Tremila devoti a piedi, 20 tracas con 270 costumi a bordo, 66 Comuni rappresentati, 56 miliziani, 170 devoti a cavallo, 2000 posti nelle tribune, 60 suonatori di launeddas, 5 cori polifonici, 77 associazioni folkloristiche. E una folla di decine di migliaia di spettatori. Sono i numeri della festa di Sant’Efisio numero 367,  in scena oggi a Cagliari.  

A partire dalle 8 tutte le fasi  in diretta su Videolina, sul sito Unionesarda.it e la cronaca sarà on air anche su Radiolina. 

Alle 10 la partenza delle tracas (quest’anno sono 20), genuina espressione dei sentimenti di affetto e gratitudine nei confronti del “protettore poderoso”. A seguire, nell’emozionante sequenza della processione, i fedeli a piedi con gli abiti che esprimono senso di appartenenza e identità: tremila persone con in arrivo da tutta la Sardegna.

Alle 11 la messa dell’Alter Nos, Roberto Mura, che, dopo aver ricevuto a Palazzo Bacaredda l’investitura ufficiale dal sindaco, raggiunge la chiesetta di Stampace, cuore del culto efisiano (nella cripta sono previste messe ogni ora a partire dalle 7 e sino alle 10).

Alle 12 il Santo nel cocchio di gala, trainato dai buoi “No d’acquistasa” e “Chi sighisi aicci”, messi a disposizione dalla famiglia Satta di Domusnovas, lascia la sua “casa” per ricevere il caloroso saluto dei fedeli. Lo accompagnano la Guardiania, il rappresentante della municipalità, consorelle e confratelli dell’arciconfraternita del Gonfalone. Il corteo, animato anche dai miliziani (56) e dai devoti a cavallo (170), attraversa via Azuni, piazza Yenne, corso Vittorio Emanuele, via Sassari, piazza del Carmine, le vie Crispi, Angioy e Mameli, il largo Carlo Felice, via Roma (lato Comune), via Sassari (parte bassa) viale La Playa, prima della tappa a Giorgino. È il viaggio verso il luogo del martirio, a Nora.

Nella speciale ricorrenza degli 80 anni dai devastanti bombardamenti anglo-americani, sfilano i sindaci di 81 Comuni che hanno accolto i cagliaritani costretti, in quel tragico 1943, a lasciare la città. Il corteo partirà da piazza Yenne: un segno di gratitudine e riconoscenza per la premurosa ospitalità in tempi difficili.

(Unioneonline)

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