Il Novecento ci ha insegnato che il giurista Giuseppe Casaregis aveva ragione: i segni distintivi delle merci, concepiti tre secoli prima, sarebbero nel tempo divenuti economicamente più importanti delle merci stesse. E oggi noi troviamo normale che Coca Cola o Fendi siano marchi che in sé hanno un valore enormemente più alto rispetto alle bevande e borse che essi rappresentano.

In questo secolo la tecnologia ci chiama a sfide ancora più avvincenti, molte delle quali si legano alla società virtuale, al flusso mondiale dei dati, delle informazioni e delle immagini. In sostanza, queste ultime divengono a volte più importanti dei beni e dei luoghi rappresentati. In altri casi esse inducono a voler raggiungere e fruire proprio di quei luoghi, così generando flussi economici e turistici.

È il caso dei documentari, film, video, spot pubblicitari che spesso divengono veicolo per la vendita di beni e servizi, anche nell'industria culturale o dell'intrattenimento. Queste opere multimediali hanno sovente bisogno di luoghi fisici dove essere realizzate ed esistono professionisti specializzati in questo: i location managers che guidano grandi imprese, registi, videomakers a recarsi nei luoghi più belli, a volte nascosti, per svolgere il proprio lavoro.

Insomma: non c'è solo l'accessibilità fisica ai luoghi di cui giustamente preoccuparsi (con la continuità territoriale). Anche l'accessibilità, la continuità virtuale è importante. Prendiamo ad esempio i film, anche stranieri, che nel tempo sono stati girati in Italia. Ricordiamo Intrigo a mezzanotte, Vacanze romane, Cleopatra, Hannibal, Il Padrino? Negli ultimi tempi il trend è sensibilmente aumentato: Zoolander 2, Inferno, Ben Hur, Christ the Lord, 007 Quantum of Solace sono solo alcuni esempi; basti pensare che lo scorso anno nelle casse degli enti pubblici italiani sono arrivati 167 milioni di euro da 53 film girati nella penisola.

Somme ancora maggiori muovono i vari spot pubblicitari che promuovono centinaia di beni e servizi. Lo sanno bene talune realtà, come il Consorzio del Palio di Siena, che pretendono emolumenti da chiunque sfrutti, a fini commerciali, le immagini delle città e delle sue effigi medievali. Lo sa anche la DG Musei del Ministero dei beni culturali che, un anno fa, ha stipulato un accordo quadro con la Bridgeman Images.

Cosa fa la Sardegna dinanzi a questa, crescente economia? Come vengono valorizzati le domus de janas, i nuraghi, i pozzi sacri e gli altri, inestimabili tesori, molti dei quali (come S'Arcu e Is Forros) sconosciuti ai più, altri (come i giganti di Monte Prama) prigionieri della burocrazia? E come vengono valorizzati, in questo senso, i beni paesaggistici? Riusciamo a far uscire, con ogni mezzo consentito, la storia nuragica dal suo ingiustificato oblio e far conoscere al mondo questi tesori che rischiano di non avere neppure il riconoscimento Unesco in quanto non accessibili e abbandonati?

Ad inizio di quest'anno il Comune di Arbus, richiamandosi agli articoli 107 e 108 del Codice dei beni culturali, ha adottato un Regolamento che tende a limitare la cosiddetta "libertà di panorama" imponendo a chiunque riproduca il paesaggio delle dune di Piscinas a fini commerciali l'onere di chiedere un'autorizzazione e corrispondere un canone all'amministrazione comunale: dai mille ai millecinquecento euro al giorno per attività fotografiche, cinematografiche, o altro. Un'iniziativa che in pochi conoscono e che tuttavia sembra prossima a produrre i primi risultati economici.

Possiamo metterla al centro di una riflessione più ampia sulla promozione economico-culturale di questi beni pubblici? Va bene infatti raccogliere i frutti dell'iniziativa, più o meno casuale, di qualche operatore di passaggio ma simili attività vanno promosse e promozione significa accessibilità, conoscenza e servizi, i quali potranno essere migliorati proprio grazie a quanto ricavato, a patto che esso sia reinvestito in tutela e valorizzazione dei beni paesaggistici e culturali e non devoluto alla spesa pubblica corrente.

Insomma, il territorio sardo è lastricato di tesori inestimabili e poco conosciuti. Promuoverne l'immagine (quindi la conoscenza e la fruizione) avrebbe plurime ricadute, tutte positive. Attiviamoci, rendendo questi tesori al più presto accessibili. E non trascuriamo l'economia (e la continuità) virtuale.

Aldo Berlinguer

Docente, università di Cagliari
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