Lo scontro è titanico. Da una parte l’assalto eolico, in terra e in mare, pianificato dal Governo Draghi e dall’altra la Sardegna trattata alla stregua di una “colonia” dove scaricare migliaia di ciclopiche pale eoliche per produrre energia da utilizzare da Palermo in su. Un’Isola che vorrebbero trasformare “manu militari” in una Regione “colonia” dove deturpare coste e paesaggi mozzafiato per regalare a multinazionali del vento miliardi di euro di incentivi, tutti prelevati a piene mani dalle tasche dei cittadini. In ballo, in questa contesa, non ci sono, però, solo le mega pale eoliche da 180 metri che una multinazionale del vento, la Erg, vorrebbe conficcare a ridosso della Basilica di Saccargia, tra Nulvi e Ploaghe. La partita è molto più rilevante. L’assalto a quel diadema architettonico di pietra bianca e nera è solo la punta di un iceberg.

Il piano di Draghi

Lo Stato, infatti, è sempre più proteso ad annientare a colpi di decreti le fondamenta stesse dell’istituto autonomistico, quello che ha riconosciuto alla Regione Sardegna lo status di “Speciale e Autonoma”. Il vulnus è esemplare: Palazzo Chigi vuole radere al suolo la “specialità” della Regione sarda a colpi di decreti, ben sapendo, invece, che le prerogative statutarie hanno rango costituzionale e come tali non possono subire incursioni di lobby e faccendieri. L’assalto eolico denunciato in questi mesi dall’inchiesta dell’Unione Sarda ha fatto emergere un disegno pianificato e segreto. Un piano da far passare in silenzio, con la connivenza di tanti e il silenzio di molti. Un’operazione che i vari “boiardi” di Stato, da Ministri ai vari sottoposti di turno, hanno giustificato con una considerazione tanto greve quanto surreale: la Sardegna è la terra più ventosa dell’Italia.

Peccato che i signori del Palazzo si siano dimenticati un passaggio tanto elementare quanto fondamentale: la Regione sarda gode di altri valori costituzionalmente più pregnanti di questa ventosa constatazione meteorologica da “novelli” Bernacca. Si sono dimenticati, per esempio, di quanto “prescrive” la Costituzione, ribadito dall’Alta Corte, affermato da tutti i Tribunali sino all’ultimo grado di giudizio. Su tutte c’è, infatti, un assunto: il Governo e il parlamento possono cambiare tutte le leggi che vogliono, ma sino a quando restano leggi ordinarie non possono intaccare in alcun modo il fondamento costituzionale della “Regione Autonoma e Speciale della Sardegna”.

Si tratta, dunque, solo di difendersi. Di attrezzarsi per respingere l’assalto di Stato alla competenza esclusiva della Regione su materie come il “Paesaggio” e prerogative costituzionali che assegnano il tema dell’energia ad una competenza “concorrente”, dove senza intesa, forte chiara, nessuno può decidere sulla testa dell’altro. Ed è per questo motivo che nelle ultime ore, sul sito del Tar Sardegna, il Tribunale amministrativo regionale, è comparso il fascicolo «420» del 2022. La scansione recita: «ricorso Ordinario». L’oggetto del ricorso è racchiuso in poche righe: «Ambiente (Provincia di Sassari) – Progetto di potenziamento del parco eolico Nulvi-Ploaghe - Parere positivo alla realizzazione». Non si è fatta attendere nemmeno la «resistente»: «la società ERG, rappresentata dall’avvocato Carlo Comandè del foro di Roma». La guerra è dichiarata. La Regione Sarda, con un ricorso esemplare firmato dal neo Avvocato Generale della Regione, Mattia Pani, e dai suoi colleghi, Giovanni Parisi e Andrea Secchi, cambia strategia legale e decide di mettere a ferro e fuoco l’assalto eolico dello Stato. Non è un caso il cambio di passo: in gioco non ci sono solo le mega pale eoliche davanti a Saccargia, ma c’è soprattutto la tenuta autonomistica dello Statuto Sardo.

Avvocatura, il nuovo corso

Sembra essere questo il tema dirimente del nuovo corso dell’Avvocatura generale, tutto proteso a difendere ad ogni costo le prerogative costituzionali della Sardegna. Il ricorso della Regione contro il governo sul decreto-delibera di Palazzo Chigi è di fatto il primo faccia a faccia giudiziario con Palazzo Chigi da quando la Giunta regionale ha formalizzato l’istituzione dell’Avvocatura Generale. Un mandato evidentemente chiaro, politico e istituzionale, teso a contrastare in ogni modo le scorribande dello Stato a partire dal “Paesaggio” sino alle “questioni energetiche”. Il ricorso contro le mega pale da 180 metri d’altezza che la multinazionale Erg vorrebbe piazzare a ridosso della Basilica di Saccargia è solo l’anticipo dello scontro che si giocherà nelle prossime settimane contro il “decreto Energia Sardegna”, l’atto interministeriale con il quale il governo ha deciso di trasformare l’Isola in una vera e propria “colonia energetica di Stato”.

La partita-scontro, però, inizia sulla Basilica di Saccargia. Un campo di battaglia dove sono riassunte tutte le questioni “costituzionali” che si materializzano nell’affronto di Palazzo Chigi che, infischiandosene di sentenze di Tar e Consiglio di Stato, della totale contrarietà allo scempio da parte del Ministero dei Beni Culturali e della Regione Sarda, ha deciso di firmare un decreto con il quale autorizza gli ex petrolieri della Erg ha piazzare 27 pale da 180 metri d’altezza l’una, grattacieli d’acciaio da 60 piani, proprio a ridosso del proscenio della chiesa della SS. Trinità di Saccargia. In realtà quel che più colpisce nel decreto di Draghi, impugnato dalla Regione, è proprio il dispregio più totale del pronunciamento prima del Tar Sardegna e poi la conferma della Quarta sezione del Consiglio di Stato.

Le pale di elicottero

Il Governo Draghi, però, non ci aveva fatto caso e per superare la netta contrarietà delle Soprintendenze aveva emesso un decreto a maggio scorso con il quale aveva dato il via libera a quello sfregio. Ora la Regione ha deciso di reagire. Il ricorso potrebbe addirittura ricorrere ad un rito abbreviato, con una richiesta di sospensiva di quel provvedimento, visto che nel frattempo, a tutti i pareri contrari, si sarebbe aggiunto anche quello del Corpo Forestale che con una relazione durissima avrebbe messo nero su bianco la propria contrarietà.

L’argomentazione è senza appello: con quelle pale eoliche alte 180 metri sarebbe a rischio l’utilizzo degli elicotteri antincendio in una delle aree ambientalmente più sensibili del territorio, compresa l’incolumità dei centri abitati limitrofi. Non solo, dunque, i fatti pregnanti sul piano costituzionale ma anche un elemento oggettivo “urgente” che rende impellente fermare quel progetto. Per il resto lo scontro è tutto sulla Carta delle leggi. La Regione del resto può contare su una decisione del Consiglio di Stato, ultimo grado di giudizio amministrativo, che nemmeno sei mesi fa, sullo stesso argomento e progetto, aveva già inciso, con lo scalpello della Costituzione, il verdetto contrario a quello sfregio sia alla Basilica che alle prerogative costituzionali della Regione. La scansione del verdetto del Consiglio di Stato è blindato nel ricorso dell’Avvocatura regionale. A rendere il caso un manuale di diritto Costituzionale comparato con il diritto regionale “speciale”, non sono solo le due sentenze, prima del Tar e poi della massima assise amministrativa, ma soprattutto i richiami puntuali alle decisioni della Corte Costituzionale.

Il Consiglio di Stato le richiama come scudo supremo. Il primo verdetto posto a fondamento del ricorso regionale è la decisione della Corte delle leggi sulla normativa europea in materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ricadente nella competenza legislativa “concorrente” relativa alla «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia». La tanto acclamata supremazia europea che obbligherebbe, secondo lo Stato e variegati “sudditi”, la Sardegna a dover accettare di tutto e di più viene palesemente ricondotta ad un principio sacrosanto di “competenza concorrente”, dove lo Stato non può far niente senza l’intesa “forte”, chiara e sottoscritta con la Regione Sarda. C’è di più, la Regione richiama un altro assunto costituzionale decisivo: «Il principio di derivazione comunitaria della massima diffusione degli impianti di energia a fonte rinnovabile può trovare eccezione in presenza di esigenze di tutela della salute, paesaggistico-ambientale e dell’assetto urbanistico del territorio». Come dire: la massima diffusione delle fonti rinnovabili è secondaria rispetto alla tutela di valori ben più rilevanti come la salute, il paesaggio e l’assetto del territorio. Cuore del ricorso della Regione, poi, sono tutti i gradi di giudizio precedenti.

Corte docet

Era stata la Corte Costituzionale a sancire che «le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano sono fatte salve in forza della “clausola di salvezza» e «la competenza primaria attribuita ad una Regione speciale o ad una Provincia autonoma, in materia di tutela del paesaggio, rende inapplicabili alle suddette autonomie speciali le linee guida nella loro interezza». C’è, infine, un passaggio esemplare sancito dalla massima Corte presieduta da Giuliano Amato: «Non sono comunque ammissibili, nei confronti delle autonomie speciali, “vincoli puntuali e concreti” da parte dello Stato (sentenza n. 275 del 2011)». Figuriamoci se può essere considerato legittimo un decreto-delibera di Draghi che saccheggia per sempre il paesaggio-proscenio della Basilica di Saccargia, radendo al suolo le salvaguardie costituzionali di una Regione, sino a prova contraria, ancora a Statuto Speciale.

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