Nel parco Monte Claro, una volta inglobato nell'ospedale psichiatrico e oggi proprietà della Provincia, cominceranno lunedì gli scavi per riportare alla luce il pozzo sacro di età nuragica scoperto, due anni fa, dall'archeologo Nicola Dessì.

Secondo le prime stime fatte da Donatella Mureddu, funzionario archeologo della Soprintendenza di Cagliari, si tratta di una struttura a pianta circoldare di due metri e mezzo di diametro con mura lavorate con la tecnica della martellina. Il tempio delle acque doveva poi essere provvisto di una chiusura del tipo "tholoide".

Ma tutta la zona del parco ha un'importante valenza archeologica (dal 1800 al più recente dopoguerra le scoperte di Taramelli e Atzeni) tanto che sui testi si parla di cultura di Monte Claro.

La stratificazione è stata confermata anche da altri ritrovamenti; a poche decine di metri dal pozzo sacro sono state ritrovate delle anfore romane, grazie alla segnalazione di un giovane che passeggiava nel parco. Il fatto che le scoperte siano all'interno di un parco pubblico rappresenta una garanzia per la loro tutela.

L'AUTORE DELLA SCOPERTA - Giovanni Lilliu, il padre dell'archeologia sarda scomparso lo scorso anno, definì la sua tesi di laurea 'un monumento': due tomi sul popolamento in età nuragica nel Sulcis. L'archeologia, per Nicola Dessì, è una passione di sempre: 32 anni di Perdaxius, nel Sulcis, il giovane archeologo autore della scoperta del pozzo sacro di probabile epoca nuragica al Parco di Monte Claro di Cagliari, non è nuovo a ritrovamenti.

Nel 2009 scoprì un Menhir a San Giovanni Suergiu, ancora, un betilo a Tratalias, alcuni scheletri umani di epoca medievale nel castello di Acquafredda a Siliqua nel 2005, un altro pozzo sacro di età nuragica nel territorio comunale di Perdaxius nell'anno 2008 e altri siti pertinenti l'età preistorica e protostorica in Sardegna. Ma questa scoperta per lui ha un significato particolare. "Passeggiavo nel parco e mi sono imbattuto in questi resti e ho subito fatto la segnalazione alla Soprintendenza". Solo fortuna? "La scoperta si deve al caso, ma è anche vero che se non si cerca non si trova. Infatti le ricerche si concentrano su altre epoche, in primis quella fenicia, punica e romana e testimonianze nuragiche nell'area urbana di Cagliari effettivamente non sono state cercate nell'ultimo ventennio". Secondo l'archeologo tutto farebbe pensare ad un pozzo sacro: la pianta è circolare, le pietre sono lavorate con un tecnica tipica dei pozzi sacri, ci sono tracce del vestibolo di accesso. "In assenza di dati sono andato per esclusione - spiega Dessì - non abbiamo strutture prenuragiche di quella tipologie. Poteva anche essere un forno per la cottura della calce, ma le pareti dei forni sono cilindriche e inoltre non abbiamo trovato tracce di combustione. I nuragici che conoscevano bene le proprietà delle pietre hanno utilizzato non a caso la pietra cantone, una roccia calcarea tenera ma impermeabile allo stesso tempo". Si lascia andare ad un accenno polemico: "Oggi i monumenti riguardanti la preistoria di Cagliari non sono visibili, sommersi dal cemento o distrutti da cave - afferma Dessì - le prime tracce della frequentazione neolitica sarda le abbiamo proprio in questa città. Vennero rinvenuti nell'anno 1878 cospicui reperti ceramici di cultura cardiale che risalgono a 8000 mila anni fa". Reperti oggi esposti al Museo nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini di Roma.
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