Il quartier generale è nella città delle luci rosse e degli uffici a tempo. In questa terra ai confini dell’Europa, nell’Olanda dei mulini a vento, Amsterdam è da sempre Capitale dell’usa e getta, come si conviene a chi ama far denaro senza troppi convenevoli e in poco tempo. Per raggiungere il numero 22 di Kabelweg, periferia estrema della città principe dei Paesi Bassi, devi attraversare quartieri dove convivono in pieno centro inceneritori di “mondezza” e gigantesche pale eoliche piazzate tra i parchi giochi e arterie viarie.

Palazzo “grigio-topo”

Il palazzo, quattro piani di anonimi mattoncini “grigio-topo”, finestre stile gattabuia, non ha nemmeno un’insegna. All’ingresso solo anonimi pulsantini per chiedere udienza. Nemmeno uno straccio di indicazione sul pianerottolo dove “inciampano” sporadicamente i signori che vogliono “sbancare” il porto di Oristano per farne il polo per la costruzione e l’assemblaggio delle pale eoliche offshore, secondo le "modeste” ambizioni dichiarate, per almeno mezza Europa.

Stanzetta a tempo

Se in questi uffici a ore chiedi della “Oristano CAP srl", la pomposa “Oristano Construction & Assembly Port”, lo sguardo si fa torvo, come se avessi bestemmiato. Nel sistema “usa e getta” di olandese memoria, non ti diranno mai se qualcuno con quel nome sta consumando in una stanzetta a tempo un affare in terra sarda. Tutto questo nonostante nel neonato sito internet aziendale della compagine sardo-olandese si faccia roboante sfoggio della location in terra di tulipani. Di questi signori in realtà ce ne occupammo due anni fa quando presentarono due progetti offshore per sventrare a colpi di pale eoliche il mare davanti a Carloforte e Sant’Antioco. Anche in quell’occasione “minacciarono” di utilizzare il porto di Oristano per assemblare gli “affettatori” giganti da piazzare sulla “Rotta del tonno rosso” e del turismo del sud dell’Isola.

Società roboante

Ora, però, la registrazione della società alla Camera di Commercio di Oristano, datata 16 novembre dello scorso anno, lascia intendere che gli appetiti si stiano risvegliando, con tanto di promesse di posti di lavoro a gogò, finanziamenti pubblici senza limiti e persino la “minaccia” di “impestare” senza fine Sardegna e Mediterraneo di pale eoliche in mare e non solo. L’obiettivo, dunque, nonostante l’assenza di qualsiasi esperienza societaria, è quello di mettere le mani sul porto oristanese, riva opposta degli affari eolici del nord Europa in terra sarda. Un affare che si annuncia con tanti misteri, mille rivoli societari e persino titoli nobiliari, da Principi a Conti, passando per una miriade di intrecci tutti da scoprire. Nel piano di “occupazione” dello scalo oristanese annunciano numeri da orbi: «CAP Oristano sarà in grado di costruire, assemblare e avviare ogni anno 50 unità con aerogeneratori da 15 – 18 megawatt, corrispondenti a circa 1000 megawatt all’anno». Non più, dunque, un assemblaggio temporaneo, ma permanente come se l’invasione del mare non dovesse avere fine. Sono ottimisti a tal punto che nella coniugazione delle loro affermazioni non usano mai il condizionale: «Oristano CAP è una struttura unica in un'area portuale industriale sulla costa occidentale della Sardegna, dove le risorse eoliche offshore possono essere costruite e assemblate a una frazione del costo attuale. L' “Oristano CAP” aiuterà gli sviluppatori di parchi eolici offshore a superare gli alti costi dell'eolico offshore galleggiante e a mettere le PMI italiane al centro della filiera». Insomma, benefattori del low cost dell’offshore. Peccato che nel sito con il quale si propongono sull’etere non ci sia uno straccio di progetto, un minimo di autorizzazione, un barlume di capacità finanziaria visto che la “esserrelle” ha un capitale versato di appena quindicimila euro. A loro non sembra poco, visto che subito dopo affermano con spavaldo autoconvincimento: «L'Oristano CAP è la struttura principale per la costruzione e l'assemblaggio di asset eolici offshore al servizio della regione del Mediterraneo. Vieni a scoprire il futuro dell'eolico offshore con noi». Roba da propaganda d’altri tempi, come vendere una cassa di angurie “lungostrada”, tra il Sinis e Santa Giusta. In realtà, a parte la residenza olandese dichiarata nel sito digitale, di questa compagine societaria si sa davvero poco. Il domicilio fiscale registrato dalla Oristano CAP alla Camera di Commercio è Santa Giusta, via Giovanni Marongiu, «senza numero civico», come se fosse un orpello da evitare. Un vizietto, quello di omettere il numero civico, che non appare un caso isolato. I dati dello stesso Presidente della Società, dichiarano un «indirizzo di contatto» in «Località Portovesme» anche in questo «senza numero civico», come se quella zona industriale non fosse un labirinto di ciminiere e reticolati viari. Elementi che ammantano l’ennesima operazione di mille misteri, a partire dagli amministratori di questa società appena varata.

Il Conte del vento

A guidarla c’è un nobile, che non si fa chiamare nè Principe nè Conte, ma che nei registri della famiglia è registrato come «Don Eugenio Barbiano di Belgiojoso» nientemeno che «Conte del Sacro Romano Impero». È lui che, non si sa a che titolo, se per grazia ricevuta o per discendenza dinastica, è da tempo uno dei tanti Signori del vento sbarcati in Sardegna a far soldi e incentivi di Stato.

Pettinare fenicotteri

L’ultima ambizione è quella di far suo il Porto di Oristano, per assemblare pale eoliche da far galleggiare in mezzo al mare, come se la vocazione di quelle lagune circostanti si fosse di colpo trasformata in una "parruccheria” per muggini e fenicotteri, da pettinare a suon di rotanti eliche d’altura. Un “vizietto”, quello del vento, mai venuto meno nonostante le traversie societarie di altre intraprese eoliche, come quella che riportiamo negli estratti ufficiali della Companies House del Regno Unito nel quale spunta la “Condor Energy Limited”, società di Diritto inglese “finita gambe all’aria” e di cui il “Conte” dal 2014 faceva parte. Tra gli amministratori compare anche Martin Gerd Jacubowski, tedesco di Hanau da tempo impegnato negli affari tedeschi sul vento sardo e non solo.

Impossibili regali al “Conte”

Dopo aver messo gli occhi sull’Isola del Toro, davanti alle due isole sulcitane di Carloforte e Sant’Antioco, ora, dunque, i “nobili” del vento vorrebbero impossessarsi del Porto di Oristano. Atti ufficiali su quest’operazione non risultano da nessuna parte, considerato che l’affidamento di un’area pubblica come quella portuale ad una società “privatissima”, seppur ammantata di titoli nobiliari, peraltro appena costituita, farebbe scattare l’interesse di altri organi dello Stato molto attenti a quel che accade sulle rinnovabili in Sardegna. E sarebbe impensabile, e ingiustificabile, che Ministeri o la stessa Invitalia, braccio finanziario di Stato, avessero deciso di “regalare” soldi pubblici e imprimatur al “Conte del vento” che, insieme alla "Seawind Ocean Technology”, da tempo vorrebbe puntellare il mare sardo a suon di “grattacieli d’acciaio” alti oltre 300 metri. Con i tempi che corrono, però, è meglio non fidarsi.

© Riproduzione riservata