I tracciati radar sono sospesi in mezzo al mare. Le fortezze galleggianti, con la bandiera russa ammainata, solcano le acque tra la Francia e la Corsica con la circospezione notturna di chi vuole passare inosservato. Quel lusso sfrenato che costeggia il Tirreno non ha una meta dichiarata. Unica avvisaglia è la tempistica, troppo presto per svernare nella baia dei russi, nel cuore della Costa Smeralda. Qui, a ridosso dell’eremo del Principe, la calma è piatta, come se l’estate fosse ancora agli albori, nonostante il calorimetro abbia già sfondato il muro dei trenta gradi. In realtà nei tornanti rigogliosi tra Marinella e Portisco è ancora tempo di camper e motociclisti viandanti.

Anticipo d’alto bordo

Troppo presto per quel mese da mille e una notte, tra fine luglio e fine agosto, fatto di yacht, champagne e alto bordo. Le previsioni da tempo non guardano più le temperature, seguono piuttosto i meteo sanitari e ora quelli bellici. Non ci vuole uno stratega del turismo per immaginare che di russi, dei loro conti milionari, delle ville tutto lusso e sfarzo, quest’estate si vedrà ben poco. Sanzioni, tensioni, divieti e “russofobia” non incentivano la corsa all’eremo dei Putin’s in terra sarda. Chi si affaccia anche solo per un attimo in quelle distese d’azzurro della Costa Smeralda non passa inosservato. I porti, quelli lontani dai traghetti dell’Isola Bianca, sono desolatamente vuoti o quasi. Porto Cervo e Porto Rotondo attendono il tutto esaurito dal mese prossimo, le banchine sono spoglie senza i giganti del mare, quelli che ti fanno correre a scrutare la bandiera sconosciuta di un paradiso fiscale più piccolo di Tavolara, la proprietà e la cifra stratosferica del valore della villa con poppa e prua.

La notte dei “russi”

Eppure nelle ultime ore, o meglio nelle ultime notti, i radar della Costa Smeralda hanno segnato presenze tanto inattese quanto segrete. Gli unici a registrare i movimenti sono i circuiti internazionali dell’investigazione finanziaria, quelli che stanno monitorando i movimenti di capitali, yacht e jet di tutto l’establishment di Putin in giro per il mondo. Sotto controllo ci sono i nomi noti, da Usmanov a Ibraimovich, da Aven a Deripaska, ma ci sono anche quelli che apparentemente sono seconde fila dello Stato oligarchico fuori dai confini di Mosca. Ed è per questo motivo che non potevano sfuggire al controllo satellitare due yacht riconducibili a uomini di primo piano delle scalate finanziarie russe, tutte legate al petrolio e agli investimenti tecnologici. Tutti mezzi da sbarco con proprietari russi, criptati, però, nelle residenze di Londra e Lussemburgo. In questo eremo di Sardegna turistica, un po’ araba e un po’ russa, il primo a mettere l’ancora nel cuore della baia di Marinella è uno yacht di cui si conosce solo la bandiera, manco a dirlo delle Isole Caiman, paradiso fiscale.

Il primo a Marinella

I ben informati segnalano l’imbarcazione legata al circuito russo in prossimità delle coste della Sardegna. L’arrivo è segnato all’una e 48 del mattino. La proprietà del navigante di lusso per tutta la notte è incerta. I primi dati di monitoraggio del circuito internazionale sulle sanzioni lo attribuiscono nientemeno che al Presidente della Lukoil, Vagit Alekperov. È solo all’alba che si svela il nome della “barchetta” piazzata tra la Spiaggia dei Sassi e quella di Shirley Bassey, quella di James Bond. Il primo attracco russo in mare sardo dallo scoppio dell’invasione di Putin in Ucraina è del “Belongers”, uno yacht non imponente come il “Dilbar” di Alisher Usmanov, ma con cinquanta metri di lusso e sofisticazioni informatiche di tutto rispetto.

L’uomo dei Putin’s

Il proprietario risulta Alexei Reznikovich, un nome coperto da passaporto del Regno Unito, ma con una storia tutta russa, dalla nascita in terra di Mosca all’incontro con uno dei dieci uomini più ricchi di Russia, Mikhail Maratovich Fridman, il cofondatore insieme a Peter Aven di una delle più imponenti banche russe, l’Alfa Bank. Un uomo a cui Fridman, patrimonio da 16 miliardi di dollari, entrato a pieno titolo nelle sanzioni Ucraina 2022, ha affidato i ruoli più importanti e delicati sino alla guida del colosso russo-europeo “LetterOne”, impegnato su tutti i fronti più redditizi del business in Occidente. L’arrivo del “Belongers” e la scelta di ormeggiarsi in rada, davanti a Porto Rotondo, confermano la scelta di riservatezza per i passeggeri a bordo che nelle ultime ore hanno “osato” muoversi solo per un’incursione nell’isola più americana di tutte, quella di Santo Stefano.

Lo sbarco a Portisco

Sul fronte più a nord, nell’eremo di Portisco, baia russa per antonomasia con beni immobiliari da 105 milioni di euro già sequestrati all’oligarca Alexey Mordashov, nella notte tra la fine di maggio e l’inizio di giugno, ha ormeggiato il panfilo “Sibelle”, silhouette da gigantesco ferro da stiro di proprietà di Alexander Zhukov, russo a tutti gfli effetti, ma con il lasciapassare inglese. Residenze sparse tra Sardegna, Londra e Mosca. Il suo yacht, altri 50 metri di lusso, ondeggia tra la defilata Portisco e Cala di Volpe. Lui, ricco come un oligarca è, però, meno ricco di suo genero, Roman Abramovich, fortuna che per lui sfiora i nove miliardi di dollari. Zhuchov, da non confondere con l’ex vice di Putin, stesso nome e cognome, ha rimpinguato le sue casseforti con petrolio e una catena interminabile di società offshore finite nel grande scandalo dei Panama Papers.

L’emiro resta a terra

Base a Londra, ma affari ben saldi proprio tra Russia e Ucraina. Il suo yacht non è stato apparentemente fortunato nell’ormeggio nel porto gallurese. Gli è spettato come vicino di bitta nientemeno che il gigantesco "Sarafsa", il super yacht da 82 metri di lunghezza che sino a qualche giorno fa risultava del principe Fahad Bin Sultan, governatore della provincia di Tabuk in Arabia Saudita, Ma come spesso capita anche i ricchi piangono, o meglio non saldano i debiti. La più importante banca della blindatissima Svizzera ha puntato la prua contro il magnate saudita accusato di non aver rimborsato milioni di interessi e prestiti che ha contratto per rifinanziare la sua gigantesca villa inglese e il suo superyacht. Il Credit Suisse Group non glielo ha mandato a dire e ha intentato una causa dalla cifra stratosferica di 78 milioni di dollari pari agli interessi e prestiti che l’emiro aveva contratto per finanziare il suo superyacht e la villa del Surrey.

Salpa Credit Suisse

Il ciclopico eremo galleggiante, bandiera delle Isole Cayman, interni regali come pochi altri, ormeggiato ora a Portisco, tanto immenso da far “arrossire” quello ormeggiato a fianco dell’oligarca russo in salsa londinese, secondo i documenti depositati nel Tribunale di Londra, vale 58 milioni di euro tanto quanto basta per ripagare una parte del debito. Detto fatto, appena ormeggiato in terra sarda il “pachiderma dei mari”, secondo fonti confidenziali, ha cambiato proprietà. Da qualche giorno è di Credit Suisse che sta saldando direttamente i debiti dell’emiro, compresi quelli lasciati in giro in terra sarda.

L’ombra di Usmanov

Alisher Usmanov, l’oligarca considerato tra i più vicini allo Zar di Russia Vladimir Putin, i debiti, invece, pare gli abbia sempre onorati. Anche lui, però, dovrà fare a meno del gigante di Porto Cervo, quel super “Dilbar”, che da anni ormeggia nel cuore della baia più bramita. Non si da pace il miliardario russo. Nei giorni scorsi con un ricorso urgente, rimasto blindato negli uffici dell’alta Corte europea, Usmanov ha fatto appello alla decisione dell'Unione Europea: restituitemi il “Dilbar”. L’estate è agli inizi. E lui, quest’anno, non ci sarà.

© Riproduzione riservata