Nell’ultimo avviso pubblicato dalla Capitaneria di Porto di Olbia la Regione Autonoma della Sardegna, una delle cinque a Statuto Speciale, non è mai nemmeno citata. Il rango costituzionale dell’istituto autonomistico sardo non è di casa nell’ufficio periferico statale del Ministero delle Infrastrutture. Ignorata, come se ormai in quest’Isola si applicasse un “regime” coloniale capace di radere al suolo ogni regola, compreso il principio fondante della Carta Costituzionale che impone come un dogma la leale collaborazione tra lo Stato e la Regione. Nella trasmissione degli atti relativi all’occupazione di un miliardo e settecento milioni di metri quadrati del mare davanti alla Costa Smeralda, per capirci 170 mila campi di calcio, gli uffici di Viale Trento, sede costituzionale della Regione Sarda, non compaiono nemmeno per errore. Per il Ministero di Enrico Giovannini, in accordo con quello di Roberto Cingolani, con la super visione di Mario Draghi, la secessione è già avvenuta, al contrario.

Regione ignorata

Della Sardegna, il governo, intende farne quel che vuole, senza nemmeno comunicarglielo. “Compamare Olbia” ha inviato l’annuncio dell’occupazione a mare presentato dalla “Zefiro Vento” persino alla “Delegazione di Spiaggia di Porto Rotondo”, ma si è guardata bene dal trasmetterlo alla Regione sarda. Il passaggio non è un “incidente” diplomatico. E va ben oltre l’ufficio di spiaggia di Porto Rotondo. Quella che si sta consumando è una vera e propria resa dei conti. In questa vicenda dell’eolico non si gioca solo una partita energetico ambientale, paesaggistica ed economica, ma in ballo vi è la stessa esistenza e resistenza dell’Istituto Autonomistico, ovvero di quella Regione a Statuto Speciale sistematicamente ignorata, calpestata e offesa sul piano formale e peggio su quello sostanziale. Cingolani, il fisico diventato Ministro per grazia di Draghi & Grillo, non è di certo un gentleman delle istituzioni. Un anno fa, quando si accingeva a scrivere il decreto Energia per la “colonizzazione” della Sardegna, aveva divulgato una bozza nella quale era arrivato persino a scrivere il numero di pale che avrebbe voluto conficcare in terra e in mare nell’Isola del Nuraghi. La sua visione non era quella di una comunità regionale da rispettare, di un territorio ricco di storia, paesaggio e una natura mozzafiato da valorizzare.

Sardegna da sfruttare

L’idea era, ed è restata, quella della Sardegna da utilizzare come una “colonia” energetica dove piazzare migliaia di pale eoliche, fregandosene dell’Isola e dei Sardi, per “foraggiare” l’approvvigionamento elettrico del Continente, utilizzando il mare e la terra dei sardi per raggiungere, senza troppi sacrifici, quei parametri europei in tema di energie rinnovabili. Il decreto “Sardegna colonia energetica” non solo è vigente ma, ancor prima di un’auspicabile impugnazione da parte della Regione, si sta dispiegando con gli effetti più nefasti: non persegue un minimo riequilibrio energetico, ma impone un’ulteriore discriminazione, all’interno dello stesso territorio regionale.

Pale per 10 milioni di ab.

In meno di sei mesi in Sardegna sono stati depositati nelle Capitanerie di Porto di Cagliari e di Olbia ben 12 progetti di energia eolica offshore, ovvero in mare, a due passi dalle esclusive coste dell’Isola del sole, del turismo, della nautica, della vela, di un ambiente mozzafiato. Basterebbe un dato eloquente per capire che il Governo Draghi sta perseguendo un piano ben preciso, quello che inavvertitamente aveva scritto Cingolani nella bozza del decreto Energia. I boiardi del Ministero gli spiegarono che non era necessario dichiarare quante pale eoliche si volevano piazzare in Sardegna, ma che bastava esplicitare il via libera alla realizzazione di un cavo di connessione elettrica, il Tyrrhenian Link, per togliere l’autonomia energetica all’Isola e nel contempo trasferire tutto il surplus delle “energie rinnovabili” in Sicilia e Campania. Detto, fatto. Quei dodici progetti presentati, secondo i dati contenuti nei documenti in nostro possesso, sarebbero in grado di fornire, con la bellezza di ben 659 pale, da almeno 300 metri di altezza l’una, una potenza energetica di ben 9.885 megawatt, in pratica quanto servirebbe per dare energia a 10 milioni di persone. Dunque, la Sardegna, con un milione e 650 mila abitanti, verrebbe utilizzata, con la devastazione ambientale e paesaggistica, solo ed esclusivamente come “colonia eolica” per alimentare le reti elettriche del resto d’Italia. I sardi continuerebbero ad essere discriminati, non avrebbero l’idrogeno, che si sta progettando in Sicilia e in Puglia, e continuerebbero a pagare l’energia a caro prezzo proprio per via di quegli oneri di sistema che in Sardegna sono molto più onerosi che altrove. Dunque, il “vulnus” è a monte. Ci sono almeno tre questioni che rappresentano l’ultima spiaggia per tentare di scardinare questo assalto pianificato dal governo Draghi: la mancata leale collaborazione con lo Stato nella definizione del Decreto “Energia Sardegna”, la palese violazione della competenza “concorrente” tra Stato e Regione in materia di “Energia” e, infine, la “Tutela del Paesaggio”, compresa la “panoramica”, di competenza esclusiva della Regione.

Obbligo dell’Intesa forte

Prima di tutto la leale collaborazione. La Corte Costituzionale l’ha invocata come “conditio sine qua non” anche nell’ultima sentenza sfavorevole alla Regione in materia di Piano Casa. La Corte delle leggi ha affermato che laddove ci sia una materia concorrente, Stato e Regione devono “copianificare”, ovvero devono siglare un’Intesa forte e vincolante per entrambi i soggetti. Nel caso del decreto Energia, adottato esclusivamente per la Sardegna, lo Stato non solo non ha trovato nessuna intesa, ma ha ignorato totalmente la Regione. Il secondo elemento su cui respingere l’assalto eolico è la parte energetica del decreto. La Sardegna viene discriminata in modo sistematico. In quell’atto del Governo l’Isola non avrà diritto ad un prezzo unitario nazionale del gas, non avrà un’equa distribuzione energetica su tutto il territorio regionale, verrà utilizzata come “colonia delle rinnovabili” quando uno dei principi cardini europei è proprio quello della “prossimità”, il vento e il sole si consumano dove si trasformano in energia.

Dominus Paesaggio

Infine, il tema del “Paesaggio”. Sino ad oggi l’attenzione è sempre stata rivolta ad una visuale dal mare verso la terraferma. Oggi il punto di osservazione, per la prima volta, si ribalta. La “panoramica” in una regione insulare ha, infatti, un altro punto di osservazione, quello dalla terraferma verso il mare. Un tema giuridico tutto da esplorare, da mettere, però, immediatamente in campo per difendere la Sardegna dall’assalto degli speculatori. A ribadire il tema, del resto, era stato qualche mese fa il Consiglio di Stato che affermava: «La Regione Autonoma della Sardegna, in base al proprio Statuto, ha competenza legislativa primaria nel disciplinare gli aspetti paesistico-ambientali del proprio territorio, in ciò differenziandosi dalle Regioni cui tale competenza non è attribuita, ben potendo, quindi, la suddetta Regione individuare, con maggiore autonomia rispetto alle Regioni ordinarie, le aree non idonee all'insediamento di impianti eolici considerato che la puntuale applicazione delle linee guida statali, nei confronti della Regione Autonoma della Sardegna, incontra il limite di competenza inerente ai profili di tutela del paesaggio».

Mattarella docet

A porre il sigillo della Legge delle leggi contro l’assalto di questi Signori del vento è nientemeno un giudice Costituzionale divenuto, poi, Capo dello Stato. Nel 2014, infatti, Sergio Mattarella, allora Giudice della massima Corte, aveva esplicitamente messo nero su bianco un concetto imprescindibile: «Evitare che una installazione massiva degli impianti (eolici) possa vanificare gli altri valori coinvolti, tutti afferenti la tutela, soprattutto paesaggistica, del territorio». Per adesso la Regione ha preso tempo. Il 30 giugno, però, scadono i termini per l’opposizione al piano eolico a mare Gallura-Baronia, a fine luglio scadono i sessanta giorni per impugnare il decreto Energia. La scelta è tra difendere la “Regione Speciale”, oppure rassegnarsi a diventare una misera "colonia energetica” di Stato, al servizio delle lobby energetiche, molto spesso persino straniere.

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