Santa Gilla, porte di Cagliari, distesa di oro bianco alle pendici del Monte Arcosu. Sede legale ancora per poco a Macchiareddu, enclave paraindustriale tra colonie di fenicotteri rosa e immense lagune di sale. Concessione pubblica, solo nominalmente, della Regione Autonoma della Sardegna. Per il resto, a fare e disfare, qui, da sempre, ci pensa l’Eni, il dominus petrolifero dello Stato, con la longa manus sul sale di Sardegna. In questo lembo di terra strappato 100 anni fa alla malaria dall’ingegno di Luigi Conti Vecchi, l’Eni, però, non si dà pace.

Usa e getta

Da che mondo è mondo la Sardegna è sempre stata considerata una sorta di terra usa e getta, dove consumare gli affari più remunerativi e poi, senza colpo ferire, scappare a gambe levate. Molto spesso con la complicità dei guardiani dell’Autonomia regionale. La storia delle saline di Cagliari, da sempre dedicate all’Ingegner Luigi Conti Vecchi, da cui prende ancor oggi nome l’omonima società per azioni, è ora al centro di un vero e proprio giallo societario, tutto consumato nel silenzio delle istituzioni, a partire da quelle regionali. Che l’Eni si volesse disfare di questo patrimonio è scritto negli atti di questi ultimi dieci anni. Un disimpegno culminato quest’estate con le azioni, tutte sotterranee, protese a “vendere” la concessione delle saline, appena rimpinguata da un consistente rinnovo per ulteriori ventisette anni. Un atto avviato dalla giunta Pigliaru, con tanto di salamelecchi consumati con i vertici dell’Eni nelle bianche distese di Santa Gilla, e poi avvallato dall’attuale esecutivo regionale dichiaratosi persino ignaro sulle manovre “saline” dell’Ente di Stato. Una procedura di rinnovo che ancor oggi ha molti lati oscuri, a partire dalla durata della stessa concessione, visto che le disposizioni regionali avevano sancito, e applicato, per tutte le altre saline una durata massima di 15 anni.

Il regalo di 12 anni

Un “regalo” di 12 anni in più che ha lasciato perplessi non solo gli operatori del settore, ma anche gli analisti del diritto concessorio. Il “dono” regionale all’Eni ha ovviamente incrementato il valore delle saline, tanto che l’Ente di Stato non ci ha pensato su due volte a metterle immediatamente sul mercato, per disfarsene e guadagnare a piene mani dall’operazione. Trattative serrate e segrete tra vari operatori esteri e siciliani. Grandi manovre alle porte di Cagliari con la Regione sarda, secondo quanto dichiarato ripetutamente, rimasta “ufficialmente” all’oscuro dell’operazione. Un vero e proprio atto ostile visto che una concessione pubblica non si può “vendere” tantomeno con la cessione delle quote azionarie della società titolare. L’eventuale vendita della “Luigi Conti Vecchi S.p.A.” a un terzo soggetto si potrebbe configurare palesemente come un aggiramento delle norme sulla trasparenza e sulla concorrenza, soprattutto quando in ballo c’è una concessione pubblica appena rinnovata.

Il muro del silenzio

È per questo motivo, ma non solo, che sull’intera vicenda, dopo le anticipazioni dell’Unione Sarda, è calato un velo di segretezza che mal si concilia con la gestione di un bene pubblico di quella rilevanza, non solo produttiva ma anche ambientale e naturalistica. Tutto questo sino a quando non hanno cominciato a trapelare i primi documenti sul “giallo” del sale di Santa Gialla. Il primo vero mistero di questa vicenda è quello legato agli assetti azionari e gestionali della società “Contivecchi S.p.A”.

Il blitz siculo

La visura camerale, quella che fotografa ufficialmente lo stato societario, è implacabile nella palese contraddizione che si sta consumando a Macchiareddu. Il primo dato emerge dall’ingresso, manu militari, nella società di un nuovo gruppo dirigente. Non manager super partes, ma un vero e consolidato nucleo familiare che ha preso letteralmente possesso del timone delle saline sarde. A guidare la scalata è la famiglia Morgante in persona, quella dell’avvocato Francesco Morgante, il re palermitano del sale.

Morgante Presidente

Ad assumere la presidenza della Contivecchi è Monica Morgante anche lei avvocato della premiata famiglia siciliana del sale, insieme ad Enrico, sempre Morgante, a cui vengono affidate le redini operative della società e Giuseppe Baglio da Serradifalco, consigliere semplice, nemmeno a dirlo siciliano anche lui. Il blitz si è consumato nelle segrete stanze notarili senza che nessuno sapesse niente, anche perché, ed è questo l’aspetto più misterioso della vicenda, l’Eni ha affidato una sua società, di cui dispone ancora, “ufficialmente” il 100% delle quote ad una famiglia siciliana che, sino a prova contraria, non è proprietaria di quella società.

Il “giallo” del sale

Un vero e proprio “giallo” societario che ha una duplice implicazione pubblica, da una parte una concessione, quella della Regione sarda e dall’altra una società a partecipazione “pubblica” affidata ad una società privata. Il vulnus esplode nelle carte in nostro possesso quando emerge che non solo la famiglia Morgante detta legge, ma “ordina” di fatto all’Eni di occuparsi delle questioni ambientali, compresa la parte relativa alla “misteriosa” caratterizzazione ambientale delle saline di Santa Gilla. L’Eni, infatti, in base agli accordi con la Regione avrebbe dovuto predisporre la mappa dei potenziali inquinamenti in quei 2.615 ettari di sale e sole, circondati, però, da imponenti fattori di pericolo ambientale.

La “confessione”

A svelare l’acquisto delle quote azionarie dell’Eni, mai trascritto nelle visure camerali, è proprio Monica Morgante, la neo presidente, nel primo verbale del Consiglio di amministrazione utile della “Contivecchi S.p.A”. Lo dice apertamente, svelando dettagli rilevanti sulla partita ambientale: «Dopo l'assemblea della società Contivecchi celebrata a seguito dell'acquisto da parte di NUCE SpA dell'intero capitale ed in ossequio agli impegni assunti da Italkali SpA con il cedente Eni Rewind». In qualità di neonominata Presidente e legale rappresentante della storica società dichiara apertamente che «ha sottoscritto il nuovo mandato in favore di Eni Rewind denominato «Mandato per l'esecuzione di servizi ambientali e il compimento di atti giuridici sull'Area Impianti e sull'Area Salina del sito di Assemini». A rompere gli indugi è un sindaco revisore. La sua domanda in pieno consiglio di amministrazione è imbarazzante: «Cosa prevede questo accordo?». La risposta è fumosa, come si conviene ad un’operazione di tale portata. Risponde l’altro Morgante in Consiglio di Amministrazione, Enrico, che rievoca come «l'area contigua alla proprietà della Contivecchi sia stata oggetto nel decennio decorso di un progetto di bonifica ambientale richiesto e approvato dal MATM ed affidato ad Eni. Il progetto - in fase di avanzata realizzazione - riguarda le aree contigue alla salina adibite agli impianti chimici di clorosoda che sino allo sorso anno erano di proprietà della Conti Vecchi. In nessun caso da tali aree, e nemmeno dalla bonifica, può derivare alcun nocumento o impedimento all'attività di coltivazione. Mentre il procedimento di caratterizzazione dell'area salina era stato richiesto dall'amministrazione concedente in occasione del rinnovo del titolo per la coltivazione. Il mandato è gratuito e non comporta oneri per la società ma anzi la cautela».

Il mistero ambientale

Cautela su cosa? Quali oneri? Che fine ha fatto la caratterizzazione delle saline richiesta dalla Regione? Tutti quesiti senza risposte. Di certo a Santa Gilla si sta consumando un vero e proprio misfatto pubblico-privato con una società a partecipazione statale affidata ad una famiglia “privata” siciliana, senza alcuna gara, senza alcuna certezza sulla partita ambientale. A questo si aggiunge una concessione regionale sarda diventata clamorosamente siciliana, con i sardi ancora una volta fatti fuori da casa loro. Il sale sardo è diventato siciliano.

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