Il testo è pronto. Da giorni l’ultima stesura viaggia con il “vento in poppa” tra le mail riservate di Palazzo Chigi e quelle di tre Ministeri: Ambiente, Riforme e Pubblica Amministrazione. La missione è scritta nei report del Pnrr, quelli che monitorano i programmi del padre-padrone di Bruxelles: sulle rinnovabili ci sono troppi ritardi, la speculazione non viaggia come dovrebbe e gli uffici della Commissione Europea starebbero per inviare un richiamo alle diplomazie di Roma.

Tavola rotonda

La grande “tavola rotonda” della speculazione energetica è insofferente: chiede un colpo di mano per cancellare ogni resistenza e mettere a segno, senza ulteriori perdite di tempo, il “colpaccio” delle rinnovabili. Il decreto è legislativo, come da delega che il Parlamento ha affidato al Governo. Da mettere insieme ci sono procedure e tempistiche, tutte legate alla corsa contro il tempo per accontentare lobby e faccendieri vari, multinazionali di Stato e straniere.

Accordo di facciata

Da una parte c’è un accordo sul decreto delle «aree idonee», con qualche apparente contentino che infligge alla Sardegna uno dei colpi più duri di questa “storiaccia” eolico-fotovoltaica, dall’altra decreti di rango legislativo superiore rispetto a quello firmato da Pichetto Fratin, il Ministro del vento e del sole, d’intesa con le Regioni. Il Governo, sul decreto delle «aree idonee», era stato costretto, per concorrenza di materie, a chiedere l’intesa delle Regioni. In quel testo, però, non si è messo molti problemi a far passare qualche inutile concessione alle Regioni, sapeva già in partenza che per il “colpo di mano” finale avrebbe agito indisturbato, con un decreto legislativo, senza nemmeno un voto del Parlamento. Detto fatto: in queste ore i tecnici di Palazzo Chigi, con quelli dei vari dicasteri coinvolti, stanno definendo i dettagli dell’ennesimo provvedimento studiato in ogni minimo dettaglio per “imporre” a Comuni e Regioni regole e tempi impossibili, introducendo per la prima volta nel regime autorizzativo di pale eoliche e pannelli fotovoltaici il «silenzio assenso».

Imposizioni di Stato

Un vero e proprio “colpo di mano” con un titolo eloquente: «Testo unico in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili». Il cuore del provvedimento è tutto all’articolo tre, una norma bulldozer, capace di spazzare via ogni resistenza, da quelle ambientali, intese nel significato più nobile, a quelle archeologiche. Un articolo che sembra scritto dalla mano di un lobbysta in missione nei Palazzi di Roma, una norma che in altri tempi avrebbe fatto sobbalzare chiunque con un’accusa precisa: interessi privati in atti d’ufficio.

Finto interesse pubblico

Già il titolo della norma racconta la “farsa”: «Interesse pubblico prevalente». Non si capisce quale sia l’interesse pubblico, ma di certo si capisce che gli affari privati e la speculazione energetica viene prima di tutto. Non si tratta di una semplicistica traduzione, ma esattamente quello che è stato previsto nella norma già passata al vaglio dei vertici ministeriali. Scrivono: «In sede di ponderazione degli interessi, è accordata priorità agli interventi di cui all’articolo 1, comma 1, in conformità al principio dell’interesse pubblico prevalente alla diffusione dell’energia da fonti rinnovabili ai sensi della direttiva 2018/2001/UE, del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018».

Prevaricazione

Nel disciplinare la norma usano una chiarezza esemplare: «priorità» assoluta «per la costruzione ovvero l’esercizio degli impianti di produzione e dei sistemi di accumulo di energia da fonti rinnovabili, per gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale degli stessi impianti, nonché per le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio dei medesimi impianti». Una disposizione che lascia ben comprendere l’effetto: tutela del paesaggio, vincoli paesaggistici o quant’altro rientri nelle competenze concorrenti dovrà cedere il passo a questa norma “spazzatutto”, lasciando in piedi l’unica priorità: la speculazione energetica ammantata persino dei favori del «pubblico interesse».

“Salmo” di Stato

Gli uffici di Stato non fanno mancare nemmeno le frasi di circostanza, quasi una raccomandazione: vi facciamo fare di tutto, ma fatelo con coscienza. Il “salmo” di Stato è senza pudore: «Gli operatori economici garantiscono la massima diligenza allo stato della scienza e della tecnica nella costruzione e nella gestione degli impianti e dell’energia prodotta, la trasparenza delle informazioni e la leale cooperazione ai fini delle necessarie verifiche».

Deregulation

Il testo del Decreto legislativo, giunto alle battute finali, prevede tre «regimi» autorizzativi: «attività libera, procedura abilitativa semplificata e autorizzazione unica». Nell’attività «libera», senza alcuna autorizzazione, rientrano impianti fotovoltaici da 1 a 10 megawatt e interventi di revamping di non poco conto anche per l’eolico, nella «procedura semplificata», invece, sono compresi, tra gli altri, «impianti fotovoltaici e agrivoltaici installati a terra ubicati nelle zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento». In questo caso, per gran parte degli interventi “semplificati”, scatta il silenzio assenso: «Qualora non venga notificato al soggetto proponente un espresso provvedimento di diniego entro il termine di venti giorni dalla presentazione del progetto, il titolo abilitativo si intende acquisito senza prescrizioni».

Il colpaccio

Infine, la norma che riguarda i grandi progetti: fino ai 300 megawatt di competenza della Regione, superiori dello Stato. Le scadenze in questo caso sono a tamburo battente: dai cinque giorni ai trenta. Alla fine dei conti i tempi dovranno rispettare l’imposizione di Stato: «Il termine di conclusione della conferenza è di centoventi giorni decorrenti dalla data della indizione della Conferenza di Servizi». In pratica la stragrande maggioranza dei progetti presentati in Sardegna risultano aver già superato quei termini. Quando arriveranno le “pseudo” «aree idonee» potrebbero essere già tutti approvati. Gli speculatori si preparano a brindare, in terra sarda.

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