C'è sempre stata molta discordanza sul legame esistente tra credito e sviluppo nelle regioni e nei territori che ne sono deficitari. Tra chi vede nel primo lo strumento essenziale per il secondo e chi, invece, ritiene che il credito - e il sistema bancario in particolare - ne dovrebbe curare solo le esigenze dell'economia reale. Cioè, per dirla più semplicemente, se è il credito che debba promuovere lo sviluppo o, al contrario, accompagnarne soltanto gli andamenti.

Non diversamente accade sul tema degli assetti proprietari. Discordanza di opinioni che riguarda l'efficacia, o meno, di banche che abbiano la "testa pensante" nelle stesse regioni in debito di sviluppo. Che, cioè, siano autonome per affrontare direttamente i problemi e le esigenze delle economie ove operano.

Se nel primo caso, e sulla base dell'esperienza pregressa anche qui in Sardegna, sembrerebbe di dover propendere sulla validità di un rapporto di causa-effetto fra disponibilità creditizie e sostegno allo sviluppo; sul secondo ci sono tuttora molte perplessità, giacché l'acquisizione della proprietà nelle mani di gruppi bancari esterni all'area è sempre avvenuta come ciambella di salvataggio per gestioni malandate o maldirette (come nel caso sardo, dalla Popolare di Sassari al Banco di Sardegna).

Certo è che le profonde modificazioni intervenute nel sistema creditizio sardo più o meno dal 2000 in avanti - soprattutto con la perdita dell'autonomia del "Sardegna" e del "CIS" - hanno influito pesantemente sull'accesso al credito delle imprese sarde.

Se è vero che, fatto eguale a 100 il totale dei prestiti bancari in essere all'inizio dell'ultimo ventennio, oggi - a valori monetari costanti - quel numero si è ridotto di quasi 15 unità.

Parrebbe quindi assai pericoloso sottovalutare questo fatto, chiudendo gli occhi di fronte alle debolezze di un sistema creditizio che, anche qui in Sardegna, è divenuto quasi estraneo alle esigenze locali, ma anche non sempre aperto e disponibile nel finanziare lo sviluppo; così come sarebbe un altro errore non riconoscere che le banche, nei fatti, vanno considerate tra i principali strumenti per lo sviluppo economico e sociale di un territorio.

Ora, per chi come chi scrive, ha avuto modo di compiere una significativa esperienza nel settore, è ben presente il convincimento che in regioni come la Sardegna, dove è assai modesta la capacità di auto-accumulazione delle imprese, uno stretto e virtuoso rapporto collaborativo tra l'economia produttiva e un sistema bancario, non può che risultare un fattore critico di successo. Nel senso, va chiarito, che la leva creditizia dovrebbe sopperire a quei pesanti deficit gestionali, derivanti in gran parte dalla modestia del mercato locale e dai costi dell'insularità. Non andrebbe infatti dimenticato che per un'economia sterile come la nostra, il capitale a debito rimane infatti il concime indispensabile per far nascere e crescere le imprese ed il lavoro.

Ora, dell'avvenuta "settentrionalizzazione" delle proprietà bancarie del meridione e delle isole (dal Banco Napoli, al Sicilia e al Sardegna) ne hanno particolarmente sofferto - ed è questo un aspetto che non andrebbe dimenticato - proprio quelle regioni, fra le più deboli del Paese. Non a caso, è da almeno una ventina d'anni che i diversi governi nazionali hanno posto il rafforzamento creditizio delle regioni meridionali ed insulari come problema immanente ed urgente da risolvere. In quest'ottica, la stessa "Banca per il Sud", immaginata dai tempi di Tremonti e nell'agenda di tutti i successivi governi, continua a rimanere un oggetto misterioso, indecisi a Roma se debba essere fornitrice di semplici garanzie, erogatrice di prestiti alle Pmi, oppure "advisory" per individuare, promuovere e coordinare i progetti per le Zes, le Zone economiche speciali.

Certo è, e lo si intende sottolineare in modo deciso, che la questione creditizia è tuttora una delle prime debolezze del nostro sistema economico, perché senza prestiti bancari, resi disponibili ed accessibili con modalità facilitative, è inimmaginabile che nuove attività e nuovi investimenti produttivi si sviluppino dalle nostre parti. Può essere questo un invito pressante all'attuale Giunta perché, magari d'intesa con il governo nazionale, metta insieme idee e proponimenti per elaborare una sua valida ed efficace politica che ridia al credito bancario la sua centralità nel promuovere sviluppo.

Paolo Fadda

(Storico e scrittore)
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