In Sardegna quasi 14 pazienti su 100 costretti a smettere di curarsi. Si tratta del dato peggiore d’Italia. 

I numeri preoccupanti emergono dalla Relazione 2024 sui servizi pubblici stilata dal Cnel (Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro).

Nell’Isola – si legge nel report – decide di rinunciare all’assistenza medica il 13,7% degli utenti a causa di una lunga serie di motivi: problemi economici, problemi di offerta, lunghe liste di attesa o difficoltà a raggiungere i luoghi di erogazione del servizio. 

Si tratta di una percentuale doppia rispetto alla media nazionale, che fa registrare (dati 2023) un 7,6% di persone costrette a rinunciare alle cure (contro il 7% del 2022 e al 6,3% del 2019, anno pre-pandemico).

«Vi è stata, quindi, una tendenza al peggioramento - commenta il Cnel -, a prescindere dall’eccezionalità del 2021, quando le conseguenze legate al Covid-19 fecero incrementare il valore fino all’11%».

Sempre secondo la Relazione del Cnel, la quota di cittadini che ha rinunciato a visite mediche (escluse odontoiatriche) o ad accertamenti sanitari è massima nella fascia di età 55-59 anni (11,1%), è più bassa ma comunque elevata tra gli anziani di 75 anni e più (9,8%) e minima tra i bambini fino ai 13 anni (1,3%). A livello nazionale emerge anche uno svantaggio delle donne, con il 9% contro il 6,2% degli uomini.

Dopo la Sardegna i numeri peggiori sono quelli del Lazio, dove rinuncia alle cure il 10,5% dei pazienti, e delle Marche (9,7%).

All’opposto si collocano il Friuli-Venezia Giulia, le PA di Bolzano e Trento, Emilia Romagna, Toscana e Campania con valori inferiori al 6%.

(Unioneonline)

 

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