"Una situazione preoccupante, oggi non uscirò di casa": Claudia Loi, di Elmas, da 13 anni a Barcellona, racconta quello che sta accadendo in occasione della giornata dedicata al referendum per l'indipendenza della Catalogna.

"La reazione della polizia, che seguo attraverso i social e la tv, è di pura violenza, gli agenti si stanno scagliando contro le persone, alcune anche anziane, con i manganelli. L'obiettivo di questa votazione non era questo, non era la violenza", spiega.

"Se oggi avessi potuto votare, ma così non sarà perché non ho la cittadinanza, preferisco tenere quella italiana e continuare a votare in Sardegna, probabilmente avrei optato per il sì all'indipendenza - dice Claudia - anche se si tratta di un salto nel vuoto".

Il problema, aggiunge, è che "pur essendo a favore del popolo catalano, che cerca una rivalsa culturale ed economica, perché è ingiusto continuare a pagare le tasse a uno Stato che poi non restituisce quanto dovuto, ammetto che staccarsi dalla Spagna significherebbe fare un passo azzardato".

Nella zona del porto, in cui vive Claudia, la situazione sembra tranquilla: "C'è un seggio a 300 metri da qui, ieri notte c'erano gli elicotteri, so che ci sono stati dei disordini, oggi ne ho sentito solo uno".

Anche Stefano Basolu, 38enne di Nuoro, è stato invitato dal suo datore di lavoro a rimanere a casa: "Trovo assurda questa situazione, è una sconfitta".

Per le strade "ho visto tantissima polizia, ma nessuna scena di violenza; davanti a un seggio c'era una coda interminabile di persone, molti agenti".

Avrebbe votato sì o no, oggi? "Avrei votato sì, questo popolo merita il diritto di scegliere, e il governo spagnolo, invece, con questa forma di reazione, non fa altro che consentire all'indipendentismo di prendere piede".

In Sardegna, dice Stefano, "non potremmo fare quello che stanno facendo qui, siamo indietro di 50 anni, non abbiamo nemmeno una lingua comune, non siamo riusciti a organizzarci. Forse un domani, ma la nostra realtà è ancora lontana da tutto questo".

A una quarantina di chilometri da Barcellona, a La Garriga, vive da 25 anni Stefano Puddu Crespellani, 56enne originario di Cagliari, che oggi è al seggio, "anche se non posso votare, avendo scelto di farlo in Sardegna".

Uno scatto di Stefano Puddu Crespellani davanti al seggio
Uno scatto di Stefano Puddu Crespellani davanti al seggio
Uno scatto di Stefano Puddu Crespellani davanti al seggio

Dalle 5 del mattino sono arrivate molte persone, "la situazione è tranquilla, i Mossos d'esquadra sono arrivati intorno alle 7.30, e hanno spiegato con calma il motivo della loro presenza, ossia sorvegliare".

"Sembrerebbe una giornata di voto normale, se non fosse per le centinaia di elettori, che in una qualunque consultazione non si vedrebbero"; da lì segue quanto accade nei centri maggiori della regione: "Non ci sono aggettivi, mostriamo al mondo l'immagine di uno Stato spagnolo che dà la misura del fatto che si basi sulla repressione; non ha creato alcuna forma di scenario di dialogo con la Catalogna. Se avessi potuto votare, avrei espresso il mio sì, perché i catalani hanno raggiunto un ampio grado di maturità, sia per quanto riguarda l'autogoverno sia per quanto concerne la cultura".

Ciò che è importante sottolineare, per Stefano, è il fatto che "i catalani votano oggi per avere una repubblica, quindi per fuggire dalla monarchia, da questi re che sono stati messi sul trono da Franco".

Probabilmente, dice, "sarà difficile calcolare quanti voti si potranno valutare, ma del resto non è previsto un quorum"; ciò che è sicuro, però, "è che si è creato un solco tra la Catalogna e la Spagna, un distacco che non sarà più possibile rimarginare, e questo avrà conseguenze profonde, che ora non riesco a immaginare. Ma lo società si solleva e si indigna, anche se lo era già prima, per come questi cittadini sono stati trattati dal governo spagnolo".

Sabrina Schiesaro
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