Parlano i numeri, nonostante il silenzio dei Palazzi. Cifre scolpite sulla tavola delle imposizioni di Stato sin dall’articolo uno di un decreto attuativo che non ha mai visto la luce. Quella norma invocata dal nefasto decreto del Governo Draghi sulla grande speculazione energetica attende il varo già da luglio del 2023, giusto per tentare di alleviare la percezione dell’anarchia che aleggia come uno spettro sugli orizzonti dell’Isola. Lo hanno chiamato decreto sulle «aree idonee». L’intento era quello di infondere l’illusione collettiva che pannelli e pale si potessero conficcare solo in poche aree elette al supremo altare dell’incentivo di Stato.

Illusione

Un’illusione, appunto. Niente di più che un’ingannevole "idoneità”, funzionale a nascondere i piani di lobby e potentati di Stato, tutti protesi a fare soldi in terra di Sardegna. Le poche e fumose parole dei primi approcci tra Governo e Regione nel post elezioni parlano di “avvicinamento”, ma nessuno ha idea su cosa realmente le posizioni si sarebbero “avvicinate”. Certo è che il dicastero di Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e Sicurezza Energetica, all’articolo due di quella bozza di decreto, ufficialmente sottoposto all’attenzione della Conferenza delle Regioni, ha messo nero su bianco una tabella, elaborata da chissà chi, dove si evince un dato inequivocabile: la Sardegna è la Regione che paga più di tutte l’invasione eolica e fotovoltaica pianificata nei sobborghi affaristici della Capitale.

L’inganno dei numeri

Basti solo un dato: l’Italia sta pianificando di produrre da qui al 2030 la bellezza di 80.001 megawatt di potenza di energia rinnovabile. Nel decreto, in perenne dirittura d’arrivo, è prevista l’individuazione della «ripartizione fra le Regioni e le Province autonome dell’obiettivo nazionale al 2030 di una potenza aggiuntiva pari a 80 GW da fonti rinnovabili, necessaria per raggiungere gli obiettivi fissati dal Pniec e rispondere ai nuovi obiettivi derivanti dall’attuazione del pacchetto “Fit for 55”, anche alla luce del pacchetto “Repower UE».

La scusa d’Europa

In pratica, con questo primo articolo, si pianifica la distribuzione di quel carico di pale e pannelli sul territorio italiano, con la “scusa” sempre pronta dei “pacchetti” di Bruxelles.

Il silenzio “strabico”

In questo scenario di apparente “tira e molla”, però, nessuno ha ancora chiarito per quale motivo la Sardegna in questo piano maldestro e strabico debba farsi carico del triplo, in alcuni casi quasi il quintuplo, della produzione energetica eolica e fotovoltaica rispetto a qualsiasi altra regione italiana. Secondo i “paradigmi” di Stato, alla Sardegna vengono imposti ben 6.203 megawatt di produzione “rinnovabile “ aggiuntiva, mentre un riparto proporzionale rispetto al parametro della popolazione, e quindi dei consumi, ne sarebbero spettati appena 2.129.

Spediteli in Sardegna

Se si usa l’indicatore pro-capite il raffronto tra il cittadino sardo e quello lombardo è disarmante. Al milanese sono stati assegnati 0,0008 megawatt di produzione rinnovabile, al cagliaritano, invece, ben 0,0039 megawatt, ovvero cinque volte di più. Non cambia il raffronto con altre regioni, ai sardi spettano pannelli e pale in misura doppia rispetto ai siciliani, sei volte in più dei liguri e dei campani, quattro volte in più di veneti, toscani e piemontesi.

Spediteli in “colonia”

Insomma, in base a quella tabella, inspiegabile sia sul piano numerico che concettuale, se non con la logica coloniale, lo Stato decide d’imperio di scaraventare sull’Isola un quantitativo di impianti eolici e fotovoltaici totalmente sproporzionato, giustificato solo da alchimie da “basso impero”. Basterebbero questi primi articoli per rispedire al mittente bozza e presupposti di questo “bislacco” decreto attuativo proposto dal Governo.

“Dignità” autonomistica

Accettare questo primo assunto, infatti, significherebbe soccombere senza alcuna “dignità” autonomistica all’imposizione di Stato. A questo si aggiunge un altro elemento incontrovertibile: quei 6.200 megawatt di energia “rinnovabile” imposti alla Sardegna sarebbero del tutto inutili all’Isola, figuriamoci i 57.000 megawatt richiesti per la connessione a Terna. Tutta energia che finirebbe per essere “buttata” o accumulata in devastanti distese di batteria al litio cinese, proprio perché nessuna infrastruttura potrebbe mai “trasferirla”nel Continente, nemmeno il nefasto cavo-guinzaglio del Tyrrhenian Link. Un’infrastruttura inutile, funzionale solo a “buttare” in mare una montagna di denari pubblici, 3,7 miliardi di euro, per incoraggiare gli speculatori a devastare l’Isola a suon di aerogeneratori da 250 metri d’altezza o distese infinite di pannelli cinesi, simbolo della nuova colonizzazione del Dragone in terra sarda.

Nessuno lo dice

Nessuno lo dirà mai: in quei numeri riportati nella bozza di decreto, sul quale la Regione sarda deve esprimere il proprio assenso o dissenso, c’è scritto, senza troppi preamboli, che l’Italia vuole scaricare il peso delle imposizioni europee nella terra più lontana, in quella più disabitata, dove si è pochi a fronte di un territorio che Roma considera immenso. Nel farlo il Governo non tiene conto nè della condizione insulare, tantomeno del fatto che la Sardegna è da sempre l’unica Regione senza metano. Alla faccia dell’insularità e del riequilibrio.

(2.continua)

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