Chissà se a Lewis Hamilton, il re incontrastato della formula uno mondiale, hanno spiegato dove gireranno le ruote del suo Suv ambientalista a trazione elettrica appena sbarcato in terra di Sardegna. Il suo team, guidato da una leggenda del rally, Sébastien Loeb, è già sul campo di guerra. Guerra nel vero senso della parola, non per la contesa del titolo iridato di “Extreme E”, la gara internazionale che dovrebbe promuovere il rispetto dell’ambiente, ma per il proscenio, tanto esclusivo quanto vietato, in cui, tra oggi e domani, si fronteggiano gli equipaggi del grande circo dei Suv elettrici. Loro, piloti e navigatori, niente sanno e niente gli faranno sapere. Li hanno illusi che quel terreno arido, segnato da ferite profonde e sfregi violenti, è l’effetto terrestre dei cambiamenti climatici. Le immagini dei droni, in un cielo da sempre vietato, l asciano intravvedere quei solchi ripetuti e appaiati sul terreno, tanto inconsueti quanto ai più inspiegabili, che segnano in modo indelebile Capo Teulada, lembo estremo della Sardegna verso l’Africa.

Terra di conquista

Quelle spiagge bianche, quel mare celeste apparentemente intonso, sono terra di conquista degli eserciti di mezzo mondo, che lì, tra nuraghi demoliti a colpi di missili e ruspe, ginepri e corbezzoli devastati dallo scorrazzare di cingolati inquinanti, hanno messo a ferro e fuoco quell’oasi che fu incantata. Chissà se a Hamilton e a Nico Rosberg, i nomi più spesi nei pomposi comunicati stampa dell’evento, hanno sussurrato che lì, in quelle terre recintate con il filo spinato, la Procura della Repubblica di Cagliari ha fatto incetta di residuati bellici radioattivi. Nei proclami propagandistici dell’evento, intrisi di beatitudine francescana, si declama la tutela della posidonia e del Montiferru, colpito dagli incendi devastanti di questa estate.

Presenza radioattiva

Di certo, nel grande circo della formula uno del rally elettrico, sbarcato in Sardegna con tanto di nave green, nessuno sa che il Cisam, il centro radiologico del Ministero della Difesa, ha messo nero su bianco una drammatica verità: in quel poligono è stata «rilevata presenza di contaminazione radioattiva, di alcune aree utilizzate come zone arrivo colpi per le esercitazioni a fuoco effettuate con il missile M.I.L.An». Ai piloti che scorrazzano a velocità sostenuta, con il rombo mozzato dal motore elettrico, tra quei circuiti improbabili segnati dai cingolati di guerra, nessuno ha riferito dei verbali della Procura della Repubblica. Eppure, magari, nei documenti di sicurezza del Poligono, è anche previsto che chiunque entri dentro quell’inferno debba essere consapevole dei pericoli che corre e delle cautele che dovrebbe seguire.

Manuale di sicurezza

In quell’ipotetico manuale che non fanno leggere nemmeno ai militari, figuriamoci ai piloti ambientalisti di Suv elettrici, ci dovrebbe essere scritto, per esempio, che «tra il mese di dicembre del 2013 e ottobre del 2014 sono stati rinvenuti in alcune aree del poligono, Braccaxius, Seddas de Crobeddu, Porto Cogolidos, e sottoposti a sequestro, frammenti metallici riconducibili al sistema d’arma menzionato su cui sono state rilevate misure di radiazioni gamma superiori al fondo naturale». Rifiuti radioattivi, secondo la Procura, non secco indifferenziato. Da Capo Teulada, intanto, partono via etere le prime immagini social di quell’evento vietato a tutti, sardi per primi.

Marketing militare

L’operazione è studiata a tavolino: marketing funzionale a far passare l’idea che in un poligono militare, per giunta sotto inchiesta per disastro ambientale, in realtà, sia tutto bello e pulito, tanto da poter rilanciare in diretta mondiale immagini “controllate” di un’oasi incontaminata che non c’è. La realtà è, invece, tutta un’altra. Nessuno potrà entrare in quel recinto precluso da filo spinato a gogò. Siamo al paradosso: una manifestazione di rally vietata al pubblico, nonostante sia all’aria aperta, in ampi spazi e in un periodo in cui anche gli stadi hanno riaperto i cancelli. A Teulada, invece, no. Tutto chiuso e blindato. Le troupe televisive, per esempio, quelle senza esclusiva, non potranno accedere per alcun motivo sul terreno di gara, o meglio di guerra.

Vietato ai sardi

Tutto vietato, come si conviene ai luoghi dove non si può ficcare il naso. Gli inviati saranno costretti a parlare di motori silenziosi, che non inquinano e sorridono all’ambiente. In questi giorni, nei pre-reportage sull’evento, c’è chi ha osato raccontare che Capo Teulada è l’Amazzonia dell’Extreme E, il campionato mondiale per Suv elettrici. Sarà che la tappa sarda è nata dopo aver disdetto quella brasiliana per via del Covid, ma di certo la scelta di un poligono militare per rappresentare una filosofia ambientalista è come sostenere che i carri armati servono per arare i campi e i missili per fertilizzarli.

Sponsor da parata

In questa parata elettrico-militare non poteva mancare lo sponsor d’eccezione, l’Enel in persona, scesa in campo per promuovere l’invasione della terra dei nuraghi a colpi di devastanti pale eoliche, spegnendo centrali e collegando l’Isola con una sottospecie di cavo-guinzaglio elettrico sottomarino sino alla Sicilia e alla Campania. Eppure, per incantare con gesta pseudo ambientaliste, anche l’ente di stato elettrico fattosi società per azioni, ha scelto di condividere le “emozioni” nientemeno che con il Ministero della Difesa, protagonista assoluto di questa operazione di marketing militare-ecologista. Del resto, dopo aver consentito a Prada di trasformare spiagge vietate in passerelle di moda, i generali non potevano non restare affascinati dalla formula uno elettrica.

Rinvio a giudizio

Tutto utile per tentare di cancellare, almeno nell’immaginario collettivo, quella richiesta del Giudice per le indagini preliminari, Maria Alessandra Tedde, di rinviare a giudizio tutti i vertici della Difesa responsabili del disastro ambientale. Qualcuno, quel che è successo a Teulada, lo dovrà spiegare anche al novello climatologo Alejandro Agag, fondatore e amministratore di Extreme E, noto nel gossip mondiale per essere il genero dell’ex premier spagnolo Josè Maria Aznar. Agag, spiegando il progetto del campionato, ha volato alto, arrivando a sfiorare la ionosfera, con affermazioni che si addicono più a Bernacca che ad un organizzatore di un rally elettrico in una delle aree più devastate della Sardegna. Le sue parole sono tutto un programma: «L’Isola ha sofferto a causa della crisi climatica».

860 mila colpi

Nessuno gli ha certamente spiegato che il poligono prescelto per questa manifestazione para-ambientale è stato letteralmente bombardato, tra il 2008 e il 2016, da 860 mila colpi a fuoco, tra cui 11.875 missili, pari a 556 tonnellate di materiale bellico pericoloso. La competizione motoristica, nata con l’ambizione di sensibilizzare il pubblico sulle questioni ambientali, potrebbe, invece, essere una proficua occasione per far conoscere l’immensa devastazione ambientale messa in atto in Sardegna. Un poligono dove si bombarda da terra, da mare e persino dall’aria. Faraglioni meravigliosi frantumati a colpi di bombe e missili, isolotti cancellati come se non ci fosse un domani, spiagge straordinarie vietate ai sardi e non solo, utilizzate per farci giocare carri armati e mezzi anfibi. Oggi e domani, invece, è la volta dei suv elettrici.

Turismo vietato

Chiunque immagini un ritorno turistico e d’immagine non si illuda. Promuovere un poligono di guerra, vietato 365 giorni all’anno, devastato come fossimo in Iraq, nonostante sia costellato di spiagge incantate e dune esclusive, è come vendere un’illusione. Qualcuno spieghi a Hamilton e Rosberg che quel poligono blindato da rete e filo spinato è l’esatto contrario della tutela ambientale. Quel rally elettrico, con tanto di pompa magna di Stato, è, purtroppo, solo l’ennesimo tentativo di nascondere i misfatti di una terra vietata e violentata, da bombe e missili di ogni genere.

© Riproduzione riservata