gli annali lo descrivono come il primo produttore eolico della Spagna con un debole, guarda caso, per la Sardegna. Da Bilbao, sede della multinazionale spagnola, alle pianure di Villasor e Decimoputzu, dove i sudditi del Re pensano di conficcare altre 10 pale ciclopiche da duecento e fischia metri, direttamente sul cielo già rosicchiato da jet supersonici e dai caccia da combattimento. Del resto ora in Sardegna c’è da far vento, sole e tanti soldi.

( 4.continua)

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