Stefano doveva essere un tifoso rossoblu e un simpatizzante del Milan. Sulla sua lapide di giovane uomo morto a 25 anni, il tradizionale arredo di vasetto coi crisantemi bianchi e croce quasi sparisce tra le scolorite figurine di Cabrera e Maldini, gli angioletti di gomma, le coccinelle di plastica, e la foto di lui medesimo, tifoso in posa con la sciarpa del Cagliari. Alessio, invece, defunto a 27 anni, non c'è dubbio che avesse la passione per le due ruote. È ritratto a cavallo della sua moto e poi in primo piano col berretto e la tuta da centauro, circondato da una pioggia di cuoricini rossi e pupazzi di peluche. Addobbi natalizi, invece, sulla lapide di Giuseppe e una girandola colorata sopra la tomba di Mirko.

Dev'essere un segno dei tempi che viviamo, questo annullamento della distanza tra la vita e l'aldilà. I morti non ci guardano più dai ritratti tristi, imbalsamati in pose di trequarti o formato tessera. Adesso occhieggiano da foto vacanze a tutta lapide col mare del Poetto in sottofondo, ci dicono che erano fumatori accaniti (hanno la sigaretta sulle labbra o tra le dita), appassionati di motori e di pallone. In mezzo a rosari, immaginette di santi, spiccano scarpine, foulard, dediche di fidanzate e vedove con tanto di foto-ricordo, come se il morto fosse un soldato al fronte. Fatevi un giro al cimitero di San Michele, la casa dei defunti cagliaritani. Sono centinaia le tombe così.

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