Scatole cinesi, intrecci societari spaventosi tra multinazionali e sconosciute società di periferia, affari milionari, ricchi premi, tanto litio e nel futuro anche cobalto. Il grande sacco elettrochimico della Sardegna è appena agli inizi. Il caso della Quartucciu Bess, la società che vorrebbe realizzare nei terreni agricoli a cavallo tra la nuova SS.125 e l’agglomerato urbano vicino a San Gregorio un mega impianto di litio per immagazzinare energia, è la punta di uno scacchiere con tante pedine e molti giocatori. A dare le carte sono sempre loro, i signori dell’energia, quelli dei palazzi romani, dagli uffici elettrici dell’Enel a quelli di Terna la società che dovrebbe, il condizionale è d’obbligo, gestire con equilibrio la trasmissione elettrica dell’intero Paese.

L’intreccio

In realtà basterebbe leggere gli esiti di quella che loro stessi chiamano “l’Asta Madre 2024”, una sottospecie di competizione dove può di fatto partecipare chiunque, dalla multinazionale all’ultima scalcagnata società con sede in un garage di periferia. Non chiamatela, però, democrazia energetica. Dietro quelle anonime “esserrelle” ci sono sempre loro, i colossi dell’energia. Un tentativo goffo, ma documentato, con tanto di visure camerali, di affidare operazioni milionarie a soggetti sconosciuti che di fatto svolgono un mero ruolo di front-man. Dalla “madre” delle ultime assegnazioni l’asta elettrica emerge limpida la fotografia di un’Italia a due marce, da una parte lo Stivale con tanta energia, “potente e continua”, con l’aggiunta di qualche batteria per prevenire eventuali possibili blackout energetici e dall’altra la Sardegna, con la chiusura di tutte le termocentrali, quelle in grado di fornire energia ad alta intensità e continua, da sostituire con una valanga di batterie elettrochimiche da piazzare da nord a sud dell’Isola.

Il “pacco” elettrico

Enel & soci riescono persino a spacciare, con una campagna pagata fior di quattrini, questa scelta come una grande conquista “ecologica” per la Sardegna. In realtà è l’esatto contrario. Il concetto è semplice: all’Isola dei Nuraghi tagliano l’energia “potente e continua” e l’attaccano alle batterie. Non per stabilizzare il sistema elettrico, ma per spendere il meno possibile. I dati parlano chiaro: su 1.121 megawatt assegnati per “nuovi accumuli” alla Sardegna ne sono stati assegnati ben 528. Alla Sardegna il 47% delle batterie italiane per un milione e mezzo di abitanti, il restante 53% per i restanti 58 milioni. Una sproporzione che la dice tutta sulla palese ed evidente “discriminazione” energetica. Se si guardano i progetti presentati nella “madre del 2024”, molti di quelli relativi alla penisola riguardano “batterie” da installare nelle riconvertite centrali elettriche, con il semplice e comprensibile compito di messa in sicurezza per eventuali guasti tecnici nella produzione elettrica, in Sardegna invece no, l’obiettivo è quello di far dipendere l’intero sistema dalle batterie elettrochimiche.

Dipendenti dalle batterie

Uno scenario che rende l’insularità ancora una volta, e sempre di più, un divario intollerabile nelle precondizioni infrastrutturali per lo sviluppo. Del resto è impossibile ipotizzare che attività produttive, di qualsiasi genere, possano scegliere di posizionarsi in Sardegna quando viene meno uno dei fattori competitivi primari come l’energia.

Corsa all’oro

A questo scenario si aggiunge la corsa sfrenata e incontrollata agli incentivi milionari. I numeri sono da corsa all’oro. Secondo il lessico appositamente incomprensibile ai più, per le “Capacità Disponibili in Probabilità” si è scatenata anche in questo versante, una vera e propria abbuffata di “premi” milionari da far spavento. E ovviamente a chi realizza le “batterie elettrochimiche” in Sardegna viene garantito un premio rilevantissimo di ben 51.012 euro a megawatt all’anno. Facendo i conti in tasca ai signori che sistemeranno senza colpo ferire queste batterie dal nord al sud della Sardegna il risultato è ciclopico.

538 milioni di premi

Per quelle centrali elettrochimiche sarde riceveranno la bellezza di 26 milioni e 934 mila euro all’anno. Considerato che si parla di un esercizio elettrico di oltre 20 anni, l’esborso dell’erario, solo per i premi, sarà di ben 538 milioni di euro. Ben si comprende, quindi, la silenziosa corsa che si è scatenata in Sardegna per accaparrarsi cotanti incentivi, tutti rigorosamente e copiosamente prelevati dalle bollette dei cittadini sardi e non solo.

Sconosciuti & informati

Una corsa tanto sfrenata quanto riservata ai ben informati, che in tempo utile per quest’asta “madre 2024” hanno non solo costituito società ad hoc, senza alcuna esperienza in materia, ma si sono precipitati a presentare progetti, il più delle volte senza nessuno studio alle spalle, con l’unico obiettivo di mettere le mani sull’operazione “batterie”. C’è una costante in molti dei progetti presentati in Sardegna: le società, tutte senza alcuna esperienza nel settore, sono state costituite, in sgabuzzini o quasi, qualche mese prima della presentazione della richiesta di attribuzione di “nuovi accumuli” e conseguenti premi in denaro, molto denaro.

I filoni nascosti

I filoni per scoprire questo intreccio elettrochimico sono due, uno con gli esiti della “Asta Madre 2024”, i cui dati riportiamo nel grafico, e l’altro “scardinando” i procedimenti in corso, ma blindati negli uffici del ministero della Transizione Ecologica. Nel primo caso l’elenco è limitato a 8 assegnazioni, dove, però, non compaiono molte delle società satelliti che hanno effettivamente presentato i progetti al dicastero. Il progetto di Quartucciu, quello rivelato ieri dal nostro giornale, infatti, risulta nell’elenco dell’asta con un impianto di 52 megawatt, assegnato, però, all’Enel Produzione, senza far cenno alcuno alla centrale da 180 megawatt per la quale la “EnergyQ1Bess-srl”, ha persino pubblicato gli atti di esproprio.

Già finanziati

L’elenco si infittisce con due impianti ad Ottana, uno da 135 megawatt, attribuito senza intermediari all’Enel Produzione, e uno da 18 megawatt assegnato alla Iren Energia Spa, due a Portovesme, uno da 115 e l’altro da 82 megawatt, in carico anch’essi a Enel Produzione. Sempre nel sud Sardegna uno modesto da 4 mw è stato assegnato alla Iren Energia da realizzare a Guspini.

In attesa

Nel faldone Sardegna, però, esiste una vera e propria selva di ulteriori progetti che attendono l’autorizzazione del Ministero. Qui la potenzialità delle centrali elettrochimiche si fa ancora più consistente: Metka Egn Sardegna ad Ottana - 25 megawatt; Enel Green Power da 50 mw a Nulvi; EP Fiumesanto da 100 mw a Portotorres; Furtei Bess 50 mw a Furtei; Bess Sanluri da 50 mw; Enel Green Power a Oristano da 20 mw; Whisol-E a selargius per 150 mw; Enel Green Power a Codrongianus da 140 mw. In questa classifica delle batteria in attesa spuntano ulteriori intrecci tra società sconosciute e le multinazionali.

Furtei e Sanluri, gli intrecci

OItre a quelle già individuate a Quartucciu, emergono elementi equivoci nelle operazioni di Furtei e Sanluri. In tutti e due i casi le società sono state costituite qualche mese prima dell’avvento delle batterie nel mercato degli incentivi. In una delle visure camerali, Bess Sanluri, alla voce proprietà risulta: «Enel Green Power – la quota di 10 mila euro è stata costituita in pegno». La domanda è lecita: per quale motivo una multinazionale opera attraverso una società sconosciuta e costituita all’ultim’ora? Una storia di misteri per l’ennesimo affare elettrochimico in terra sarda.

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