Arrestato il boss di Is Mirrionis Tradito dalla passione per il gioco
Tradito dalla passione per il Lotto. Riccardo Piras, uno dei boss della banda di Is Mirrionis che negli anni '90 gestiva il traffico di droga a Cagliari, era latitante dallo scorso giugno. Da quando cioè la condanna all'ergastolo per duplice omicidio (nell'aprile del 1991 avrebbe ucciso, insieme a due complici, gli 'olandesi', due corrieri cagliaritani per rubargli alcuni chili di droga) era passata in giudicato.Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
I carabinieri del comando provinciale sospettavano che il cinquantanovenne fosse rimasto in città, trovando un punto d'appoggio da qualche amico (gli investigatori hanno già denunciato per favoreggiamento due persone) proprio nel quartiere di Is Mirrionis. Martedì sera è stato bloccato prima di entrare in una ricevitoria di via Mandrolisai e giocare la solita schedina.
«NON SONO IO» Piras è arrivato in sella a uno scooter. Berretto in lana sulla testa e giubbotto. Gli uomini della sezione catturandi del nucleo investigativo, comandati dal capitano Roberto Scalabrin, sapevano che il latitante aveva l'abitudine del Lotto. Cambiava ricevitoria, e analizzando il modo di compilare le schedine (partendo da quella trovata in casa sua subito dopo la fuga), i carabinieri sono riusciti a stringere il cerchio su poche tabaccherie. Quando è stato fermato, Piras avrebbe giocato l'ultima carta: «Non sono Riccardo Piras». I militari hanno impiegato poco a smascherarlo, riconoscendo alcuni nei e un tatuaggio particolare. Da via Mandrolisai, dopo una breve tappa nella caserma di via Nuoro, è finito nel carcere di Buoncammino: deve scontare l'ergastolo, un anno di isolamento, per duplice omicidio, rapina e traffico di droga.
GLI 'OLANDESI' Piras, secondo le accuse, nella notte tra il 20 e 21 aprile del 1991 avrebbe ucciso insieme a Mario Tidu e Gigi Paderi (nel frattempo morto) i due “olandesi” Mariano Deidda, cuoco a Rotterdam, e Diego Porcedda, sardi emigrati in Olanda per rubare loro la droga. Un'esecuzione probabilmente avvenuta a Monserrato. Fu trovato solo il cadavere di Deidda (ammazzato con quattro colpi di pistola alla testa), seppellito in campagna vicino a Sestu. Il corpo di Porcedda (freddato con tre proiettili) non è mai stato recuperato. Forse scomparso per sempre in un lago in campagna, ribattezzato dalla criminalità cagliaritana il cimitero dei Paderi .
IL PROCESSO Gli investigatori risalgono a Piras grazie a due pastori che videro l'uomo (senza però riconoscerlo) seppellire Deidda e risalire a bordo di una Fiat 126 azzurra. La giustizia è lenta: nel '91 viene indagato, due anni dopo finisce in carcere ma, su sentenza del Tribunale della libertà, viene scarcerato. Il processo viene addirittura archiviato. Poi le dichiarazioni dei pentiti lo fanno ripartire. Nel 2004 la prima sentenza della Corte d'Assise. Tre anni dopo la conferma in Corte d'Assise d'appello, a giugno del 2010 quella della Cassazione con l'ordinanza di carcerazione. È da quel momento che Piras fa perdere le proprie tracce. Ma sbaglia qualcosa. I carabinieri seguono le mosse dei familiari e di alcuni amici. E poi c'è quella schedina del Lotto. E proprio in una ricevitoria, il cinquantanovenne viene riconosciuto e bloccato.
LA DIFESA «Contestiamo le accuse, il processo appartiene a un periodo in cui il pentitismo è stato preso come prova assoluta». Lo dice il suo avvocato, Alessandro Dedoni, che promette battaglia. «Le accuse si basano esclusivamente sulle dichiarazioni dei pentiti. Non ci sono prove oggettive. In passato avevamo ottenuto la scarcerazione su sentenza del Tribunale della libertà e l'archiviazione. Il procedimento è stato riaperto perché qualche pentito ha parlato. Per questo sto valutando due elementi per chiedere, su mandato della famiglia, la revisione del processo».
MATTEO VERCELLI