Aldo Zucca, in particolare: è stato pizzicato più volte al telefono in conversazioni che i carabinieri del Noe valutano compromettenti al punto da definirlo "il regista". Nell'informativa consegnata al pm Daniele Caria gli inquirenti hanno inserito alcune telefonate con Lamberto Barca, intermediario nella gestione dei rifiuti tra la Portovesme e la Tecnoscavi di Massimo Pistoia, tutti indagati.

Zucca: dove sei?

Barca: al parco rsu.

Z: com'è, vuoto?

B: sì, ieri abbiamo fatto 4 carichi e adesso gli altri due, adesso prima puliamo poi ci mettiamo tutto dentro così rimane, adesso di quello che tu avevi visto, ce n'è un quarto e col tempo, piano piano....

Z: bisogna azzerarlo subito, capito?

Secondo i carabinieri Zucca ha ritagliato un ruolo preciso per Barca che nei suoi confronti era in una condizione di subordinazione. Durante un controllo del Noe Zucca esortava Barca: «Non metterti in una posizione visiva perché, non voglio che ti vedano, poi quando arrivo io...».

Barca: «Io aspetto che ti mi dica cosa fare».

Zucca: «Ho paura.. siccome ti stanno puntando su qualche cosa, non me lo toglie nessuno dalla testa, capito?».

Il ruolo di Zucca secondo gli inquirenti è fondamentale, visti pure i contatti con Danilo Baldini che analizzava i rifiuti. Una volta si è arrabbiato col chimico e gli ha gridato al telefono: «Mi devo preoccupare di tutto io».

Con l'accusa di traffico illecito di rifiuti nocivi l'indagine coinvolge nove persone: oltre Zucca, Pistoia, Barca e Baldini sono indagati la dirigente della Portovesme Maria Vittoria Asara, i dipendenti della Tecnoscavi Larbi El Oualladi, Stefano e Giampaolo Puggioni, il proprietario terriero Egidio Ortu. Tutto è partito da una telefonata anonima che segnalava attività illecite nella gestione dei rifiuti in una cava di Settimo San Pietro: venivano interrati scarti provenienti dalle industrie del Sulcis Iglesiente. Controlli, appostamenti, pedinamenti, sorvoli con elicotteri, intercettazioni: alla fine è saltato fuori che dallo stabilimento della Portovesme partivano decine e decine di camion carichi di rifiuti pericolosi e nocivi ad alta concentrazione di metalli. Venivano portati in due distinte cave, a Serramanna e Settimo San Pietro, dove venivano miscelati con altro materiale e poi riutilizzati dalla Tecnoscavi di Pistoia per la costruzione di fondi stradali. Il Noe ha accertato che quel materiale è stato usato pure per gli spiazzi antistanti l'ospedale cagliaritano Businco e la cittadella universitaria di Monserrato. La cava è stata sequestrata così come il vascone interno allo stabilimento di Portoscuso dove venivano stoccati i rifiuti prima del trasporto: i tecnici della Provincia di Cagliari hanno effettuato i campionamenti che hanno svelato la presenza di arsenico, piombo, zinco, cadmio, rame, nichel, solfati e fluoruri in alta concentrazione prima di restituirla ai proprietari.

Attraverso gli avvocati Luigi Concas e Francesco Onnis, Zucca e la Asara chiariscono che la Portovesme aveva dato incarico ad altre società di curare lo smaltimento dei rifiuti, la Portovesme ha pagato le fatture senza lucrare un centesimo. Anche Barca respinge tutte le accuse e, tramite l'avvocato Massimiliano Ravenna, dice di aver fatto solo da intermediario, di tutto il resto non sa nulla. Il problema è uno solo: aveva contattato Pistoia (difeso da Riccardo Floris) che non aveva le autorizzazioni.

MARIA FRANCESCA CHIAPPE
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