L’inchiesta dell’Unione Sarda è «seria e approfondita», si basa su fatti veri e esposti in maniera corretta: con queste motivazioni il giudice per le indagini preliminari Ermengarda Ferrarese ha spazzato via le accuse di diffamazione presentate dai vertici di Moby, Vincenzo e Achille Onorato, legate a un articolo sulla tentata vendita di due navi da parte di un broker in Vietnam. Si trattava dei traghetti Dada e Bithia, utilizzati per le rotte sarde: in quell’occasione venne accertato che il primo era di proprietà di una società con sede a Malta. Notizia di primo piano, firmata dal caporedattore Mauro Pili, in un momento delicato per la compagnia: proprio in quei giorni, a novembre 2020, gli avvocati dell’armatore napoletano chiedevano altri due mesi di tempo per presentare la proposta di concordato al Tribunale fallimentare di Milano.

Le carte

I diritti di cronaca e di critica sono stati pienamente riconosciuti: d’altra parte c’era la «preoccupazione che, a fronte di una consistente esposizione debitoria, si potessero realizzare operazioni finanziarie non “cristalline” data la compresenza di società maltesi (e relativi sistemi fiscali)», scrive il Gip di Cagliari nell’archiviazione del procedimento per diffamazione. Tra l’altro le perplessità erano condivise anche dalla Procura milanese, che in relazione a quei movimenti ipotizzava il reato di bancarotta «se Moby dovesse fallire o fosse dichiarata in stato di insolvenza». Il giudice ha stabilito che Pili, difeso dagli avvocati Stefano Ballero e Maurizio Scarparo, ha svolto «una seria e approfondita inchiesta giornalistica su un fatto che assume un interesse sociale così elevato e un’importanza tale che prevale sugli altri due presupposti della verità del fatto e della continenza espositiva, peraltro rispettati nell’articolo».

Il giudizio

Il giornalista «ha proceduto a un serio, diligente e approfondito lavoro di ricerca, nonostante il complesso gruppo societario e le intricate commistioni sociali rendano il compito particolarmente arduo». I fatti, nella sostanza sono «veri» e il diritto di cronaca e di critica si sono concretizzati «nella manifestazione di un’opinione e di un giudizio valutativo che non possono essere censurati per difetto di obiettività a meno di non affermare una incoerente sproporzionata interferenza nel diritto alla libera espressione della stampa». L’articolo non è «un attacco personale lesivo della dignità morale degli Onorato», ma secondo Ermengarda Ferrarese è «indirizzato alle scelte gestionali e ai possibili risvolti sul recupero dei consistenti crediti vantati nei loro confronti, fatto di primaria importanza per i cittadini sardi».

Mauro Pili esprime soddisfazione «perché il giudice ha riconosciuto il lavoro puntale e corretto del nostro giornale. Molto spesso si vuole fermare la stampa con azioni temerarie come questa: le reiterate querele di Onorato fino ad ora hanno portato a archiviazioni o assoluzioni».

Michele Ruffi

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