L'assessore ai lavori pubblici Maninchedda lascia: nuova grana per Pigliaru
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C'era una sedia vuota, al banco della Giunta, nel giorno del battesimo del Pigliaru-bis.
Era l'8 marzo: in Consiglio regionale debuttavano quattro nuovi assessori, figli del fresco rimpasto, e quelli "vecchi" facevano corona, per festeggiare la ritrovata completezza dell'esecutivo.
Tutti tranne uno: ad ascoltare il programma del governatore per la seconda metà della legislatura non c'era Paolo Maninchedda.
Lui stesso derubricò la cosa alla voce "altri impegni", ed è magari scorretto ritenere quell'assenza un primo sintomo di allontanamento.
Sta di fatto che le dimissioni dell'assessore ai Lavori pubblici, arrivate ieri sulla scrivania di Francesco Pigliaru, hanno sorpreso forse per la tempistica, non per la decisione in sé. Molti pensavano che Maninchedda sarebbe uscito dalla Giunta, dopo che negli ultimi tempi aveva alzato il livello delle sue obiezioni verso l'esecutivo.
IL COMMENTO DI PIGLIARU - IL VIDEO:
COL PRESIDENTE - Mai contro Pigliaru, a dire il vero, cui vanno parole dolci anche nella lettera di addio ("non ho nulla da rimproverarti"): proprio il rapporto personale tra i due, leale ad onta di alcune divergenze non irrilevanti, aveva contribuito a tenere a freno la storica irrequietezza di Maninchedda.
L'assessore dimissionario è dipinto da amici e avversari come il trequartista in certe squadre di calcio: grande talento ma di difficile collocazione.
Se ha una perplessità, non suole tenersela per sé: da qui la rottura con Soru nella sua prima legislatura in Consiglio, poi con Cappellacci in quella successiva, quando nel frattempo si era alleato, insieme al Psd'Az, col centrodestra.
Non a caso i detrattori gli rimproverano di ritrovarsi sempre in maggioranza, e infatti questa considerazione "tattica" ha già iniziato a circolare nelle analisi a caldo delle dimissioni.
Va anche ricordato però che la lite con Soru era arrivata quando l'allora governatore risultava ancora fortissimo e temuto, e Maninchedda ci aveva rimesso la prestigiosa presidenza della commissione Autonomia.
LE MOTIVAZIONI - Ora se ne va senza litigare con nessuno: "Sono molto stanco", scrive a Pigliaru, riecheggiando vagamente il Beppe Grillo "un po' stanchino", che a sua volta citava Forrest Gump.
Non è una motivazione inverosimile, per uno che ha sempre somatizzato le tensioni della battaglia politica.
Ma non è l'unica, come lui stesso spiega nella lettera.
Quando dice di sentire "un senso di solitudine molto profonda", è una considerazione politica, non più solo personale.
Fa riferimento alle battaglie in difesa di Abbanoa, o per riformare l'agenzia delle case popolari, o contro l'Anas per le strade sarde, o contro l'Enel per la titolarità delle dighe.
Si autodefinisce "particolarmente isolato, all'interno della Giunta, nel percepire come straordinariamente dannosa per la Sardegna la crisi dello Stato italiano": è questo il crinale che spesso lo ha diviso da Pigliaru, il tipo di rapporto col governo di Roma.
ATTRITI - Nell'ultimo anno, poi, ci sono state posizioni molto distanti sulla riforma dell'Asl unica e ancor più sulla scelta del suo supermanager, il "continentale" Moirano: una formazione che si chiama Partito dei sardi, che Maninchedda presiede, non poteva accettare che si puntasse su un tecnico ligure-piemontese, per sospetto verso le amicizie politiche dei candidati locali.
La lettera lamenta poi "la faciloneria con cui si è sostenuto», anche in ambienti della Giunta, «che ero pronto ad accettare tutto pur di mantenere il mio ruolo".
Essere rappresentato "come un uomo di potere per il potere" è "calunnioso e insopportabile".
SCENARI - Ora c'è già chi ipotizza che la mossa anticipi un percorso verso la candidatura alla presidenza della Regione, ma è difficile per chiunque fare calcoli simili.
Di certo Maninchedda non potrebbe ritornare verso il centrodestra, ma è anche complicato pensarlo a capo di una coalizione di indipendentisti, visto che le altre forze dell'area non gli perdonano l'alleanza di governo con i partiti italiani.
Di sicuro ha più estimatori nel centrosinistra (specie in alcune parti del Pd, non quelle più vicine a Soru), dove però si è rotto l'asse con Sel e Centro democratico.
Il Partito dei sardi, comunque, resta in maggioranza.
Lo precisa la stessa lettera, che tra l'altro prefigura per l'assessorato una staffetta interna al partito stesso.
Ciò non toglie però che le dimissioni (salvo improbabili ripensamenti) creino un problema notevole per Pigliaru, già alle prese con l'imminente sostituzione di Massimo Deiana ai Trasporti per via della nomina all'Autorità portuale.
Al di là delle questioni caratteriali, Maninchedda è stato sempre considerato tra gli assessori più attivi e pratici.
Sbagliare sul sostituto, paralizzando un settore come i lavori pubblici, renderebbe un calvario l'ultima parte della legislatura regionale.
Giuseppe Meloni