Un atto di 23 pagine con in calce la firma dei tre indagati: il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dell'Interno, Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano. I vertici del Governo coinvolti nel caso Almasri, il comandante libico arrestato e poi rimpatriato dall'Italia nel gennaio scorso, hanno messo una memoria difensiva a disposizione della Giunta per le autorizzazioni della Camera, chiamata a vagliare la richiesta avanzata dal tribunale dei ministri che li accusa - a seconda della posizioni - di omissioni atti ufficio, favoreggiamento e peculato.
Un documento - che sarà oggetto di discussione nella prossima riunione di Giunta in programma domani - in cui vengono sostanzialmente ribaditi i concetti già espressi in Aula, nel febbraio scorso da Nordio e Piantedosi, e nelle due memorie depositate a piazzale Clodio in cui in sintesi si afferma che il Governo ha agito per avere «difeso l'interesse dello Stato».
Nella seconda memoria - inviata il 30 luglio - si fa riferimento alla «sussistenza dello stato di necessità come enunciato dall'articolo 25 del “Responsability of State for Internationally Wrongful Acts 2001” della International Law Commission delle Nazioni Unite” che «legittima sul piano del diritto interno le condotte di tutti i rappresentanti del governo italiano coinvolti nel presente procedimento».
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