I clienti passeggiano tra i box senza troppa convinzione, qualcuno chiede il prezzo e vira altrove. Tra i commercianti, al mercato di via Quirra di Cagliari, tira una brutta aria. Un po’ perché l’andazzo è lo stesso da un pezzo, un po’ perché le aspettative, per l’arrivo delle feste di Pasqua, erano altre. E invece l’aumento delle vendite non c’è stato: «In passato per il venerdì santo», spiega un macellaio, «c’era il pienone. Ora procede tutto a rilento».

In effetti non si respira un clima da assalto: l’agnello resta l’articolo più gettonato, ma non tutti possono permetterselo: in tanti, per risparmiare, comprano al supermercato. «La situazione è drammatica», dice Maurizio Angius, dal suo box della carne. «I prezzi aumentano, e per lavorare in questo periodo noi dobbiamo avere questa proposta, con determinati articoli. Siamo soffocati dalla grande distribuzione, le persone ormai comprano lì: da anni chiediamo un intervento dell’Antitrust, ma non si è mai visto. Noi piccoli commercianti soffriamo». Già, la grande distribuzione. Anche Ivo Floris individua lo stesso problema: «Ci penalizza, anche con gli orari, e noi ne stiamo pagando le conseguenze. Poi i prezzi sono alti, perché sono alti all’ingrosso: così la gente non compra o compra dove riesce a risparmiare qualcosina. Per essere la settimana di Pasqua l’afflusso è scarso».

La situazione migliora leggermente nella zona del pesce: anche se il periodo è tradizionalmente “da carne”, si contano più clienti tra i box. Comunque troppo pochi, anche a confronto con gli anni passati: «Le persone non hanno soldi», fa notare Antonio Burini. «Stranamente l’anno scorso, passata la pandemia, abbiamo lavorato bene. Poi coi rincari, dalla benzina in giù, è crollato tutto di nuovo». E infatti sono in tanti, tra gli acquirenti, a lamentarsi dei prezzi troppo cari: «L’80%», dice Mario Uras. «Noi lavoriamo dalle tre del mattino, ma i risultati sono pochi. L’afflusso è abbastanza normale, come qualsiasi altra settimana di aprile. La grande distribuzione ci spezza le gambe: loro magari mettono un articolo a un buon prezzo, i clienti vanno lì a comprare, e poi guadagnano con altro. Noi non possiamo farlo».

Così avviene la fuga della clientela abituale: «È il popolo, il ceto medio, il povero. Sono loro», spiega Stefano Melis, «che cucinano e mangiano a casa. E sono loro che ci hanno sempre dato da mangiare. Se il ceto medio, i poveri e i pensionati stanno male, stanno male tutti. Negli anni ‘80 si stava meglio: quando c’era Berlinguer era diverso». 

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