Angioni, cinquant'anni in magistraturaIl procuratore generale va in pensione
Cerimonia di saluto nell'aula della Corte d'Assise d'Appello di Cagliari.Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Un lungo discorso di commiato nell'aula della Corte d'Assise d'Appello, con accanto la presidente Grazia Corradini a tributare il saluto prima della pensione. Così oggi il Procuratore generale Ettore Angioni, visibilmente emozionato, ha lasciato il suo incarico per raggiunti limiti di età. A salutarlo c'erano praticamente tutti i magistrati del Palazzo di Giustizia di Cagliari: dal procuratore Mauro Mura con i suoi sostituti, al presidente del Tribunale, tutti i giudici delle sezioni e degli uffici monocratici. Ma c'erano anche i dipendenti della Procura Generale che hanno lavorato in questi anni accanto al magistrato.
"Ho trascorso in Magistratura cinquant'anni della mia vita - ha detto - ma il mio legame con quelle che nel tempo sarebbero divenute la mia seconda casa e la mia seconda famiglia data ancora da maggior tempo. Debbo partire da lontano per sottolineare come uno dei primi concetti che assimilai e del quale potei subito comprendere l'importanza è quello mirabilmente riassunto negli artt. 101 e 104 della nostra Carta Costituzionale, che vuole che "i giudici siano soggetti soltanto alla legge" e che "la magistratura debba costituire un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere".
Il pg Angioni ha così ricordato le figure di riferimento che hanno segnato la sua formazione e la sua carriera: tra questi ha citato un magistrato romano conosciuto da bambino, Massimo Severino, inviato in Sardegna, a Isili, nel lontano 1943. "In seguito - ha ricordato - avrei appreso che quel trasferimento era stato determinato dall'essersi il dott. Severino rifiutato di prendere la tessera del Partito Nazionale Fascista e di indossare nelle pubbliche cerimonie la prescritta divisa con la camicia nera". Per questo era stato spedito con la famiglia e un figlio disabile nell'Isola. "Senza piegare la schiena, quel giovanissimo magistrato - ha precisato Angioni - il quale ovviamente non aveva potuto, per comprensibili ragioni di carattere familiare, abbandonare la toga, continuò a svolgere il suo compito e la sua funzione con dignità e assoluta dedizione, senza mai venir meno al giuramento prestato di esser fedele soltanto alla legge". Un lungo applauso ha concluso la cerimonia.