Nonostante le molteplici difficoltà e nonostante i malumori da più parti manifestati, sembra proprio che il governo giallo rosso si farà, salvo colpi di scena direttamente connessi agli esiti del voto sulla piattaforma Rousseau.

Che si tratti di esecutivo costituzionalmente legittimo nessuno può metterlo in dubbio, eppure, tanto le forze politiche estranee alla trattativa quanto gran parte degli italiani, a torto o a ragione, manifestano la loro insoddisfazione e indicano nelle elezioni l’unica e giusta via per garantire al paese una rappresentanza parlamentare realmente espressiva della volontà popolare e, come tale, idonea a garantire la tanto decantata governabilità.

Ma è veramente così? L’attuale legge elettorale è davvero idonea a garantire la governabilità come intesa nell’immaginario collettivo, ossia come realizzazione del programma di governo presentato dal partito o dalla coalizione che riceva il maggior numero di preferenze? Esiste una legge elettorale perfetta? È meglio il sistema maggioritario, quello proporzionale o quello misto?

Premesso che in realtà, a mio modo di vedere, nessun partito, per le ragioni più disparate e dipendenti dai problemi interni agli stessi, vuole davvero tornare alle urne di qui a poco, e sotto sotto, nonostante l’apparente disappunto alimentato dalla necessità di non deludere il proprio elettorato, tira un proverbiale sospiro di sollievo fondato sulla convinzione che tanto la nuova alleanza, se conclamata, durerà, per così dire, "da Natale a Santo Stefano" dando a tutti il tempo per riorganizzarsi, debbo dire che non esiste un rapporto diretto tra governabilità e legge elettorale, sicché tornare immediatamente alle urne potrebbe non essere così opportuno. Sarebbe davvero ingenuo e utopico convincersi del contrario, tanto più, quando, per costante insegnamento, si tenga conto del fatto che un qualsivoglia sistema elettorale che possa dirsi veramente utile deve garantire, nel contempo, democraticità, rappresentatività ed autosufficienza rispetto alle preferenze riportate dai candidati meno votati.

Zingaretti al lavoro per il nuovo governo (Ansa)
Zingaretti al lavoro per il nuovo governo (Ansa)
Zingaretti al lavoro per il nuovo governo (Ansa)

Ma allora, se così è, quale sistema elettorale sarebbe da preferire per consentire che la rappresentanza parlamentare rispecchi veramente la volontà del popolo sovrano? La domanda è di quelle da un milione di dollari e la risposta assai deludente perché, come pure il post 4 marzo 2018 ha chiaramente dimostrato, non esiste la legge elettorale perfetta ma solo quella più opportuna e, tutto sommato, stando così le cose, il meccanismo costituzionale che impone, in caso di crisi di governo, l’esplorazione di maggioranze alternative, ci piaccia oppure no, potrebbe costituire, e sottolineo la formula dubitativa, la naturale quadratura del cerchio, quando l’interesse del Paese prevalga sugli interessi e sulle ideologie dei singoli partiti i quali, anziché procedere con attacchi senza esclusioni di colpi, dovrebbero attivarsi fattivamente per impedire il configurarsi di pericolosi estremismi e storture. Intanto, perché sebbene il sistema proporzionale sia idoneo a garantire la sopravvivenza dei partiti mortificando irrimediabilmente il ruolo dei singoli candidati, tuttavia, lo stesso ridetto sistema impone la formazione di ampie coalizioni che pregiudicano, inevitabilmente, la governabilità.

Quindi, perché se è vero, per converso, che il sistema maggioritario è idoneo a garantire una maggioranza certa e ad esprimere un rapporto diretto e conseguente tra gli elettori ed i propri rappresentanti premiando di fatto il candidato che risulti essere la reale espressione della preferenza sul piano squisitamente territoriale, tuttavia, esso scontenta necessariamente le minoranze che non si sentono rappresentate le quali, gioco forza, potrebbero quindi preferire, alla lunga, l’astensionismo per la convinzione, non contestabile, che il Parlamento, a prescindere dai vincitori, dovrebbe essere comunque espressione, seppure anche in misura minore, della volontà di tutti gli italiani. Infine, perché se anche il sistema misto sembrerebbe allora da preferire, tuttavia lo stesso, quale quello attualmente espresso dalla legge elettorale vigente in Italia, che è definito misto seppure in realtà a prevalenza proporzionale, finisce in ogni caso per favorire le coalizioni non risultando quindi risolutivo sul piano della governabilità intesa quale situazione di equilibrio sociale, economico ed istituzionale idonea ad assicurare la continuità della azione di governo.

Insomma, la stabilità governativa sembra essere davvero una utopia e, proprio per questo, la crisi incautamente avviata l’8 agosto scorso da Salvini appare gravemente dannosa per noi italiani siccome al di là degli imminenti ed improrogabili impegni che richiedono un esecutivo fortemente operativo, essa è servita unicamente a palesare lo spasmodico individualismo di un leader sospinto dalla sola esigenza di capitalizzare, per sua stessa sfrontata affermazione, il proprio consenso.

Il logo della piattaforma dal Blog delle stelle
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Sul piano politico un’autentica aberrazione idonea a far rimpiangere addirittura i tempi del Pentapartito che per lunghi anni, dal 1981 al 1991, nonostante le criticità ad esso riconducibili, aveva assicurato al paese un governo stabile siccome pariteticamente composto da democristiani e rappresentanti dei partiti minori ad esso alleati, ossia PSI, PSDI, PLI e PRI, e siccome orientato a garantire la alternanza dei leader di tutti i partiti di maggioranza alla Presidenza del Consiglio. Altri tempi altre logiche, altri Uomini di Stato, è vero. Ma oggi che pure la piattaforma Rousseau è atterrata in Parlamento, su chi dovrebbero fare affidamento gli italiani? Oggi, come direbbe il bimbo napoletano del libro di Marcello d’Orta, "io speriamo che me la cavo".

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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