Poveri in canna. Nemmeno i soldi per versare alle casse dello Stato quell’elemosina necessaria per costituire una modesta società a responsabilità limitata. Quando si sono presentati davanti a Lorenzo Cassano, notaio ai confini del Gargano, in terra di Puglia, nel comune di San Severo, hanno scelto la strada più lontana e meno onerosa per lo sbarco nella costa del Sulcis, davanti alle Tonnare di Portoscuso, a cavallo tra Porto Flavia e il Pan di Zucchero. Il primo dichiara di conoscere la lingua italiana, sia parlata che scritta, il secondo non ha bisogno di metterlo nero su bianco. Eppure, i due soci, nonostante le distanze opposte, uno dalla Catalogna indipendentista, l’altro dal Tacco d’Italia, si sono incontrati. Non per caso, si potrebbe dire.

Barcellona & Puglia

Sarebbe impossibile immaginare un connubio casuale nella terra degli ulivi, luogo prescelto per pianificare l’assalto, l’ennesimo, al vento di Sardegna. Certo, ce ne vuole di fantasia per partire dalla strada che spezza in due la ribelle Barcellona, dal quarto piano del 511 dell’Avenida Diagonal, per raggiungere un modesto centro abitato dell’entroterra pugliese, a due passi da San Giovanni Rotondo. La missione era premeditata a distanza: costituire la “Wind Alfa S.r.l.”, la più anonima e inattiva società dello scacchiere eolico-affaristico, pronta a scalare il mare magnum sardo con gigantesche pale a mare da conficcare nel bel mezzo del proscenio illibato della costa del Sulcis-Iglesiente, davanti a Portoscuso.

I soci dell’assalto

Juan Fernando Gonzalez Mateo, spagnolo de La Coruña, è il primo dei due soci. All’apparenza sembra anche quello che conta di più: nella società registrata all’Agenzia delle Entrate di Foggia si è assegnato il 99% delle quote azionarie. Alessandro Mundi, invece, commercialista di San Severo, non avrà molto da dire, per quel suo un per cento di quote. Il notaio li interroga sulla sede legale della neonata società. Rispondono all’unisono: San Severo, provincia di Foggia, in Via Don Felice Canelli n. 21. Per adesso niente insegne luminose, la sede sarà all’interno di un fascicolo conservato nello studio del commercialista pugliese. Durata della società è fissata al 31 dicembre del 2070. Giusto il tempo di far girare le pale nel mare del Sulcis.

Quote da elemosina

Se le tempistiche sono ambiziose, i denari scarseggiano. Tasche vuote quando c’è da versare l’obolo di Stato per la costituzione della società. La dichiarazione finanziaria messa a verbale è disarmante, al cospetto degli investimenti miliardari che brulicano nei sogni dei signori del vento. Dei diecimila euro che avrebbero dovuto versare per l’intero capitale sociale preferiscono non dissanguarsi. Tra tutti e due versano appena 2.500 euro, Gonzalez Mateo, lo spagnolo, stacca un assegno circolare non trasferibile di 2.475 euro, l’altro socio non si scompone: versa venticinque euro «in buona valuta legale». Pochini, visto che nei giorni scorsi hanno bussato alle porte del Ministero della Sicurezza Energetica, e poco dell’Ambiente, per presentare un progetto miliardario per sbancare il vento che spazza il mare tra Carloforte, Portovesme e Porto Flavia. Un assalto devastante in piena regola con una foresta di ben 63 pale eoliche, tra i 270 e i 300 metri d’altezza ciascuna, pronte a calpestare dignità e paesaggio, con un’invasione talmente insensata quanto speculativa visto che quel groviglio di ferraglia da piazzare in mezzo al mare dovrebbe disporre di una potenza di ben 945 megawatt, tanti da produrre energia per dare elettricità a quasi un milione di abitanti.

318 pale a mare

Peccato che quel progetto vada a sommarsi ai precedenti già presentati in quello stesso mare, per un insieme di ben 318 pale ciclopiche, alte quanto la Torre Eiffel, capaci complessivamente di produrre energia elettrica per quasi cinque milioni di abitanti. Una follia, se si pensa che il Sulcis supera di poco i centomila abitanti, mentre l’intera Sardegna ne ha un milione e seicentomila. È fin troppo evidente che il progetto non ha niente a che fare con la transizione energetica, ma si inserisce in quel piano di Stato teso a violentare il mare sardo con un vero e proprio assalto eolico senza precedenti.

Mistero spagnolo-pugliese

Quel che ancora una volta lascia interdetti è l’architettura “straniero-affaristica” che si cela dietro questo nuovo progetto, rimasto blindato nei meandri del Ministero visto che ancora non sono stati resi pubblici gli atti sui quali si stanno prolungando le «verifiche amministrative». Come è possibile che il mare del Sulcis venga preso di mira da una società con appena 2.500 euro di capitale versato, con un socio al 99% che arriva nientemeno dalla Catalogna e si trasforma in neo-colonizzatore dell’Isola con una compagine registrata addirittura nell’estremità pugliese? Un interesse, quello che si propaga dalla Puglia verso il vento sardo, che non solo cela l’ingordigia di quelle multinazionali che fanno leva su “veicoli” societari costituiti nel più totale anonimato, ma che si somma a diverse operazioni “pugliesi” che stanno agitando i porti sardi. Non è un segreto che società pugliesi, nonostante non avessero dichiarato i requisiti necessari per la concessione, si siano viste affidare la gestione di banchine portuali, come quelle di Arbatax, con il dichiarato intento di mettersi al servizio delle centrali eoliche a mare.

Algeria docet

Un piano, come nel caso del progetto spagnolo-pugliese di “Wind Alfa”, che ignora totalmente il continuo sovrapporsi di progetti eolici offshore in uno specchio acqueo, quello del Sulcis, che risulta ormai da tempo, per l’inerzia e negligenza dello Stato italiano, nella disponibilità della Zona Economica Esclusiva dell’Algeria che, già dal 2018, aveva spostato i suoi confini marittimi verso le coste sarde. Gran parte dei progetti presentati in quello specchio acqueo sono posizionati tra le acque territoriali e quelle delimitate dal decreto algerino verso il quale l’Italia non solo non ha fatto niente per bloccarlo, ma sul quale persiste un silenzio assenso pericolosissimo anche sul fronte della sicurezza.

Assalto di Stato

In questo scenario di “assalto” al mare sardo si inquadra il decreto approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri. Un provvedimento che tenta di “premiare” a suon di denari le Regioni che si dovessero piegare all’arrembaggio eolico, ipotizzando due poli nel sud Italia per realizzare progetti sperimentali, sia per la costruzione che per l’installazione di pale eoliche a mare. Un decreto che conferma il tentativo del Governo di avallare la grande lobby dell’eolico, senza definire preliminarmente i quantitativi energetici da assegnare ad ogni singola Regione. Il fatto che le società si stiano concentrando sulla Sardegna scatena, però, il sospetto che dietro questa operazione ci sia un piano studiato a tavolino per trasformare l’Isola in una vera e propria colonia energetica dell’Italia.

Blitz del governo

Il Governo, entro sei mesi, dovrà individuare due aree demaniali marittime con il relativo specchio acqueo antistante, entro il limite delle acque territoriali, per la costituzione di un polo strategico per l’eolico galleggiante in mare. Dettaglio non di poco conto è quello che nega alle Regioni il potere di esprimere l’Intesa con lo Stato sull’individuazione di quelle aree. Nel decreto sottoposto all’approvazione del Consiglio dei Ministri è previsto, infatti, che le Regioni vengano solo sentite. Una disposizione che lascia aperto ogni scenario, compreso quello del blitz di Stato verso la Sardegna. E del resto da mesi nei porti dell’Isola si insediano società variegate, da quelle a matrice pugliese, ad Arbatax, sino a quelle con i soci dalla residenza venezuelana, nel Porto Canale di Cagliari. Tutte con un unico comune denominatore: gli affari eolici nel mare di Sardegna.

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