Grandi numeri per prestazioni d'eccellenza in piccoli spazi, ristretti e non a norma.

Quattro cubicoli di un metro e mezzo per due, collegati da un corridoio lungo nemmeno due passi illuminato da un faretto attaccato alla parete alla bell'e meglio: dietro la porta delle stanzette l'unica luce è quella riflessa dai monitor degli ecografi - lo schermo è in bianco e nero - incastrati tra il muro e il lettino. Non ci sono finestre. Nemmeno ricambio d'aria.

È un angolo cieco del Microcitemico questa parte di Ginecologia e Ostetricia. E il resto del reparto non è migliore.

Basta un giro. Gli aggettivi sono: improvvisato, precario, ristretto. Come gli spazi per la banca dell'embrione.

Uno s'immagina stanze ipertecnologiche: è una camera chiusa da un paravento stipata di fusti, infilati anche sotto una scrivania.

Le sale operatorie al "Cao" sono state realizzate, finite nel 2011, ma non sono mai state aperte. Perché nel frattempo è stato necessario trasferire i reparti della clinica Macciotta da via Porcell, che cadevano a pezzi.

Un pasticcio fatto di lungaggini e soldi spesi per continue ristrutturazioni, da una parte e dall'altra.
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