In fase di Valutazione di impatto ambientale, il Piano per le opere di mitigazione del rischio idrogeologico e del rapporto della città con i suoi fiumi, Olbia le sue acque, oggi, è passato al vaglio della cittadinanza, nella consultazione pubblica, passaggio obbligato nell'iter di approvazione del progetto che negli auspici del sindaco, Settimo Nizzi, dovrebbe concludersi a fine anno. «Dal giorno in cui otteniamo tutte le autorizzazioni, contiamo di realizzare le opere in due anni», dice il primo cittadino.

Al Piano, che ha l’obiettivo di dimezzare le portate d’acqua dentro la città e di azzerare le zone ad alto rischio idrogeologico Hi4 che hanno ingessato lo sviluppo urbanistico per dieci anni, nessuna osservazione dal pubblico che ha ancora venti giorni per protocollarle. Olbia e le sue acque, illustrato dai suoi redattori, che prevede due canali scolmatori principali, uno al nord e una a sud della città, e la realizzazione di interventi di adeguamento dei trenta ponti e dei canali esistenti, «è la sintesi tra l'inderogabile esigenza di sicurezza della città e un riordino del suo sviluppo, oltre a restituire una riqualificazione di alcune zone con l'utilizzo di tutti i materiali di scavo».

Tra queste, la zona umida a ridosso della spiaggia di Pittulongu che, però, ha incassato l'osservazione protocollata da Legambiente Gallura che scrive: «Secondo lo studio del Piano si è riscontrato un’analogia cromatica tra le sabbie di Pittulongu e quelle individuate alle foci dei canali Zozò, San Nicola e Seligheddu dove per decenni si è assistito a scarichi fognari abusivi che le renderebbero incompatibili con un intervento di ripascimento a monte dell'arenile».

L’associazione ambientalista chiede analisi più specifiche: «L’analisi delle sabbie dal punto di vista cromatico, allo stato attuale, sembra troppo semplicistico, l'analisi chimica dovrebbe porre maggiore attenzione alla presenza di cloruri nei materiali di riempimento che potrebbero essere pericolosi per i sistemi di vegetazione e andrebbe fatta un'analisi mineralogica della parte limosa che potrebbe avere una componente inquinante». Tutto ciò aggiunge Legambiente, per evitare che «il riempimento di parte della zona umida non sia un intervento di mero accantonamento di inerti che comprometterebbe l'attuale equilibrio idraulico».

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