È stato trasferito per punizione nel carcere di Uta, in regime di alta sorveglianza o, per meglio dire, di sorveglianza particolare per una plateale videochiamata con Baby Gang, durante il concertane del Primo Maggio. Così, dopo la perquisizione della sua cella e il ritrovamento di un telefonino da parte degli agenti della Polizia penitenziaria, il rapper Vincenzo “Niko” Pandetta è stato spedito dalla casa di reclusione di Palermo Ucciardone sino alla Sardegna, lontano da amici e affetti. Ora, difeso dall’avvocato Riccardo Floris, l’artista diventato famoso per il brano “Pistole nella fendi”, ha firmato un’istanza per chiedere al Tribunale di Cagliari la revoca dell’articolo 14bis, l’alta sorveglianza che lo confina nell’Isola e gli vincola la vita da detenuto. Ma nel frattempo ha anche denunciato in una lettera le carenze del penitenziario sardo.

La vicenda

Lo scorso primo maggio, al concerto dell'One day music festival, il rapper Baby Gang avrebbe fatto dal palco una videochiamata con il coautore della sua canzone, Niko Pandetta, nipote del boss mafioso Turi Cappello, detenuto da ottobre del 2022 nel carcere di Palermo per spaccio di sostanze stupefacenti. Un gesto ripreso da molti dei presenti che hanno poi postato i video sui social, da qui l’inchiesta e la perquisizione che ha fatto scoprire il cellulare.  Dopo quella vicenda, il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria ha deciso di applicare il 14bis al 34enne per 6 mesi, trasferendolo d’urgenza nella casa circondariale di Uta.

L’istanza

Contro questo provvedimento è scattato il ricorso dell’avvocato Riccardo Floris al Tribunale di Sorveglianza, ma nei giorni scorsi il rapper ha scritto una lettera dello stesso al magistrato e al Garante per le persone recluse per denunciare le condizioni dei detenuti di Uta. «Nell’attuale istituto», scrive Niko Pandetta, «vige il mancato rispetto e la non osservanza delle leggi riconosciute per garantire con decoro e dignitosamente l’identità del detenuto». Dalle questioni sanitarie ai rapporti con la famiglia, dall’alimentazione alle condizioni della cella, l’artista ha illustrato tutto ciò che – a suo dire – renderebbe più difficile la vita alla popolazione carceraria del penitenziario "Ettore Scalas”. Ora sarà il Giudice di Sorveglianza a decidere cosa fare.

L’artista

Condannato in via definitiva per evasione, traffico di stupefacenti, Niko Pandetta terminerà di scontare la sua pena tra circa un anno. Il rapper catanese era stato arrestato nell’ottobre del 2022 per scontare 4 anni. Nelle sue canzoni racconta le difficoltà della sua vita e parla di mafia apertamente, dal di dentro, da chi conosce determinate dinamiche, anche se più volte ha provato a redimersi. È stato travolto dalle polemiche per una canzone dedicata allo zio, il boss Salvatore “Turi” Cappello, ma poi è arrivato al successo con il singolo 'Pistole nella Fendi' («Maresciallo non mi prendi»). «Il regime di sorveglianza speciale applicato al signor Pandetta», scrive il suo legale, Riccardo Floris, «oltre ad essere stato assunto in violazione di legge, comporta, nel concreto, una notevole quanto ingiusta disparità di trattamento tra lui e gli altri detenuti che si sono resi responsabili di analoghe infrazioni, con la conseguenza che tale decisione rischia di minare in modo irreparabile il percorso risocializzante del condannato». Come dire, ad altri a cui è stato trovato il telefono in cella non è stato attuato lo stesso trattamento: trasferito da un’isola ad un’altra e confinato in sorveglianza speciale.

Francesco Pinna

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