I signori dei fanghi fognari pugliesi hanno fretta. Di lasciare in Puglia la melma putrida delle fogne di Bari e dintorni non ne vogliono nemmeno sentire. Fremono come non mai dal desiderio di varcare il Tirreno con una carovana infinita di camion carichi di sintesi fognaria e portare in Sardegna quel truculento tanfo che nella terra d'origine dei trulli non vogliono nemmeno per sogno. Sembra che la destinazione finale dei wc pugliesi sia ad ogni costo la terra sarda, non foss'altro perché in ballo ci sono molti milioni di euro, tutti destinati a coloro che hanno scambiato l'isola per una cloaca a cielo aperto. La catena di comando che ha deciso questa nuova via della fogna di Bisceglie e Taranto, di Martina Franca e Lecce, verso la Sardegna ha testa in Puglia e portafoglio nell'isola. La decisione del Tar del 5 agosto scorso ha bloccato con mano decisa quel flusso sotterraneo di scarichi putridi verso l'Isola e ha messo spalle al muro gli ideatori del business meno profumato della storia. La reazione non si è fatta attendere. Nel primo giorno utile del mese di settembre, ieri, nell'anno del Covid, i legali delle società protagoniste del business hanno dichiarato guerra, al Tar, alla Provincia di Sassari e soprattutto alla Regione. Non hanno nemmeno atteso la fissazione dell'udienza di merito da parte del Tribunale amministrativo regionale. Quell'ordinanza-sentenza emessa dalla seconda sezione dei giudici di Piazza del Carmine non lasciava margini di manovra: quei fanghi fognari in Sardegna non possono e non devono arrivare. Per questo motivo con un'azione congiunta, gli intermediari dell'operazione e gli utilizzatori finali di quell'eccelso prodotto da economia fiorente e interminabile, hanno deciso di rivolgersi ai giudici supremi del Consiglio di Stato.

L'affaire fognario

Le carte dell'affaire fognario del secolo entrano nelle sale alte della giustizia amministrativa romana. Più che una causa legale una vera e propria guerra, senza esclusione di colpi. La prima a varcare la soglia di Palazzo Spada a Roma, sede del gran giurì amministrativo, è stata la Domus srl, la società intermediaria con sede a Sassari, che si dimena come non mai per trasportare dalla Puglia in Sardegna quel copioso fiume di fanghi fognari. La funzione di questa società a responsabilità limitata è quella di "intermediaria". Tradotto: guadagna a piene mani per svolgere l'intermediazione economica e gestionale per il trasferimento dei fanghi in Sardegna. E' di fatto il braccio intermediario sardo della Emmegi Ecologia, l'altra società intermediaria di Bari che ha partecipato e vinto, con il prezzo più basso e il quantitativo più rilevante, la gara per aggiudicarsi lo smaltimento dei fanghi dei depuratori pugliesi. Le argomentazioni dei legali della società sarda sono un fiume in piena, dalle censure dell'operato dei giudici del Tar Sardegna, accusati di non aver correttamente applicato le sentenze della Corte Costituzionale sino all'aspetto più succulento dell'intero contendere: il denaro.

Denaro in periculum

E' l'ossessione del ricorso: rischiamo di perdere l'affare milionario del trasporto e interramento dei fanghi fognari dalla Puglia alla Sardegna. E per far capire che in ballo c'è un fiume di denaro ricorrono alla formula latina del "periculum in mora", ovvero il "pericolo del ritardo" o peggio del "pericolo del danno causato dal ritardo". Come dire se non si decide in fretta ci fate perdere soldi, molti soldi. Sono perentori nel descrivere il disastro economico che avrebbe già maturato la Domus senza quei fanghi fognari: "il danno lamentato - scrivono i legali nel ricorso al Consiglio di Stato - è grave e irreparabile, atteso che il divieto di conferimento dei rifiuti di provenienza extra- insulare è causa di gravissimo pregiudizio economico per Domus". Danni quantificati, dalla sentenza del Tar ad oggi, in 70 mila euro al mese per l'intermediazione e un milione e 400 mila euro di fatturato. Fanghi d'oro con un epilogo altruistico che sfocia nel libro cuore delle fogne altrui. Il pericolo che gli avvocati mettono nero su bianco, senza alcun timore di scadere nell'improvvido sentimentalismo patriottistico, è degno di una paternale d'altri tempi. Scrivono nell'atto: emergono esigenze imperative connesse all'urgenza di smaltire i rifiuti speciale da parte dell'Acquedotto pugliese. Se si arresta lo smaltimento in Sardegna - scrivono i legali - vi è il rischio di un pericoloso accumulo di rifiuti in Puglia che pone a rischio altri cittadini italiani".

Para patriottismo fognario

Il para altruismo francescano non si ferma e si preoccupa persino della casse finanziarie della Regione Puglia: «se la Domus non potrà portare i rifiuti fognari in Sardegna l'Acquedotto Pugliese sarà costretto a rivolgersi ad altri con costi maggiori e quindi con un danno economico anche per la pubblica amministrazione». La società sassarese, che governa i fanghi fognari pugliesi destinati anche al sequestrato impianto di Magomadas, dopo l'ardito impegno "sociale" ricorda ai Giudici del Consiglio di Stato che se non decideranno a loro favore la richiesta danni salirebbe a «1,9 milioni oltre ai danni già patiti e patendi», oltre ai danni d'immagine. Se la Domus gestisce i rapporti con la Puglia per questo "altruistico" trasporto di melma altrui in terra sarda, la Siged di Antonio Marras, amministratore unico di una catena di discariche "speciali" nel cuore della Sardegna più devastata, nell'area industriale di Porto Torres, è il punto d'arrivo di cotanto olezzo formato pugliese.

Da Rovelli ai fanghi di Bari

Al centro di un'area dichiarata di interesse nazionale per la gravità dell'inquinamento non solo non si pensa di bonificare ma l'obiettivo è quello di continuare a interrare rifiuti in discarica, come se niente fosse, come se Rovelli e company avessero in quell'area piantumato boschi salubri anziché ciminiere e rivoli sotterranei di veleni. Dentro quell'area carica di ogni devastante sostanza vogliono continuare a portare un fiume di fogna sintetizzata dalla Puglia prendendo a prestito persino la scusa del Covid. Partner dell'operazione sardo-pugliese, la società sassarese delle discariche ha atteso qualche ora dalla presentazione dell'opposizione della Domus per varcare con un proprio atto le soglie romane della giustizia amministrativa. Anche in questo caso le disquisizioni giuridiche, già sconfitte in sede di Tar, vengono surclassate dal "periculum in mora" ben disposto sull'altare del privatissimo interesse.

Covid & rifiuti

«L'attività economica della società ricorrente - scrivono i legali - verrebbe, infatti, gravemente pregiudicata dal divieto di conferire rifiuti extra-regionali che, tanto più nel contingente periodo emergenziale, le consentirebbero di superare l'attuale situazione di crisi economica, che rende ancora più competitivo il mercato dei rifiuti, col rischio di perdere le relative commesse». Come dire: il Covid fa produrre meno rifiuti e, quindi, per compensare i nostri affari, dobbiamo assolutamente portare in Sardegna le fogne altrui. Eppure il Tar era stato chiaro: se proprio dovete interrarli dentro una buca tanto vale sotterrarli in Puglia. Il "periculum in mora" invocato dalle società ha chiarito tutto: questione di denari, poco importa se quei fanghi, secondo un principio costituzionale di prossimità, dovrebbero restare a due passi da chi li ha prodotti. In Sardegna, invece, diventano fanghi fognari d'oro.

Mauro Pili
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