L’esposizione del prezzo medio del carburante, come imposto dalle nuove direttive del governo,  non serve a niente, secondo Giuseppe Balia, presidente nazionale dell’Angac (Associazione nazionale gestori autonomi carburanti).

Il rappresentante sardo dei distributori sposa la linea dell’Antitrust: l’attenzione, sostiene, deve essere spostata sull’intero processo di formazione del prezzo. E a assere reso pubblico dovrebbe essere quello di cessione, che viene praticato dai colossi ai singoli titolari delle pompe. Così, è la tesi, sarebbero individuati i veri “colpevoli” dei rincari: le compagnie.  

Per Balia emergerebbero  «la disparità di trattamento all’interno della stessa bandiera e nello stesso bacino d’utenza, il margine esiguo» di guadagno per i distributori, oltre alla «illegale penalità subita dal gestore in funzione del rispetto del prezzo massimo inserito negli ultimi accordi commerciali, che impone il prezzo finale al gestore e limita la concorrenza e la libertà di impresa». 

Per Balia verrebbero a galla anche  «le diverse forme contrattuali illegali (appalti e servizi, associazione in partecipazione, ecc), di cui si fa uso improprio, e disomogenee rispetto al contratto di comodato (che è l'unico previsto dalla legge). 

Al centro dell’attenzione finirebbero anche  «l’evidenza del guadagno sul differenziale prezzi tra self e servito, che le compagnie petrolifere incamerano nelle loro casse». 

I consumatori avrebbero «la possibilità di conoscere la formazione del prezzo sia a monte che a valle e la quotazione “platts”, le accise, l’iva e il margine lordo». 

(Unioneonline/E.Fr.)

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