Dubai, skyline da mille e una notte. I grattacieli qui non svettano, sono direttamente un'appendice del cielo. Lo sfarzo degli Emirati Arabi non si misura con la normale matematica finanziaria o con i conti in banca. La magnificenza strabordante impazza in ogni rivolo di una terra desertica trasformata in un'oasi di ricchezza infinita. Da qualsiasi piano di questi colossi è facile scorgere la distesa senza orizzonte di Jebel Ali free zone, la zona franca portuale di Dubai. Se la sorvoli con lo sguardo è impossibile intravvedere uno spazio libero, tra navi ciclopiche, gru alte quanto 20 piani, container ovunque.

Agosto di fuoco

Ad agosto, ma non solo, in questa terra del sole, fa un caldo boia. L'aria condizionata è fissa a manetta nel palazzo di Jafza, quartier generale della DP World, uno dei quattro colossi al mondo del transhipment, il trasporto delle merci da una parte all'altra degli oceani attraverso navi container. L'operazione «Cagliari» scatta alle dieci e dodici minuti del 23 agosto del 2019. I messaggi sono blindati dalla cyber security. Sfondare il muro impenetrabile degli affari sul mare è praticamente impossibile, o quasi. La sfida per conquistare nuove rotte e approdi strategici si gioca con uno schema segreto su un mappamondo che attraversa l'universo del mare. La riservatezza in ogni contatto è fondamentale per evitare di far accrescere il valore del terminal che si vuole conquistare.

Il colosso dei porti

La Dp World lo sa meglio di chiunque altro. Lo scacchiere che il gigante dei porti governa da Dubai è un oceano. I numeri sono da infarto. Partecipazioni e intere società in 82 terminal marittimi, fluviali e terrestri, in 40 nazioni nel mondo. I numeri sono sconfinati: 54.000 dipendenti, capacità d'investimento smisurate, nell'ordine di decine di miliardi di euro. La Dp World gestisce il 13% della movimentazione del totale di merci su container nel mondo. Quando la falla nel sistema della sicurezza interna ci fa accedere ai messaggi riservati della «missione sarda» si capisce da subito che l'affaire è esplosivo. Non serve bigliettino da visita, per la DP Worl. Eppure il galateo dei manager della società è quello dei regnanti, farsi annunciare prima di accedere anche ad una mail altrui. E' quello che succede quella mattina di fine agosto nell'oasi portuale di Dubai. A scrivere il primo messaggio esplicito è Patrick Bol, direttore globale delle operazioni di DP World. La gerarchia societaria gli impone di fare l'ambasciatore del numero uno della società. Il messaggio parte da Dubai alla volta di Londra e di Cagliari. Il primo destinatario è l'indirizzo telematico del Presidente dell'Autorità di Sistema del Mare di Sardegna. La mail, come si nota nel testo che pubblichiamo integrale, è quella da docente universitario di Massimo Deiana, numero uno della vecchia autorità portuale, quella fattasi Sistema. Il messaggio è sintetico, con un oggetto esplicito, come la luce del sole: «Cagliari Port Canale and DP Worl Europe».

Caro Presidente

Le parole sono vergate da una sintesi anglosassone che non lascia spazio ai salamelecchi. La traduzione è un mondo che si apre: «Caro Presidente Deiana, grazie ai contatti di Fabiana, vorrei presentarle Rashid Abdulla, l'amministratore delegato di DP Worl Europa e Russia e discutere le possibilità per il Porto Canale di Cagliari. Cordiali saluti, Patrick Bol». Passano quattro ore dal messaggio che annuncia la presentazione e il contatto. Alle quattordici e sette minuti del 23 agosto del 2019 a scrivere è direttamente Rashid Abdulla, il numero uno, il capo assoluto della DP World. Non ama i prolissi, pragmatico come un muratore, costruisce mattone su mattone la trattativa per la nuova missione.

Niente fronzoli

Dei fronzoli non sa che farsene uno che governa una sterminata distesa di porti nel mondo. Rashid traguarda il Mediterraneo, la contesa per conquistare la connessione tra lo Stretto di Gibilterra e Suez. Al centro di quella rotta c'è la Sardegna. E il Porto Canale di Cagliari. L'amministratore delegato è sintetico quanto basta per non svelare strategie e obiettivi. Scrive direttamente a Deiana. Una frase secca. Nel mondo degli affari quel messaggio è molto di più che un semplice contatto. Il colosso mondiale vuole Cagliari e vuole aprire la trattiva: «Caro Presidente Deiana, di seguito il mio contatto per esplorare le opportunità». Manda tutto, mail di ogni genere, telefoni personali e societari. La cyber security ha certificato l'invio delle due mail. Codificate e archiviate nei server di Dubai e Londra. Di certo non si trovano le risposte sarde a quella richiesta di trattativa. Documenti rimasti inascoltati che attendono spiegazioni e chiarezza su una vicenda al centro di un vero e proprio intrigo internazionale. Il terminal di Giorgino disturba e fa paura. Posizione strategica, infrastruttura adattabile alle nuove esigenze, personale specializzato ad altissimi livelli. La storia del suo fallimento non ha mai convinto coloro che conoscono bene le sue potenzialità.

Obiettivo fuori gioco

L'obiettivo ad alti livelli è sempre stato quello di metterlo fuori gioco. Con la convergenza di interessi internazionali e di piccolo cabotaggio locale. Le mail della DP World smentiscono senza appello coloro che hanno sempre sostenuto che per il Porto Canale di Cagliari non ci fossero soggetti interessati. I documenti di Dubai e Londra parlano chiaro. Quelli che, invece, arrivano alla nostra redazione, direttamente dalla Germania sono una carico esplosivo. Tra le cartelle secretate della storia del Porto Canale di Cagliari ci sono pizzini e documenti da far rabbrividire. Siamo entrati in possesso di un manoscritto, che pubblichiamo integralmente, la cui perizia calligrafica confermerà che si tratta della scrittura di un vertice assoluto della Contship. In quel documento c'è una storia scritta e una non verbalizzata. La Contship Italia, dal nome italiano, in realtà tutta in mano a soci pubblici e privati tedeschi, è scappata con la scusa della crisi del settore. I conti economici, i mancati investimenti, però, dicono altro.

Fuga a tavolino

Dal 2015 la Contship Italia ha fatto venir meno l'interesse per Cagliari rinviando e poi annullando gli investimenti infrastrutturali previsti e necessari. Un piano prestabilito per far affondare il terminal impedendogli di rimanere competitivo. Nel 2019, senza spiegazioni e con molti interrogativi, l'azionista pubblico di controllo, il Consorzio Industriale di Cagliari, esce dalla compagine societaria. Il piano era stato, però, già messo nero su bianco. Il pizzino che pubblichiamo, manoscritto da uno dei vertici della società, ha una data: sette agosto 2018. Quel giorno si riunisce il consiglio di amministrazione della Cict, la società che gestisce direttamente il Porto Canale. La riunione sarà a doppio effetto. Uno scritto nel verbale e uno scritto in un foglietto di carta con l'esplicita dicitura: «non in verbale». E ne hanno ben donde a non riportarlo nel resoconto ufficiale. Le decisioni che vengono assunte rischiano di avere risvolti di ben altra natura. Al punto tre del manoscritto, senza pudore, il manager di Contship scrive espressamente: «Sviluppare, nel massimo riserbo, il piano per la messa in liquidazione della società». A margine indicano anche il team di lavoro: Cupolo, Cervia, Arrica, Fumelli, Pirovano, ovvero i vertici della società. Perché tutto questo riserbo sulla liquidazione? La strategia è chiara: eliminare dalla scena qualsiasi possibilità di subentro nella compagine societaria da parte di altri soggetti. Il Porto Canale, è stato segretamente deciso, deve morire. E in realtà la DP World di Dubai, ancor prima del contatto pubblico, aveva tentato la strada diretta con la Contship. La risposta fu secca e lapidaria:«Abbiamo altri piani di Contship per Cagliari».

La farsa

La farsa si ingigantisce quando dichiarano "la centralità dello scalo sardo per Contship". In realtà, invece, nell'estate 2018 era già tutto stato deciso. Gli uomini della Contship erano tutti sotto il controllo di una donna di ferro: Cecilia Eckelmann Battistello, presidente anche di Contship Italia. Sotto di lei il vice Oscar Serci, i consiglieri Franco Nicola Cupolo, Andrea Cervia e Salvatore Mattana, presidente del Cacip. Le posizioni sono supine, a partire dal direttore generale della Cict di Cagliari, Andrea Cervia, che, nel contempo, era, guarda caso, anche amministratore delegato del porto di Tangeri in Marocco, dove da tempo Contship aveva spostato tutti gli investimenti ai danni di Cagliari. Tutto sulla pelle di centinaia di lavoratori e di un'infrastruttura strategica nel Mediterraneo.

Soldi pubblici

Le porte in faccia alla DP Worl e i silenzi sulla vicenda non sono, però, semplicemente affari sul mare. Ci sono omissioni e documenti scritti che non lasciano margini. Non solo una partita istituzionale e tra privati. C'è, infatti, una montagna di denari pubblici usati per tamponare l'impatto sociale di quelle drammatiche decisioni. Resta un ultimo elemento. La cyber security di Dubai racconta che la DP World aveva in quel momento un accordo commerciale con la terza compagnia di navigazione cinese al mondo, la COSCO. Obiettivo utilizzare Cagliari come trasbordo per circa 1 milione di contenitori l'anno. In molti hanno fatto di tutto per impedirlo. Un anno trascorso dietro un bando fallimentare ha fatto il resto. Di certo i documenti non sono finiti, a partire dalle interlocuzioni dirette del nostro giornale con la DP world. Un altro capitolo di questo naufragio annunciato e costruito a tavolino.

Mauro Pili
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