Nei giorni scorsi il decreto sicurezza bis ha incassato il sì della Camera nonostante 90 voti contrari, l’astensione di 17 grillini e di Sgarbi e l'assenza strategica di Fico. La parola passa ora al Senato.

"La pacchia è finita", disse Salvini all’indomani dell’approvazione del primo decreto sicurezza rivolgendosi alle Ong. Niente di più lontano dalla realtà, e il concepimento del decreto bis conferma che tutto sommato nulla è cambiato e che anzi il tentativo di porre un argine ai fenomeni migratori, come pure il perseguimento dell’obiettivo dell’ordine pubblico, sono stati un autentico flop. Né il nuovo decreto, composto di ben 18 articoli avrà migliore fortuna con buona pace del Ministro dell’Interno.

La Corte Costituzionale, con propria sentenza n. 22/2012, ha già sancito a chiare lettere l’illegittimità di ogni decreto legge, quale quello in esame, che non rispetti il vincolo della omogeneità del suo contenuto come implicitamente previsto dall’art. 77 della Costituzione, la cui violazione altro non fa se non generare incertezza normativa sintomatica, a sua volta, della mancanza di un indirizzo politico preciso da parte del Governo. Quindi, perché se è vero che il decreto legge va adottato nei soli casi di necessità e urgenza, allora certamente non è lo strumento opportuno per contrastare le migrazioni di massa le quali, lungi dal porsi come fenomeno emergenziale, sono oramai da anni, ma Salvini forse era distratto, un fenomeno strutturale da gestire più che da contrastare, e gestire richiede senz’altro un impegno e una competenza maggiore rispetto a quella di chi pretende solamente di abbassare una saracinesca e "arrivederci e grazie".

Poi, perché anche questo decreto bis, come il primo, e nonostante taluni marginali correttivi, contrasta comunque non solo con numerose convenzioni internazionali ratificate dall’Italia, quali UNCLOS, SOLAS, SAR, Ginevra, e Montego Bay che hanno loro stesse rango costituzionale, ma anche con gli articoli 10, 11, 117 della nostra stessa Costituzione e con l'art. 593 codice penale in materia di omissione di soccorso. Poi, perché non si può seriamente pensare che un semplice decreto legge, seppure convertito in legge ordinaria dello Stato, possa prevalere sul principio, avente rango costituzionale, quindi assoluto, per cui un qualunque Stato costiero, se dotato di porto più sicuro rispetto a quelli limitrofi sui quali graverebbe l’obbligo di soccorso e di approdo, deve prestare la propria disponibilità non solo al soccorso ridetto ma anche all’ingresso in porto.

Infine, perché il ministro dell’Interno tace, più o meno volutamente, sul fatto che gli sbarchi di maggiore rilevanza sono sempre stati, e continuano ad essere come la cronaca quotidiana riporta, quelli gestiti da meri barchini di circostanza sui quali mai alcun riflettore si è acceso, e alcuna strenua battaglia di contrasto è stata portata inspiegabilmente avanti. Se a tutto questo si aggiunge che mai alcuna procura, per quanto mi consti, ha accertato legami leciti e/o men che meno illeciti tra Ong e trafficanti di esseri umani, e che le sanzioni previste in questo decreto bis a carico di chi ora viola il divieto di ingresso nelle acque italiane, ma in buona sostanza si legga a chi esercita il soccorso (che si badi bene è già di per se stesso atto sempre legittimo), rappresentano una palese violazione anche del principio di non discriminazione, cosa ce ne dovremmo fare di questo intervento normativo?

Tanto più quando proprio la Lega, il 25 luglio, del tutto incoerentemente con gli obiettivi che dice di voler perseguire, si è fatta lecita di votare contro l’ordine del giorno, fondamentale per l’effettuazione dei rimpatri dei clandestini, il quale prevedeva l’utilizzo a tal fine dei risparmi della Camera. A che gioco stanno giocando? Oramai è chiaro per tutti che questo governo più verde che giallo, di fatto privo di elementi e progettualità comuni da portare avanti, altro non fa, tra minacce di crisi e riappacificazioni forzate e striminzite, se non tirare a campare. E a chi giova tutto questo? A noi italiani? Direi proprio di no. A buon intenditor, allora, poche parole.

E purtroppo tanto il Parlamento quanto il Presidente della Repubblica (ma soprattutto quest’ultimo considerato che del Parlamento fa parte la maggioranza di governo interessata a far uso smodato della normazione di urgenza per bai-passare il procedimento ordinario), ossia gli organi preposti al controllo del decreto legge, sembrano non funzionare con grave pregiudizio in termini di certezza del diritto e di effettiva governabilità. È fin troppo chiaro che continuare a consentire l’uso indiscriminato di questo strumento normativo si traduce in una inaccettabile legittimazione, contraria alla Costituzione, di inadempienze procedimentali idonee solamente a svigorire proprio la forma di governo parlamentare che paradossalmente costituisce essa stessa la causa del suo male. E oggi più di sempre si appalesa necessario il rispetto, da parte delle istituzioni, della nostra carta fondamentale e il Presidente della Repubblica deve, essendo suo compito farlo, rompere il silenzio e intervenire pesantemente al fine di arginare il disordine normativo causato da questa maggioranza di governo. Il Paese necessita sì di interventi: ma di interventi mirati a rilanciarne l’economia per favorire la creazione di posti di lavoro e il riavvio delle attività produttive non di proclami normativizzati alla spicciola.

Giuseppina di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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