Miami, cuore della Florida americana, 8.160 chilometri dall'Oasi del Cervo, nell'Isola di Sardegna, alle pendici del Monte Arcosu. Quando sulla grande laguna di Santa Gilla i fenicotteri hanno già dispiegato i riflessi rosa sullo specchio acqueo, mezzogiorno è appena scoccato. Dall'altra parte dell'Oceano, invece, è buio tosto. Axel Thiemann, amministratore delegato di Sonnedix, la propaggine solare della JP Morgan, a quell'ora, però, già traguarda il sole di Sardegna. È lui che da Miami ha dato l'ordine di firmare, e di pagare. Dall'altra parte, nel cuore di Milano, a due passi dal Duomo, al numero sette di via Hoepli, c'è Silvia Cazzola, general manager in pectore, che attende il via libera. È il 3 agosto di un anno fa. L'appuntamento è segreto, misterioso. L'ingresso è di cristallo.

Parola in codice

La parola in codice per intrufolarsi nei meandri della city è un indizio: Sandalia, come l'antica Sardegna. Il portale è circondato, a destra e sinistra c'è Unicredit, sulla sponda opposta della strada dedicata all'editore svizzero fattosi italiano, prevale l'effige di Fideuram, senza mai celare quella imponente di Intesa San Paolo. Qui, in questo crocevia, si vende, si compra, si paga e si incassa. L'appuntamento delle dodici è riservato.

Miracolati autoconovocati

Si sono autoconvocati tre “miracolati”, un benefattore e un notaio. Dario Restuccia, timbro notarile della Milano che conta, è il padrone di casa. Gli atti sono già redatti, non resta che leggere e vergare con ceralacca. Niente di quel che si firma deve trapelare all'esterno. Il contenuto di quei contratti deve restare blindato, segretato tra le bolle notarili, precluso ai ficcanaso degli affari altrui. Se non fosse per quel richiamo alle terre di Sardegna, posate alle pendici del grande Arcosu, sarebbe stato pure comprensibile. Peccato, però, che in quelle cinque pagine si vende senza colpo ferire un pezzo di Sardegna, che finisce, senza un sussulto, nelle mani voraci della più grande banca d'affari americana, la potentissima JP Morgan.

L'ordine da Miami

Quel via libera da Miami è un ordine d'acquisto destinato a segnare per sempre il futuro non solo dell'Isola, ma anche delle future generazioni. Il contenuto di quel contratto, finito nelle nostre mani, è una “esplosione” finanziaria senza precedenti, che svela uno dei più vertiginosi affari consumati sulla testa della Sardegna e dei Sardi. Si tratta di cifre da capogiro, di guadagni che fanno apparire i fortunati milionari dell'Enalotto dei miseri raccattatori di fortuna. Quella che stiamo per raccontarvi è molto più di una storia d'affari, si tratta, semmai, di una confessione “notarile” della ciclopica montagna di soldi che ruota nel sottobosco di queste operazioni “solari” in terra sarda.

Colpo di sole

Mai nessuno avrebbe potuto pensare che quei terreni, venduti per quattro soldi, scippati all'agricoltura e alla pastorizia, potessero diventare, grazie ad un “colpo di sole”, delle vere e proprie miniere d'oro, un enclave affaristico solare dove è possibile moltiplicare l'investimento per migliaia e migliaia di volte. Sì, migliaia di volte, tutto scritto e documentato, supportato da atti certificati che scegliamo di pubblicare per stralci vista l'imponenza del contenuto finanziario.

L'operazione misteriosa

Quando davanti al notaio sfilano i “miracolati” c'è un assistente che scandisce i numeri come se stesse scolpendo l'affare sulle dolomie delle Lepontine. Il primo a sedersi al cospetto del certificatore è Iacopo Magrini, classe 1970, perugino di Città di Castello. È l'amministratore unico della sconosciuta “IM Consulting” la società titolare della bellezza del 15% del capitale sociale della “Sandalia Green srl”, la compagine societaria che dichiara di possedere il 100% di «tutti i diritti di sviluppo, i terreni e le autorizzazioni relative a un progetto per la costruzione e l'esercizio di un impianto fotovoltaico a terra in agro dei Comuni di Uta e Assemini di potenza pari a 69,52 megawatt».

Prima Firma

Da firmare c'è un atto di vendita: Magrini vende i suoi 1.500 euro di capitale a “Sonnedix San Rocco srl”, la società satellite della JP Morgan delegata direttamente da Miami per concludere l'operazione sardo-solare. Magrini, entrato povero, con una quota da reddito di cittadinanza, esce dalla stanza del notaio milionario. Silvia Cazzola gli bonifica il gruzzolo direttamente nelle banche del crocevia milanese.

Totalizzatore Arcosu

Nello stesso istante della firma il totalizzatore di Magrini passa da 1.500 euro a sei milioni e 697 mila euro, tutti riceveranno con due bonifici, uno da 3 milioni e 245 mila euro e uno postdatato di 3 milioni e 452 mila euro da incassare entro 18 mesi , quindi entro la fine dell'anno in corso. Subito dopo è la volta di Giovanni Razzino, spedito ad incassare il miracoloso affare direttamente dalla “Cordusio Società fiduciaria per Azioni”, una società di fiducia del Gruppo Bancario Unicredit. Rispetto al suo consocio il suo capitale sociale raggiunge appena il reddito di inclusione, tradotto in un modesto 5% di valore della compagine che controlla le pendici di Monte Arcosu. Nella scalata solare, tra Assemini e Uta, ha investito appena 500 euro. Non gli è andata male, però. A casa, o meglio in banca, incassa un milione e 674 mila euro.

Il “dominus” d'Arezzo

Il terzo “miracolato” è il dominus dell'operazione. All'anagrafe è Giovanni Battista Gori, sul registro notarile è il presidente del Consiglio di Amministrazione della “Graziella Holding srl”, il titolare della quota più consistente dell'operazione sarda, con il 76% corrispondente a 7.600 euro. Anche lui di Arezzo, quasi si fosse messo d'accordo con gli altri soci, anche loro tutti concittadini di Petrarca, Roberto Benigni e Jovanotti. Quando il “cancelliere” dell'affare scandisce i numeri gli astanti barcollano: aveva 7.600 euro se ne va con una cifra da capogiro, 23 milioni e 406 mila euro.

Montepremi

Roba da far impallidire il più spericolato jackpot della storia. Con il rischio di farli sentire sotto la soglia della povertà, dopo di loro, è la volta dei “poveri miracolati”. A possedere il 2% della società c’è la “Fa.La srl” di Fabrizio Boncompagni. Il suo capitale iniziale è di duecento euro, due pieni di benzina, al giorno d’oggi. Anche lui, però, dell’operazione del sole sardo non avrà di che lamentarsi: rientra ad Arezzo con in tasca la bellezza di un milione e 61mila euro. Ultimo a sottoscrive la “schedina” è Alessandro Boncompagni. Disponeva anche lui il 2% della società, con appena 200 euro. La slot machine solare piazzata ai piedi di Monte Arcosu gli “dona” 646 mila euro e 285 euro.

33 milioni per 10 mila euro

Alla fine dei conti JP Morgan, attraverso la “San Rocco”, per comprare una società da diecimila euro, la Sandalia Green, ha sborsato una cifra da capogiro: 33 milioni e 486 mila euro. Il moltiplicatore dell'affare segna un incremento del valore del 334.763%, impossibile anche da pronunciare. La cifra non ha precedenti. Se si esclude l'acquisto dei terreni, intorno ai dieci milioni di euro, resterebbe da giustificare una plusvalenza di ben 23 milioni di euro. In ballo c'è la valutazione delle autorizzazioni rilasciate dalla Giunta regionale sarda il 4 settembre del 2020, un via libera che ha moltiplicato all'ennesima potenza il valore dell'operazione. La Regione approva i progetti, gli americani devastano il paesaggio e gli intermediari fanno soldi a palate. Tutto nell'Isola del sonno.

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