Il cartello fosforescente sulla rotonda tra Villamassargia e Iglesias indica S’Ortu Mannu, la terra dei grandi ulivi, quelli della pace. I lampeggianti blu ambulanza e arancione squarciano in lontananza la notte profonda del Sulcis Iglesiente, da sempre landa desolata di lotte e licenziamenti. Quello che “Roma” chiama “benessere” avanza con andamento lento nel cuore delle tenebre, un po’ per vergogna, un po’ per frenare la rivolta dei clakson che durante il giorno “bombardano” carri armati e obici in transito da nord a sud dell’Isola, con code interminabili.

La notte di S.Efis

Quasi che la Nato, per lo sbarco in terra sarda, avesse scelto la 367esima discesa di S.Efis, dal primo maggio alla notte del rientro. Porti e aeroporti, civili e militari, letteralmente presi d’assalto da aerei ciclopici, dall’Antonov ucraino ai Boeing cargo, a navi stracolme di “guerra”. Centinaia di armi letali, mezzi capaci di devastare ogni ostacolo che si frapponga all’avanzare del “nemico”. Non è scritto esplicitamente, la strategia è pervasa da un incedere anglosassone, come se la traduzione fosse una libera interpretazione per i cultori dell’inglese maccheronico.

Allerta massima

In realtà, però, lo schieramento in Sardegna del “Very High Readiness Joint Task Force”, la punta avanzata della “guerra” targata Nato, non lascia molti margini di interpretazione: nell’Isola si sta sperimentando lo scontro diretto tra l’Alleanza Atlantica e la Russia di Vladimir Putin. Inutile girarci intorno, lo schieramento è quello di “allerta e dispiegamento” delle forze Nato multinazionali in caso di guerra. Otto gli Stati stranieri spediti nella “colonia militare” della Sardegna per devastare spiagge, coste e ambiente, con la scusa di prepararsi a contrastare il nemico. Una “chiamata” alle armi senza remore con l’operazione in terra sarda affidata al Primo Corpo Germano-Olandese, considerato il più potente nello schieramento sullo scenario di Teulada. Nella terra dei Nuraghi, quelli distrutti e devastati dalla Nato in quel poligono “strappato” a pastori e contadini, chi comanda l’assalto al “nemico” è la Brigata di fanteria corazzata tedesca 37 di Freiberg, in Sassonia. Le poche note ufficiali, le “veline” di Stato, parlano di esercitazione tesa alla «deterrenza e alla difesa della Nato ». In pratica lo schieramento in Sardegna servirebbe per far “paura” al nemico e dimostrare «l'interoperabilità, la prontezza e la coesione delle forze alleate». Il cuore dell’operazione è sintetizzato in un cablogramma di Palazzo: «dimostrare di poter schierare le forze Nato in caso di crisi». L’attacco verso l’Isola è concentrico. Per i quattro giorni di S.Efis vengono presi d’assalto l’aeroporto di Elmas e quello di Decimomannu. I radar segnalano di tutto e di più, dalle decine di aereo-cargo militari, dipinti di nero petrolio come quello dell’Air Force americana giunto in gran segreto nei giorni scorsi a Decimomannu, sino al gigante dei cieli, quell’Antonov An 124-100 con bandiera ucraina, sovraccarico dei micidiali elicotteri d'attacco "Tiger", atterrato nello stupore generale nell’aeroporto di guerra posato tra i carciofeti di Villasor e le pesche di San Sperate. Nel contempo, nel deserto del Porto Canale di Cagliari, trasformato senza autorizzazione in una base militare, attraccava una terza nave, inattesa, sempre con la livrea della DfDs, la compagnia danese incaricata del trasbordo Nato dal nord Europa verso la Sardegna.

La notte dei Leopard

Il piazzale del porto di Giorgino, quello che un tempo era dedicato al ruolo strategico dell’Isola nei traffici marittimi tra Gibilterra e Suez, nella notte si trasforma in una “quattro corsie” di carri armati, tra cui i Leopard, da tutti i “guerrafondai” più esperti, definiti i più potenti al mondo. Una colonna marciante infinita, non meno di un centinaio di carri armati, che nella notte si avventura sotto scorta prima nella statale 130, presidiata da vigili urbani, forzatamente sonnambuli, costretti a bloccare incroci e semafori pur di lasciare libera l’arteria di connessione tra Cagliari e Villamassargia, per poi inerpicarsi verso Teulada. Su quei camion con rimorchio speciale c’è di tutto, dagli obici semoventi, i "Panzerhaubitze 2000", ai veicoli da combattimento della fanteria, e soprattutto un carico tanto inquietante quanto inedito, i sistemi antiaerei "Stinger", un missile terra-aria utilizzato da tutte le forze armate americane. Per “giocare” alla guerra anche i droni RQ-11 Raven, quelli in dotazione all’United States Armed Forces. Tutte armi devastanti puntate contro la Sardegna, la sua costa, le sue spiagge, il suo ambiente. Il “benessere” della Nato in terra sarda è schierato.

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