Si mette a nudo, anche se fin dal primo minuto ha detto tutto, di sé, della sua famiglia, della sua vita privata, della sua intimità. Ma dopo 17 anni non voleva che il pettegolezzo continuasse a costruire false verità. E così, fermo restando che il suo unico obbiettivo è la ricerca della figlia scomparsa a quasi quattro anni da Mazara del Vallo, Piera Maggio dà alle stampe il libro “Denise, per te con tutte le mie forze”, che sarà presentato con la giornalista Simona De Francisci sabato alle 17 a Cagliari nella sede de L’Unione Sarda per il Premio Alziator. «Sono state dette cose troppo diverse dalla realtà, e ho voluto mettere un punto fermo».

Nel rispondere al telefono con voce pacata parla sempre al plurale, e in quel noi c’è il suo attuale marito, padre della piccola sparita nel nulla il primo settembre 2004.

Lei scrive che si sospettava di voi.

«Ero una fonte per gli inquirenti che dovevano approfondire, erano indagini dovute. Ecco, magari c’è stato qualcuno che si è fermato e non è andato oltre, gli accertamenti su di noi sono stati ben fatti e oggi è escluso un nostro coinvolgimento».

Qualcuno ha definito Denise la figlia del peccato.

«Ho sopportato di tutto. Questa frase è abominevole, mi fa inorridire, c’è chi ha detto che non dovevo tradire mio marito. Questa frase equivale a quella sulla ragazza con la minigonna che la violenza se l’è andata a cercare».

Il solito accanimento sulle vittime.

«Succede un po’ a tutte le vittime anche se io credo che chi dice quelle cose non stia bene».

E al dolore si somma dolore.

«Denise l’abbiamo cercata, voluta, non è stata un errore. Nessuno si deve permettere di dire nulla».

Gli avvistamenti di Denise sono stati tanti: ce n’è uno che l’ha fatta sperare di più?

«Un paio. Devo dire però che le speranze sono in ogni singola segnalazione ma negli anni cerchi di farti una corazza perché sennò non puoi andare avanti. È doloroso e anche stancante andare nei luoghi e poi, dopo l’accertamento, quando ti dicono “non è tua figlia”, resti atterrita. L’ultima volta, un anno fa, sono stata io a frenare gli entusiasmi, volevo stare con i piedi per terra. In questo modo cerchiamo di proteggerci».

Dove ha trovato le energie per andare in tv?

«Quando sparisce tua figlia la forza ti viene. Andavo alla Procura di Marsala e mi dicevano “la troviamo”, “Denise è viva”, “Denise è qui vicino”. Ma il tempo passava e mia figlia non tornava. A un certo punto ho pensato che dovevo cercare aiuto io, altrove. Le prime 24, 48 e 72 ore sono fondamentali, io vedevo che parlavano di beghe familiari con tanta leggerezza».

All’inizio su quello si indagava.

«Sicuramente si erano fatti idee sbagliate e dopo, nel corso degli anni, sono stati riscontrati errori evidenti. Se avessero puntato subito sui sospettati...».

L’unica indagata, Jessica Pulizzi, figlia del suo attuale marito e padre di Denise (che ha il cognome del suo ex marito, Pipitone) è stata assolta.

«Per insufficienza di prove».

Cosa è stata quella sentenza per lei?

«Abbiamo accettato la decisione dei giudici. Ma non sempre la verità processuale collima con quella reale. Tengo a sottolineare che Jessica non l’ho accusata io, ho indicato i miei sospetti ed è stata la Procura a portarla a processo. Eppure c’è chi confonde e dice che sono stata io. Anche questo è aberrante».

Jessica voleva punirla?

«Non voglio scendere in questi particolari, ovviamente posso dire che noi non abbiamo mai cambiato idea. E non la cambieremo finché ci saranno ombre scure. Accettare la sentenza non significa che noi genitori la condividiamo».

Nel libro parla di Kevin, suo figlio, e scopriamo solo ora che si è battuta anche per lui.

«La mia vita privata era in un tritacarne. Ero convinta che quello che avevo da dire lo dovevo comunicare agli inquirenti. Ma le mie dichiarazioni finivano sui giornali. Non solo. Un giorno ho visto un video da dove spuntava il visino di mio figlio. Allora ho detto: stop. La mia bambina è su tutte le locandine perché è scomparsa, ma mio figlio non si tocca. È stata una vergogna, tutti si sentivano liberi di fare quello che volevano».

Ce l’ha fatta.

«Sì, e tanti neanche sapevano di mio figlio che ora ha 29 anni».

È andata dal presidente della Repubblica e da alcuni ministri.

«Ho fatto tanti incontri istituzionali e non per questo ho finito: miro a un’inchiesta parlamentare sul caso Denise, a tutto tondo. Vorrei che fosse valutato il lavoro fatto in questi anni per vedere cosa non è andato bene. Tante le energie profuse e i soldi pubblici spesi e noi siamo qui senza sapere che cosa sia successo. Se non c’è chiarezza restano i dubbi».

Le sua battaglia ha portato a due nuove norme sui minori.

«Quando ho saputo che il sequestro di un bambino veniva punito con pene meno severe non ci ho visto più. Lo so che il dolore dei familiari è lo stesso se il sequestrato è un adulto o un bambino, ma se rapisci un minorenne e lo togli al suo ambiente, ai suoi affetti, ala sua casa, ne stai uccidendo l’identità. Hanno cambiato la legge. Ed è stata introdotta nel 2009 anche la norma sulla sottrazione del minore da parte di uno dei genitori».

Lei vive ancora a Mazara del Vallo?

«Sì, nella stessa casa. Dove però vorrei fare un bel giardino, con le rose profumate, i tulipani, la bouganvillea lilla, per vivere finalmente la mia intimità».

Come si va avanti?

«Quello degli scomparsi è un mondo sospeso, senza verità non potrai mai avere pace».

In cuor suo, Denise è viva?

«Non abbiamo mai perso la speranza. Mai, mai. Noi non viviamo di sogni e fantasie. Abbiamo le nostre paure. Ma non è mai emerso nulla che dimostri che Denise non è più in vita. E allora va cercata. Fino a prova contraria».

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