"Ho visto l'inferno e sono tornata"Adesso Valentina rivuole la sua vita
Il marito tentò di ucciderla con il fuoco. Lei si è salvata, lui è morto. Sono passati sei mesi dalla tragedia. Ma Valentina Pitzalis vive ancora nell'incubo e nella sofferenza per quel sabato notte terrificante.Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
«Sono precipitata nell'inferno. Ho combattuto la morte e l'ho sconfitta, ma quell'inferno non riesco a lasciarmelo alle spalle e ne porto i segni in tutto il corpo». Sono già passati sei mesi ma a Valentina Pitzalis basta chiudere gli occhi per ricordare ogni istante di quel maledetto sabato notte, quella sera di aprile in cui l'uomo che aveva sposato e dal quale si era separata, ha deciso che la vita di entrambi sarebbe dovuta finire. Come alleato Manuel Piredda aveva scelto il fuoco ma il suo progetto era riuscito soltanto a metà: lui è morto, Valentina ha lottato come una leonessa ed è sopravvissuta.
I RICORDI «È stato come vivere un incubo, ma purtroppo l'agguato di cui sono stata vittima quella notte a Bacu Abis era la dura realtà». Valentina sceglie di proposito la parola “agguato”, «anche se non parlo spinta dall'odio e dal desiderio di vendetta - precisa subito - ma voglio che si sappia come sono andate le cose, lo devo a me stessa e alla mia famiglia che in questi mesi non mi ha mai lasciato sola». Quella notte del 16 aprile scorso si era parlato di un possibile incidente, ma non era stata scartata anche l'ipotesi di un tentato omicidio seguito da un suicidio: «Ed è questa la triste verità - ribadisce - quella notte nulla è accaduto per caso o per disgrazia».
L'INCENDIO Valentina si era recata a Bacu Abis, frazione di Carbonia, per portare un documento a Manuel: «Viveva in quella casa da qualche tempo - racconta - mi aveva detto di avere assolutamente bisogno di quel documento e così anche se era quasi mezzanotte gliel'ho portato». Una visita veloce «il tempo di entrare in casa, dargli quel foglio e salutarlo. Avevo lasciato la macchina aperta, non avevo nemmeno portato su la borsa». Poi la tragedia: «Stavo per aprire la porta d'ingresso per andare via, mi ha chiamato, mi sono voltata un attimo e sono stata investita da un getto di kerosene. Manuel mi guardava. Non sono riuscita a chiedere spiegazioni: ha acceso un fiammifero ed è iniziato l'inferno». Presumibilmente il ragazzo aveva conservato per sé parte del kerosene per completare il suo progetto: Valentina ricorda solo che lui ha chiuso la porta della stanza in cui lei era entrata in pieno panico, dunque non ha visto altro.
I SOCCORSI Il resto è la cronaca che purtroppo è stata riportata in quella tragica notte. «Ho combattuto col fuoco battendo i piedi sul pavimento e gridando finché il fiato non mi ha abbandonato; non ho mai perso i sensi, ma sentivo la mia voce affievolirsi. Poi per fortuna sono arrivati i soccorsi. Ricordo le voci dei carabinieri e dei soccorritori, ho sentito che uno di loro diceva che Manuel era morto». I ricordi a quel punto si fanno confusi. «Mi sono ritrovata in ospedale a Carbonia, da allora la mia vita è stata un calvario». Il fuoco non le ha risparmiato neanche un centimetro del viso. Ha perso una mano e parte del braccio sinistro, la mano destra si è salvata ma è in condizioni terribili. «Dopo il Sirai la mia destinazione è stata il centro Grandi ustioni di Sassari dove è iniziata la mia seconda vita in un corpo che non era più quello nel quale mi ero svegliata quella mattina. Ho soltanto 28 anni e non voglio arrendermi, ma per vivere questa nuova vita ho bisogno dell'aiuto di tutti».
Stefania Piredda