Nei giorni scorsi, Salvini ha sollevato un'accesa polemica sulla riforma in cantiere del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), noto anche come Fondo salva Stati. Il capo della Lega ha accusato il governo di avere dato via libera a Bruxelles, in assenza di un mandato esplicito del Parlamento, a una proposta di modifica secondo cui lo stesso Mes, prima di intervenire in soccorso di un Paese in difficoltà, dovrebbe richiedere a quest'ultimo la ristrutturazione del suo debito. Il che significa che una parte dello stesso debito non verrebbe rimborsata ai possessori dei titoli di Stato.

Il premier Conte ha risposto a muso duro: "Salvini sta creando un delirio collettivo per nulla, c'è stato un percorso trasparente, sia in sede europea che in sede italiana, al quale, almeno sino a giugno dell'anno scorso, ha partecipato lo stesso Salvini, ed abbiamo espresso contrarietà a meccanismi che possono danneggiare le banche italiane (principali detentrici di titoli di Stato); se così non fosse saremmo anche disponibili a non firmare, ma la riforma al momento non prevede un meccanismo automatico di ristrutturazione del debito e poi il nostro Paese non ha necessità di accedere a questo Fondo". Infine, la stoccata finale: "Ora Salvini scopre che era al tavolo delle trattative a sua insaputa. Io pretendo dall'opposizione un atteggiamento responsabile, altrimenti è un sovranismo da operetta". Battibecchi a parte, quali sono i veri termini del contendere? Come argomenta Lorenzo Bini Smaghi sul Corsera, l'aspetto critico riguarda la ristrutturazione del debito di un Paese che fa ricorso al Mes.

"L'intenzione è quella di evitare, come è avvenuto nel caso della Grecia (unico caso di ristrutturazione finora), che un Paese il cui debito non è sostenibile utilizzi i fondi del Mes per rimborsare i creditori privati senza che questi abbiano contribuito attraverso una riduzione del valore dei titoli di Stato nel loro portafoglio".

È vero che durante le negoziazioni alcuni Paesi hanno chiesto che la ristrutturazione avvenisse in modo automatico nel momento in cui fosse fatta la richiesta d'intervento, ma tale proposta non è stata accolta. È stata accantonata perché, invece di aiutare a risolverla, avrebbe contribuito ad aggravare la potenziale crisi, in quanto avrebbe reso palese ai mercati lo stato di dissesto, esponendo da subito il Paese in difficoltà alla speculazione internazionale. L'Italia si è opposta sin dall'inizio dei negoziati al principio dell'automatismo, per cui la ristrutturazione potrà avvenire solo dopo una valutazione della sostenibilità del debito affidata alla Commissione e allo stesso Mes. La decisione di quest'ultimo di concedere o meno il suo sostegno finanziario, nel nuovo come nel vecchio trattato, dipende di fatto dalla volontà politica dei Paesi creditori.

Perché allora si è sentita la necessità di procedere ad una riforma? Qui sì che c'entra l'Italia, in particolare quella del precedente governo giallo-verde, che in più occasioni aveva minacciato di non voler rispettare le regole europee e di voler procedere per proprio conto anche proponendo disavanzi pubblici incontrollati e insostenibili (i famosi 50 miliardi di deficit preconizzati da Salvini l'anno scorso). In altri termini la Lega minacciava di assumere il ruolo del Pierino guastafeste del buon funzionamento dell'Unione monetaria.

La riforma del Mes di cui si sta discutendo nasce proprio per impedire agli Stati dell'euro in potenziale difficoltà di assumere un ruolo deviante, ovvero di cadere nella tentazione di non rispettare le regole di bilancio europee, come minacciava di fare l'anno scorso il precedente governo giallo-verde in Italia. In altri termini, la riforma del Mes nasce dall'esigenza di ridurre la tentazione che un governo potrebbe avere di non rispettare i vincoli europei, nell'aspettativa che in caso di crisi finanziaria il Paese verrebbe comunque salvato dal Fondo salva Stati. Questo spiega perché la Lega, che l'anno scorso ha preconizzato questa strategia, sia oggi contraria alla riforma.

Beniamino Moro

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
© Riproduzione riservata