Qui, un anno dopo, i cartelli stradali sono epitaffi indelebili scolpiti per sempre dal grande fuoco. Indicazioni arse vive dall’incedere impetuoso di quelle fiamme, fattesi lingue infernali di morte, sospinte come non mai dalla furia del maestrale e dall’insipienza criminale. La scritta San Leonardo è consunta come se la furia di Pompei fosse passata per quest’eremo, resta leggibile come un negativo fotografico solo la direzione, a sinistra per Macomer, sempre dritti per Santu Lussurgiu.

L’hanno visto tutti

Chiunque passi per quest’arteria tortuosa non può non scorgere quella ferita violenta ancora grondante di cenere e distruzione che 15 mesi fa ha attraversato l’oasi del Montiferru, sino a illuminare di fuoco il mare di Santa Caterina di Pittinuri. L’hanno visto tutti, o quasi, quel disastro immane di quei giorni nefasti che dal 23 al 25 luglio del 2021 ha segnato per sempre quel lembo di paradiso tra la valle del Temo e il Sinis, passando per il Marghine e il Montiferru. La povera gente di questa terra ha perso tutto, uliveti, bestiame, speranze e ricordi. Le lacrime amare per i ristori promessi hanno fatto a tempo a seccarsi. Sono rimaste quelle rocce basaltiche trasformate in selva nera, quei tronchi millenari diventati carbone, come se i rami fossero miniere di lignite a cielo aperto.

Ma non tutti

L’hanno visto tutti, ma non tutti. C’è chi, per esempio, l’anniversario di quell’immane disastro ambientale, economico e sociale l’ha celebrato tra i meandri del ministero della transizione affaristico eolica, quello che in due anni ha dichiarato guerra all’Isola di Sardegna. Hanno agito nel silenzio, alle spalle e senza pudore. Il piano è ancora secretato dentro il palazzo di Roma. La giustificazione per negare carte e documenti è consolidata: verifica amministrativa. Non c’è uno straccio di carta ufficiale su quel che si sta pianificando nel cuore del Montiferru. Ci sono i confini di quello che potrebbe essere il colpo finale al cuore dell’Isola.

La mappa del sequestro

La mappa è circoscritta. Da Santu Lussurgiu a Scano Montiferro, passando Sagama, Tinnura, Suni, Sindia sino a spingersi verso Macomer, la capitale del Marghine. L’assalto è circostanziato, almeno sette progetti, tutti con nomi e cognomi, grandi multinazionali e signorotti del vento calati in terra di Sardegna per “sequestrare” vento e farsi pagare milioni e milioni di euro di incentivi di Stato. Alcuni non hanno atteso nemmeno il mesto anniversario dalla tragedia. Con la grazia dei bulldozer hanno precorso i tempi, come se in quel circolo affaristico del vento sapessero che stava per iniziare la grande corsa. E così effettivamente è stato. I documenti in nostro possesso raccontano molto di più di una contesa di terre dove consumare i propri affari, quella che si è scatenata in questa landa di cenere è una vera e propria guerra del vento. Una storia segnata da uno Stato che non solo non cestina questa aggressione ad un territorio ferito come pochi, ma che insiste a proporre per l’Isola una vera e propria invasione eolica capace di deturpare per sempre ambiente e paesaggio, violentando irrimediabilmente territori già duramente provati.

I compagni dell’Eni

I primi a sbarcare nella terra del fuoco non sono dei “signor nessuno”. Il patron dell’operazione è Pier Francesco Rimbotti, amministratore delegato di Infrastrutture SpA. È lui che alla vigilia dell’ultimo Natale, è il 20 dicembre del 2021, irrompe nel protocollo del ministero che fu di Roberto Cingolani, il fisico con il pallino per il vento sardo. Il progetto corre nella corsia preferenziale del Pnrr: “Parco eolico di Suni”. Non è dato sapersi come possano essere arrivati in questo lembo di Sardegna, ma di certo hanno le idee chiare: conficcare nella terra del grande fuoco dieci pale ciclopiche da 206 metri d’altezza l’una, per produrre 60 megawatt di energia elettrica.

Grattacieli a Suni

I grattacieli d’acciaio oltre a Suni finirebbero nei contigui paesi di Sagama, Sindia e Tinnura. Dei sette progetti presentati è l’unico in chiaro. Documenti riscontrabili con tanto di mappali per un esproprio di pubblica utilità, tanto arrivano a chiedere i magnati del vento. Non un affare per i loro conti bancari, ma un interesse pubblico che nemmeno la fantasia più recondita riuscirebbe ad immaginare. E loro con gli affari giocano in grande. Non è un caso che l’ultima partnership appena dichiarata sia proprio quella con “Plenitude”, il colosso eolico rinnovabile dell’Eni, il padre padrone dell’energia d’Italia.

Portafoglio di vento

L’ambizione è dichiarata senza pudore: “Le sinergie con Plenitude valorizzeranno il know-how, che abbiamo costruito nella nostra trentennale esperienza nel settore, ed il portafoglio di progetti in Italia e Spagna che contiamo di ampliare ulteriormente”. In quel portafoglio progetti appena enunciato nei palazzi dell’alta finanza dall’amministratore delegato di Infrastrutture SpA c’è di certo il Montiferru. Ad inseguire il “socio” d’affari dell’Eni è un altro colosso di Stato. Questa volta a scendere in campo senza preamboli è la società elettrica per eccellenza: Enel Green Power, il braccio eolico statale. In questo caso la calata è ancora più invasiva e pianificata: i signori dell’Enel non si limitano ad un solo progetto ma raddoppiano: la prima centrale eolica da 60 megawatt e 13 aerogeneratori la dedicano a “Sindia”, 1.718 abitanti, confinante con Suni, il paese opzionato da Infrastruttura SpA, la seconda, denominata “Macomer 2”, invece, 8 pale e 48 megawatt si spinge sul fronte opposto del Montiferru, tra Santu Lussurgiu, Borore e Macomer.

Le pale di Stato

Il loro progetto, depositato ufficialmente il 29 aprile di quest’anno, è ancor oggi secretato nelle stanze della Transizione Ecologica. Quando tenti di accedere al malloppo ti rispondono che è in fase di «istruttoria amministrativa». Come per dire: niente ficcanaso, per adesso lo esaminiamo a porte chiuse. L’Enel, però, si è guardata bene da fare proclami, nessuna comunicazione sul duplice progetto in terra di fuoco e vento. Operazione da governare nel più stretto riserbo, come se ci fosse qualcosa da nascondere. E, in effetti, da tenere sotto traccia c’è quel progetto presentato pochi mesi dopo la devastazione di quell’area. I nomi dei mappali prenotati dall’Enel sono preclusi ai non addetti ai lavori, ma è risaputo che nelle aree percorse dalle fiamme niente si può realizzare per almeno dieci anni. È, quindi, evidente, che per progettare la nuova centrale eolica di Stato avranno puntato le attenzioni su quelle aree restate miracolosamente illese dalle fiamme. Tutto questo ignorando, però, che l’impatto di quelle pale da 206 metri non sarà limitato alla sola piazzola di posizionamento di ogni singolo aerogeneratore, già di per se devastante, ma avrà un effetto paesaggistico devastante su tutta l’area colpita dall’incendio del luglio del 2021.

La corsa al vento

I documenti in nostro possesso, però, lasciano intravvedere su quelle aree una e propria guerra eolica, tra i player più forti, Eni ed Enel, e altrettanti soggetti sconosciuti o quasi, pronti ad impossessarsi senza remore di quelle aree tra il Marghine, il mare e le foreste incenerite dal fuoco sul Montiferru. Nei documenti al vaglio secretato del Ministero dell’Ambiente ci sono altri due progetti che ancor oggi sono un vero e proprio mistero. Scatole cinesi, società sovrapposte, ambizioni eoliche senza precedenti.

Da Celano a Sindia

A giugno inoltrato, secondo informazioni verificate, si sarebbe presentato a Roma un signore venuto da Celano, nell’Abruzzo profondo, con l’intento di scaricare sulla Transizione Ecologica, due progetti eolici, di cui uno senza precedenti per numero di pale e potenza elettrica. La società, la Vcc Scano-Sindia S.r.l., che merita un capitolo a sé della nostra inchiesta, ha l’ambizione di sbancare senza mezze misure l’intero Montiferru, cancellando ogni potenziale concorrenza sul vento. Il primo progetto è tutto un programma: impianto eolico "Scano-Sindia", 56 pale da 206 metri per una potenza prevista di 336 Mw. I comuni prescelti per questo “raid” sono quelli di Sindia e Scano di Montiferro. Il secondo progetto, concatenato al primo di Vcc, si chiama “Crastu Furones”, con 12 pale da conficcare tra i comuni di Scano di Montiferro e Sindia, un asse che attraversa l’intero territorio percorso dalle fiamme. Non è finita: altri due progetti li ha presentati il gruppo Carlo Maresca spa, attraverso la Wind Energy Sindia S.r.l. e la Wind Energy Suni S.r.l., la prima con un parco eolico da 43,4 megawatt e l’altra da 31. Anche in questo caso il progetto è “nascosto” nelle stanze del Ministero. Una vera e propria scalata alla terra più ferita, dalla quale emergono, però, documenti riservati che rivelano un imponente vortice di affari e una guerra senza confini per il controllo del vento del Montiferru.

(1.continua)

RIPRODUZIONE RISERVATA

© Riproduzione riservata